È iniziata la seconda edizione del Roma Fringe Festival. Nella suggestiva cornice di Villa Mercede, tanti appuntamenti per rinfrescare anima e corpo
Città Nuova - Con l’arrivo della bella stagione, al pubblico capitolino non mancano le occasioni per cercare un po’ di refrigerio e trascorrere piacevoli serate riscoprendo i luoghi incantevoli della città. Le iniziative si moltiplicano: cinema all’aperto, feste danzanti, concerti e festival di teatro. A Villa Mercede, nel cuore dello storico quartiere di San Lorenzo, è iniziato il Roma Fringe Festival, la grande festa del teatro off. Il Fringe Festival è il primo festival teatrale indipendente nato nel 1947 in Scozia, quando otto compagnie scartate dal Festival internazionale di Edimburgo decidono di autofinanziarsi dando vita ad una rassegna senza le sovvenzioni istituzionali e per questo ancora più libera da qualunque vincolo, se non quello del pubblico.
Da allora il primo nucleo organizzativo si è allargato a macchia d’olio ed oggi molte capitali europee hanno un Fringe Festival, letteralmente un festival di frangia o periferia. Ed è proprio questa sensazione di periferia che anima la manifestazione romana, quest’anno alla sua seconda edizione. Nonostante il respiro internazionale – si aspettano nei prossimi giorni artisti da New York, Londra e Stoccolma –, il festival non perde quella sua dimensione di incontro di quartiere, dove giovani compagnie autoprodotte portano in scena spettacoli di 50 minuti, alternandosi su tre diversi palchi, dislocati lungo un viale che attraversa tutta la villa. Il percorso per arrivare alle aree dedicate agli spettacoli si snoda tra espositori, artigiani, prodotti bio e gastronomici, in un’atmosfera festiva e leggera.
Ma il protagonista assoluto del festival resta il teatro: 30 giorni di programmazione, 72 compagnie, 9 spettacoli a sera. Non mancano i numeri per un’iniziativa che si impone come «ultimo baluardo di una tradizione antica del teatro – ci spiega Davide Ambrogi, direttore artistico del festival – che in momenti di crisi, per sopravvivere, si rimbocca le maniche, si organizza e si produce da solo, mettendosi in gioco».
Uno degli spettacoli più interessanti è stato Sirene di Flavia Martino e Valentina Marturini, con la regia di Elisabetta De Vito, che ha raccontato con immagini delicate e poetiche un dramma quanto mai attuale, quello dei clandestini in fuga verso una terra promessa che trovano la morte in mare. Il palco è nudo, solo un telo azzurro a farci immaginare il mare che le quattro donne/sirene sorvegliano incessantemente col compito di prelevare le anime degli uomini che si avventurano presso la costa. Il testo disincarna la retorica del linguaggio sul tema, costruendo una favola a tratti ironica, leggera. Le quattro donne/sirene sono sapientemente dipinte, hanno tratti chiari e incisivi, tanto che da subito è possibile lasciarsi comodamente trasportare attraverso il racconto, rassicurati da un impianto narrativo che non inciampa né si lascia andare a colpi di scena, ma va dritto all’epilogo, forse un po’ troppo prevedibile. Ma che favola sarebbe altrimenti, senza un lieto fine?
Città Nuova - Con l’arrivo della bella stagione, al pubblico capitolino non mancano le occasioni per cercare un po’ di refrigerio e trascorrere piacevoli serate riscoprendo i luoghi incantevoli della città. Le iniziative si moltiplicano: cinema all’aperto, feste danzanti, concerti e festival di teatro. A Villa Mercede, nel cuore dello storico quartiere di San Lorenzo, è iniziato il Roma Fringe Festival, la grande festa del teatro off. Il Fringe Festival è il primo festival teatrale indipendente nato nel 1947 in Scozia, quando otto compagnie scartate dal Festival internazionale di Edimburgo decidono di autofinanziarsi dando vita ad una rassegna senza le sovvenzioni istituzionali e per questo ancora più libera da qualunque vincolo, se non quello del pubblico.
Da allora il primo nucleo organizzativo si è allargato a macchia d’olio ed oggi molte capitali europee hanno un Fringe Festival, letteralmente un festival di frangia o periferia. Ed è proprio questa sensazione di periferia che anima la manifestazione romana, quest’anno alla sua seconda edizione. Nonostante il respiro internazionale – si aspettano nei prossimi giorni artisti da New York, Londra e Stoccolma –, il festival non perde quella sua dimensione di incontro di quartiere, dove giovani compagnie autoprodotte portano in scena spettacoli di 50 minuti, alternandosi su tre diversi palchi, dislocati lungo un viale che attraversa tutta la villa. Il percorso per arrivare alle aree dedicate agli spettacoli si snoda tra espositori, artigiani, prodotti bio e gastronomici, in un’atmosfera festiva e leggera.
Ma il protagonista assoluto del festival resta il teatro: 30 giorni di programmazione, 72 compagnie, 9 spettacoli a sera. Non mancano i numeri per un’iniziativa che si impone come «ultimo baluardo di una tradizione antica del teatro – ci spiega Davide Ambrogi, direttore artistico del festival – che in momenti di crisi, per sopravvivere, si rimbocca le maniche, si organizza e si produce da solo, mettendosi in gioco».
Uno degli spettacoli più interessanti è stato Sirene di Flavia Martino e Valentina Marturini, con la regia di Elisabetta De Vito, che ha raccontato con immagini delicate e poetiche un dramma quanto mai attuale, quello dei clandestini in fuga verso una terra promessa che trovano la morte in mare. Il palco è nudo, solo un telo azzurro a farci immaginare il mare che le quattro donne/sirene sorvegliano incessantemente col compito di prelevare le anime degli uomini che si avventurano presso la costa. Il testo disincarna la retorica del linguaggio sul tema, costruendo una favola a tratti ironica, leggera. Le quattro donne/sirene sono sapientemente dipinte, hanno tratti chiari e incisivi, tanto che da subito è possibile lasciarsi comodamente trasportare attraverso il racconto, rassicurati da un impianto narrativo che non inciampa né si lascia andare a colpi di scena, ma va dritto all’epilogo, forse un po’ troppo prevedibile. Ma che favola sarebbe altrimenti, senza un lieto fine?
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