martedì, giugno 04, 2013
La vedova dell’agente Montinaro, capo scorta di Falcone, scuotono e indignano, ma non sembrano infondate 

Tina Montinaro
di Rino Giacalone 

Si registra una certa vivacità attorno ad alcune parole pronunziate da Tina Montinaro, stando lontano da Palermo, per scelta, vedova dell’agente capo scorta di Giovanni Falcone morto nella strage di Capaci del 23 maggio 1992. Ciò che il 23 maggio scorso è avvenuto a Palermo dalla signora Montinaro è stato definito “un festival della retorica”. Ricordiamo. Palermo il 23 maggio scorso è stata invasa come avviene dal 1993 da una moltitudine di giovani, studenti, arrivano qui da tutta Italia con due navi soprannominate “le navi della legalità”. Quest’anno tanti incontri i principali nell’aula bunker dell’Ucciardone e poi davanti all’”albero Falcone”. “Inno alla retorica” hanno detto alcuni, ma le più criticate sono state le parole di Tina Montinaro: “A Palermo non ci sono più iniziative vere e sentite, con testimonianze e memoria, ma c’è soltanto la manifestazione della retorica”. Apriti cielo.

L’unica critica che andrebbe mossa alla vedova Montinaro è quella semmai di non avere valorizzato, dinanzi a tanta retorica, lo sforzo compiuto da quei giovani che sono arrivati in nave a Palermo, affrontando peraltro un viaggio nemmeno tanto tranquillo. Difficile che in questi giovani come negli altri giovani siciliani che si sono uniti a loro, possa albergare la retorica. Sul resto forse diventano ingiuste le critiche alla signora Montinaro.

Si resta senza parole ogni anno dinanzi alla sfilata di quelle autorità delle Istituzioni che finite le celebrazioni, puntualmente, tornano a disinteressarsi della mafia, al di là dei colori partitici, sono sempre lì pronti a cheidere di non essere giudicati e a “giudicare”, loro, i magistrati che sono impegnati a svelare i misteriosi intrecci tra la politica e Cosa nostra. Sono politici che operano, hanno operato, per svuotare i Palazzi di Giustizia della Sicilia, lasciandoli a corto di giudici, pm, personale, senza di carta per le fotocopie, con macchine malconce, con blindate che servono a blindare poco e nulla, è un festival della retorica il 23 maggio come qualsiasi altra data se per esempio si è lasciato al solo presidente del Senato, Piero Grasso, contestare il parlamentare Compagna che ha pensato bene a ridosso del 23 maggio di proporre una legge per dimezzare le pene per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, ossia depenalizzare il reato che oggi commette chi anima la nuova mafia, dove per volontà del nuovo capo assoluto, Matteo Messina Denaro, non ci sono più punciuti, ma uomini d’onore riservati, inciucisti.

Leonardo Guarnotta
Ma le parole più forti, per spiegare perché secondo lei c’è tanta retorica, Tina Montinaro, le ha dedicate ad un momento preciso: la trattativa Stato-mafia. “Dopo le tante situazioni che ci hanno voluto propinare da 21 anni, adesso gli ‘italiani chiedono di sapere. Solo la verità - conclude la vedova del caposcorta di Falcone – e’ la vera legalità, la vera antimafia”. E ha ragione…Ha ragione a vedere cosa succede attorno ad uno dei pm che conducono le indagini sulla trattativa, il pm Nino Di Matteo. E ha ragione la vedova Montinaro ancora di più a sentire il Presidente del Tribunale di Palermo, Leonardo Guarnotta: “La battaglia quotidiana contro la mafia e il malaffare si combatte in Sicilia, come in Calabria o in Campania ma l’atto finale si vincerà a Roma”. A Roma dove il premier Letta non lo si è sentito ancora pronunciare una parola precisa sulle mafie, come combattere le mafie.

In Sicilia accade che mentre si celebrano “i caduti” si mettono da parte i vivi, coloro i quali potrebbero dare molto nel contrasto alla mafia, alla cattura dei criminali, dei latitanti, dei loro favoreggiatori. Come succede all’ex capo della Mobile trapanese Giuseppe Linares. In Sicilia accade che gli uffici investigativi più esposti, come accade alla Squadra Mobile di Trapani diretta dal vice questore Giovanni Leuci, siano mantenuti su livelli di organico insufficienti, “un pugno di investigatori”, che debbono occuparsi anche di altro, della criminalità spicciola: perché succede che se non si prende un latitante nessuno decide nulla, ma se sfugge uno scippatore o un topo di appartamento apriti cielo…”. E che dire delle altre forze dell’ordine, carabinieri, finanza, spesso anche loro lasciati al loro destino. A Trapani succede che indagini molto delicate sono condotte dagli ufficiali di pg della Forestale, con tanto di successo investigativo, ci sarà un motivo se si malaffare, truffe, traffici di droga, se ne occupano gli agenti diretti dal commissario Leta e dall’ispettore Conigliaro, che qualcuno, dalla politica, aveva, guarda caso, pensato di rimuovere.

Ancora sono poco convinti a cambiare atteggiamento i “critici” di Tina Montinaro? A loro, ai critici, mi piace ricordare quello che a Palermo è successo proprio il 23 maggio scorso. Mentre si celebravano le vittime della strage di Capaci, a Palazzo dei Normanni, sede dell’Ars, il Parlamento regionale, si insediava la commissione parlamentare regionale antimafia. Il leader dell’opposizione al Governo Crocetta, il deputato della destra Nello Musumeci è stato eletto presidente, poi sono stati eletti i vice presidenti, tra questi anche un condannato, il deputato Caputo, nominato segretario, bocciato uno dei maggiori esperti nella lotta alle mafie in Sicilia, il questore Antonio Malafarina, per lui nemmeno un posto nell’ufficio di presidenza. Bocciato, solo una manciata di voti per la vice presidenza. In commissione però siedono deputati chiacchierati, condannati, chiacchierati, nessuno di loro ha voluto fare un passo indietro. Un passo indietro l’ha dovuto fare l’on.Malafarina che ha lasciato la commissione antimafia, mentre fuori si ricordavano le vittime di Capaci. Con molta retorica come ci ha detto Tina Montinaro.


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