Cambiano gli equilibri mondiali: in Africa 4,2 miliardi di persone, Europa e Italia in forte declino.
Greenreport - L’Onu ha ammesso di aver sbagliato i conti sull’aumento della popolazione mondiale e lo sbaglio è grosso, almeno a leggere il rapporto World Population Prospects: The 2012 Revision secondo il quale «L’attuale popolazione mondiale è di 7,2 miliardi e si prevede un aumento di 1 miliardo nei prossimi 12 anni, per raggiungere i 9,6 miliardi entro il 2050». Entro la fine del secolo saremo quasi 11 miliardi, 800 milioni in più (cioè l’8%) rispetto ai 10,1 miliardi stimati nel 2011.
Una crescita che avverrà soprattutto in Africa (oltre la metà), ma anche negli Usa e in India, e che vede invece la popolazione italiana in forte regressione, come praticamente tutta l’Europa, l’ex Unione Sovietica, la Cina, il Giappone ed il Brasile. Gli unici due grandi Paesi dell’Europa occidentale in crescita sono Francia e Gran Bretagna, probabilmente grazie all’immigrazione precedente ed al tasso di natalità delle famiglie emigrate.
I dati del rapporto si basano su una revisione completa dei dati demografici disponibili per 233 Paesi e aree del mondo, tra i quali i censimenti della popolazione del 2010.
Come ha spiegato il vice-segretario dell’Onu per gli affari economici e sociali, «Anche se la crescita della popolazione ha subito un rallentamento per il mondo nel suo complesso, questa relazione ci ricorda che alcuni Paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa, sono ancora in rapida crescita».
Il rapporto, rileva che «La popolazione delle regioni sviluppate da qui al 2050 rimarrà sostanzialmente invariata a circa 1,3 miliardi da qui al 2050. Al contrario, i 49 Paesi meno sviluppati sono proiettati a raddoppiare il numero dai circa 900 milioni di persone nel 2013 agli 1,8 miliardi nel 2050». Un vero e proprio sconvolgimento degli equilibri demografici mondiali, con i Paesi ricchi sempre più minoranza e con comprensibili flussi migratori di persone giovani verso Paesi in rapido invecchiamento che avranno sempre più bisogno di braccia e cervelli giovani. Se a questo si aggiunge che molti dei Paesi più poveri e più in rapida crescita demografica sono anche quelli che subiscono forti impatti del cambiamento climatico e dai quali proverranno più profughi climatici, il quadro è davvero molto più complicato di quanto si pensasse nel 2011, quando si festeggiava la nascita del settemilardesimo essere umano sulla terra. Nel 1999 il mondo aveva superato i 6 miliardi.
L’Onu spiega che rispetto alle sue precedenti valutazioni delle tendenze della popolazione mondiale, la nuova stima popolazione totale prevista «E’ superiore, soprattutto a causa delle nuove informazioni ottenute sui livelli di fertilità di alcuni Paesi. Per esempio, in 15 Paesi ad alta fertilità dell’Africa sub-sahariana, il numero medio stimato di figli per donna è rettificato in aumento di oltre il 5%».
Il direttore della divisione popolazione del Dipartimento Onu per gli affari economici e sociali, John Wilmoth, ha sottolineato che «In alcuni casi, l’effettivo livello di fertilità sembra essere aumentata negli ultimi anni, in altri casi, la stima precedente era troppo bassa. Mentre non c’è stata una rapida diminuzione del numero medio di figli per donna in grandi Paesi in via di sviluppo come Cina, India, Indonesia, Iran, Brasile e Sud Africa [...] la rapida crescita è destinato a continuare nei prossimi decenni nei Paesi con alti livelli di fertilità, come la Nigeria, il Niger, la Repubblica democratica del Congo, l’Etiopia e l’Uganda, ma anche l’Afghanistan e Timor Leste, dove ci sono più di 5 figli per donna. I cambiamenti nei tassi di fertilità nei prossimi decenni potrebbe avere importanti conseguenze per la dimensione, la struttura e la distribuzione nel lungo periodo della popolazione».
Cambieranno anche gli equilibri tra i due giganti asiatici: l’India è destinata a diventare il più popoloso Paese del mondo intorno al 2028, quando supererà la Cina ed entrambe avranno una popolazione di 1,45 miliardi di abitanti. Dopo di che, la popolazione indiana continuerà a crescere e quella cinese inizierà a diminuire. Intanto, prima del 2050, la popolazione della Nigeria supererà quella statunitense.
La popolazione della vecchia Europa calerà del 14% e Wilmoth avverte che «Il continente sta già affrontando sfide per fornire assistenza e sostegno ad una popolazione in rapido invecchiamento».
Nei prossimi anni l’aspettativa di vita aumenterà sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo: «A livello globale, si prevede di raggiungere 76 anni nel periodo 2045-2050 ed 82 anni nel 2095-2100 – si legge nel rapporto – Entro la fine del secolo, le persone nei Paesi sviluppati potrebbero vivere in media circa 89 anni, a fronte dei circa 81 anni nelle regioni in via di sviluppo».
