sabato, giugno 15, 2013
Rinnovato annuncio, incontro con Cristo, trasformare la vita in modo non superficiale né di routine: il papa mette a fuoco, nell'anno della fede, le sue tecniche per annunciare il Vangelo senza dimenticare i poveri e la preghiera. Intanto chiede ai vescovi maggiore collegialità nelle scelte e nell'agire

Città Nuova - Breve, ma ricco di suggestioni, è stato il discorso che papa Francesco ha rivolto ai membri del XIII Consiglio ordinario della segreteria generale del Sinodo dei vescovi. Si trattava di riprendere il tema dell’ultimo Sinodo, celebrato nell’ottobre 2012, che diceva: La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede. Il papa ha sottolineato la stretta connessione fra la trasmissione della fede, che è «lo scopo della nuova evangelizzazione e dell’intera opera evangelizzatrice della Chiesa, che esiste proprio per questo». Sempre più si fa chiara la coscienza che «anche nei Paesi di antica tradizione cristiana si rende necessario un rinnovato annuncio del Vangelo, per ricondurre a un incontro con Cristo che trasformi veramente la vita e non sia superficiale, segnato dalla routine». Sottolineiamo alcune parole: rinnovato annuncio, incontro con Cristo, trasformare la vita, non superficiale né di routine.

C’è un soffio di novità, di essenzialità (incontro con Cristo), radicalità (trasformare la vita), profondità (non superficiale né di routine).

Sapientemente, il papa cita due testi del poco ricordato Paolo VI. Il primo: «Le condizioni della società ci obbligano a rivedere i metodi, a cercare con ogni mezzo di studiare come portare all’uomo moderno il messaggio cristiano, nel quale soltanto, egli può trovare la risposta ai suoi interrogativi e la forza per il suo impegno di solidarietà umana». L’amore per il messaggio e per l’uomo (moderno) sono la motivazione dell’evangelizzazione “nuova”. Scultoreo il secondo testo. Annunciare il vangelo “è senza alcun dubbio un servizio reso non solo alla comunità cristiana, ma anche all’umanità”. E qui Francesco dà una delle sue ormai caratteristiche “spinte”, incoraggiando la comunità ecclesiale «a non aver paura di ‘uscire’ da sé per annunciare, confidando soprattutto nella presenza misericordiosa di Dio». La Chiesa è per la missione e la presenza di Dio non è per la conservazione di quello che si è ricevuto, ma per farne dono agli altri.

Il papa cita le tecniche, pur importanti, ma che non possono sostituire «l’azione discreta ma efficace di Colui che è l’agente principale dell’evangelizzazione: lo Spirito Santo». Dal quale bisogna lasciarsi condurre, «anche se ci porta su strade nuove». Niente di intimistico o di tradizionalistico. Allo Spirito Santo piace sorprendere, spingendoci su strade nuove.

Qui Francesco fa un elenco di elementi che devono accompagnare l’annuncio: semplicità di vita, spirito di preghiera, carità verso tutti, specialmente i piccoli e i poveri, umiltà e distacco da sé, santità di vita. «Solo così – conclude – sarà veramente fecondo!».

E alla fine c’è un tocco che non può sfuggire: «Siamo fiduciosi che il Sinodo dei Vescovi conoscerà ulteriori sviluppi per favorire ancora di più il dialogo e la collaborazione tra i Vescovi e tra essi e il Vescovo di Roma”. Si conoscono le critiche mosse da vescovi e teologi al modo con cui si è strutturato il Sinodo, nato come espressione aperta di collegialità e trasformatosi in un organo semplicemente consultivo, accentrato intorno al primato del papa (anche se con espressioni di tipo partecipativo). Che Francesco voglia aprire qualche finestra?

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