Adrian Raftery, dell’università di Washington, il cui team ha sviluppato il nuovo e più affidabile metodo statistico utilizzato dall’Onu, evidenzia un altro aspetto: «Il calo della fertilità in Africa ha rallentato o si è bloccato in misura maggiore di quanto avessimo già previsto, e di conseguenza la popolazione africana salirà». Attualmente in Africa vivono circa 1,1 miliardi di persone e nel 2100 sembrano destinate a raggiungere l’astronomica cifra di 4,2 miliardi, quasi un aumento di quattro volte. Il mondo sarà nero, colorato e i “bianchi” saranno una infima minoranza.
Raftery dice che «L’Europa potrà vedere un piccolo declino a causa della fertilità che continuerà ad essere sotto il livello di sostituzione ed altre nazioni in tutto il mondo potranno vedere modesti aumenti a causa dell’allungamento della vita. Non c’è fine in vista per l’aumento della popolazione mondiale, ma l’argomento è scomparso dall’agenda mondiale a favore di altre pressanti questioni globali, come la povertà e il clima, con entrambe che hanno legami con la popolazione mondiale. Questi nuovi risultati dimostrano che, per affrontare la rapida crescita della popolazione in Africa, dobbiamo rinnovare le politiche, come ad esempio aumentando l’accesso alla pianificazione familiare ed ampliando l’istruzione per le ragazze».
L’Onu forniva le varianti alta e bassa delle sue proiezioni, supponendo che le donne abbiano in media mezzo bambino in più o meno della proiezione migliore, il che lascia una grande incertezza, da 7 miliardi a quasi 17 miliardi nel range della potenziale popolazione mondiale entro la fine di questo secolo. Al contrario, il team di ricerca dell’università di Washington ha sviluppato un calcolo delle probabilità dei livelli di popolazione in futuro in grado di fare previsioni migliori e Raftery. Assicura: «I nostri intervalli di probabilità sono molto più stretti, vanno da 9 miliardi a 13 miliardi nel 2100».
Di fronte a questa esplosione demografica, al di là dell’errore del calcolo che in questo caso peggiora il quadro, di una cosa bisognerà tenere di conta sopra tutto il resto: il pianeta non può sopportare lo stesso livello di crescita della popolazione se questa avverrà secondo i parametri attuali. L’impatto sulle risorse (di energia e di materia) e la produzione conseguente di scarti, dovuti al normale metabolismo economico, saranno enorme e solo un modello di sviluppo diverso dall’attuale potrà aiutare a reggere il colpo, che comunque non sarà indolore.
Greenreport - L’Onu ha ammesso di aver sbagliato i conti sull’aumento della popolazione mondiale e lo sbaglio è grosso, almeno a leggere il rapporto World Population Prospects: The 2012 Revision secondo il quale «L’attuale popolazione mondiale è di 7,2 miliardi e si prevede un aumento di 1 miliardo nei prossimi 12 anni, per raggiungere i 9,6 miliardi entro il 2050». Entro la fine del secolo saremo quasi 11 miliardi, 800 milioni in più (cioè l’8%) rispetto ai 10,1 miliardi stimati nel 2011.
Una crescita che avverrà soprattutto in Africa (oltre la metà), ma anche negli Usa e in India, e che vede invece la popolazione italiana in forte regressione, come praticamente tutta l’Europa, l’ex Unione Sovietica, la Cina, il Giappone ed il Brasile. Gli unici due grandi Paesi dell’Europa occidentale in crescita sono Francia e Gran Bretagna, probabilmente grazie all’immigrazione precedente ed al tasso di natalità delle famiglie emigrate.
I dati del rapporto si basano su una revisione completa dei dati demografici disponibili per 233 Paesi e aree del mondo, tra i quali i censimenti della popolazione del 2010.
Come ha spiegato il vice-segretario dell’Onu per gli affari economici e sociali, «Anche se la crescita della popolazione ha subito un rallentamento per il mondo nel suo complesso, questa relazione ci ricorda che alcuni Paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa, sono ancora in rapida crescita».
Il rapporto, rileva che «La popolazione delle regioni sviluppate da qui al 2050 rimarrà sostanzialmente invariata a circa 1,3 miliardi da qui al 2050. Al contrario, i 49 Paesi meno sviluppati sono proiettati a raddoppiare il numero dai circa 900 milioni di persone nel 2013 agli 1,8 miliardi nel 2050». Un vero e proprio sconvolgimento degli equilibri demografici mondiali, con i Paesi ricchi sempre più minoranza e con comprensibili flussi migratori di persone giovani verso Paesi in rapido invecchiamento che avranno sempre più bisogno di braccia e cervelli giovani. Se a questo si aggiunge che molti dei Paesi più poveri e più in rapida crescita demografica sono anche quelli che subiscono forti impatti del cambiamento climatico e dai quali proverranno più profughi climatici, il quadro è davvero molto più complicato di quanto si pensasse nel 2011, quando si festeggiava la nascita del settemilardesimo essere umano sulla terra. Nel 1999 il mondo aveva superato i 6 miliardi.
L’Onu spiega che rispetto alle sue precedenti valutazioni delle tendenze della popolazione mondiale, la nuova stima popolazione totale prevista «E’ superiore, soprattutto a causa delle nuove informazioni ottenute sui livelli di fertilità di alcuni Paesi. Per esempio, in 15 Paesi ad alta fertilità dell’Africa sub-sahariana, il numero medio stimato di figli per donna è rettificato in aumento di oltre il 5%».
Il direttore della divisione popolazione del Dipartimento Onu per gli affari economici e sociali, John Wilmoth, ha sottolineato che «In alcuni casi, l’effettivo livello di fertilità sembra essere aumentata negli ultimi anni, in altri casi, la stima precedente era troppo bassa. Mentre non c’è stata una rapida diminuzione del numero medio di figli per donna in grandi Paesi in via di sviluppo come Cina, India, Indonesia, Iran, Brasile e Sud Africa [...] la rapida crescita è destinato a continuare nei prossimi decenni nei Paesi con alti livelli di fertilità, come la Nigeria, il Niger, la Repubblica democratica del Congo, l’Etiopia e l’Uganda, ma anche l’Afghanistan e Timor Leste, dove ci sono più di 5 figli per donna. I cambiamenti nei tassi di fertilità nei prossimi decenni potrebbe avere importanti conseguenze per la dimensione, la struttura e la distribuzione nel lungo periodo della popolazione».
Cambieranno anche gli equilibri tra i due giganti asiatici: l’India è destinata a diventare il più popoloso Paese del mondo intorno al 2028, quando supererà la Cina ed entrambe avranno una popolazione di 1,45 miliardi di abitanti. Dopo di che, la popolazione indiana continuerà a crescere e quella cinese inizierà a diminuire. Intanto, prima del 2050, la popolazione della Nigeria supererà quella statunitense.
La popolazione della vecchia Europa calerà del 14% e Wilmoth avverte che «Il continente sta già affrontando sfide per fornire assistenza e sostegno ad una popolazione in rapido invecchiamento».
Nei prossimi anni l’aspettativa di vita aumenterà sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo: «A livello globale, si prevede di raggiungere 76 anni nel periodo 2045-2050 ed 82 anni nel 2095-2100 – si legge nel rapporto – Entro la fine del secolo, le persone nei Paesi sviluppati potrebbero vivere in media circa 89 anni, a fronte dei circa 81 anni nelle regioni in via di sviluppo».
Adrian Raftery, dell’università di Washington, il cui team ha sviluppato il nuovo e più affidabile metodo statistico utilizzato dall’Onu, evidenzia un altro aspetto: «Il calo della fertilità in Africa ha rallentato o si è bloccato in misura maggiore di quanto avessimo già previsto, e di conseguenza la popolazione africana salirà». Attualmente in Africa vivono circa 1,1 miliardi di persone e nel 2100 sembrano destinate a raggiungere l’astronomica cifra di 4,2 miliardi, quasi un aumento di quattro volte. Il mondo sarà nero, colorato e i “bianchi” saranno una infima minoranza.
Raftery dice che «L’Europa potrà vedere un piccolo declino a causa della fertilità che continuerà ad essere sotto il livello di sostituzione ed altre nazioni in tutto il mondo potranno vedere modesti aumenti a causa dell’allungamento della vita. Non c’è fine in vista per l’aumento della popolazione mondiale, ma l’argomento è scomparso dall’agenda mondiale a favore di altre pressanti questioni globali, come la povertà e il clima, con entrambe che hanno legami con la popolazione mondiale. Questi nuovi risultati dimostrano che, per affrontare la rapida crescita della popolazione in Africa, dobbiamo rinnovare le politiche, come ad esempio aumentando l’accesso alla pianificazione familiare ed ampliando l’istruzione per le ragazze».
L’Onu forniva le varianti alta e bassa delle sue proiezioni, supponendo che le donne abbiano in media mezzo bambino in più o meno della proiezione migliore, il che lascia una grande incertezza, da 7 miliardi a quasi 17 miliardi nel range della potenziale popolazione mondiale entro la fine di questo secolo. Al contrario, il team di ricerca dell’università di Washington ha sviluppato un calcolo delle probabilità dei livelli di popolazione in futuro in grado di fare previsioni migliori e Raftery. Assicura: «I nostri intervalli di probabilità sono molto più stretti, vanno da 9 miliardi a 13 miliardi nel 2100».
Di fronte a questa esplosione demografica, al di là dell’errore del calcolo che in questo caso peggiora il quadro, di una cosa bisognerà tenere di conta sopra tutto il resto: il pianeta non può sopportare lo stesso livello di crescita della popolazione se questa avverrà secondo i parametri attuali. L’impatto sulle risorse (di energia e di materia) e la produzione conseguente di scarti, dovuti al normale metabolismo economico, saranno enorme e solo un modello di sviluppo diverso dall’attuale potrà aiutare a reggere il colpo, che comunque non sarà indolore.
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