venerdì, giugno 28, 2013
Le condizioni di Nelson Mandela rimangono critiche ma stabili: un comunicato pubblicato sul sito della presidenza sudafricana, riferisce che il presidente Zuma si è recato in visita oggi nell’ospedale di Pretoria dove Mandela è ricoverato dall’8 giugno scorso ed è stato informato che le sue condizioni sono migliorate durante la notte.  

Radio Vaticana - Zuma ha esortato a pregare per la salute di Mandela. Poco prima i familiari del leader sudafricano avevamo affermato che “tutto può accadere da un momento all’altro”. Intanto in Sudafrica è atteso domani il presidente degli Stati Uniti, Obama oggi in Senegal, prima tappa di un tour in Africa che durerà una settimana. Sul significato di questo viaggio Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Arrigo Pallotti docente di Storia e istituzioni politiche dell’Africa contemporanea dell’Università di Bologna: ascolta


R. – Durante il primo mandato, per tante ragioni, ci si è soffermati maggiormente sulle questioni militari e strategiche e forse si è un po’ indebolito il dialogo politico con i governi africani. Adesso, senza dubbio è il momento esatto per Obama per recarsi in Africa nel tentativo di rilanciare la politica statunitense in questa regione.

D. – C’è una forte espansione della Cina in Africa: tanti gli interessi di questo Paese. Il viaggio ha un significato anche in questo senso?

R. – Sì: fortissimo, molto importante. La Cina è presente in molti Paesi africani e sta intensificando i suoi rapporti economici. E’ molto importante che il presidente americano, forte del secondo mandato, torni a soffermarsi sulle priorità storiche degli Stati Uniti in Africa, dalla fine della Guerra fredda: sostegno alla democrazia, sostegno ai diritti umani, sostegno alle riforme della governance, sostegno al modello di sviluppo in cui si combatte la corruzione e si cerca di garantire a larghi strati della popolazione diritti e opportunità economiche più inclusive.

D. – Come sta agendo la Cina in Africa?

R. – Da una parte, la Cina consente agli africani di valorizzare le loro esportazioni di materie prime. Dall’altra, però, la Cina non è interessata a sostenere alcune priorità che per l’Unione Europea e gli Stati Uniti sono molto importanti: cioè, il rispetto dei diritti umani, la democrazia… La Cina è in grado di sfruttare i limiti e le contraddizioni del modello di sviluppo che fino a oggi in Africa non ha dato grandi risultati. I dati che noi abbiamo sull’andamento della povertà in Africa sono piuttosto allarmanti ed è quindi su queste contraddizioni che trovano forza, poi, modelli di sviluppo che non sono democratici.

D. – Drammatica rimane anche tutta la situazione nel Sahel: un tour diplomatico potrà portare attenzione proprio alla povertà che vive l’Africa? Il Sahel è una situazione limite, ma la povertà attanaglia tutto il continente in quella contraddizione per cui c’è grande ricchezza di risorse e tanta povertà tra la popolazione…

R. – Sì. Mettere l’accento, in questo momento, sullo sviluppo di questi Paesi è molto importante: si rafforza il ruolo della comunità internazionale, si dimostra che l’interesse non è puramente legato alla lotta al terrorismo, ma allo sviluppo più in generale. E’ chiaro che poi democrazia e diritti umani diventano valori e priorità che, anche a livello locale, sarà più facile promuovere perché interiorizzati dalle popolazioni.

D. – Favorendo un processo interno di democrazia, piuttosto che esportando un modello?

R. – Questo è il grande problema che ci si trova ad affrontare oggi, nel senso che assieme a tutto l’arco di crisi – dalla Repubblica Centrafricana, al Ciad, al Mali, alla Nigeria del Nord – è evidente che un certo modello di sviluppo è un po’ alle corde. O si sceglie l’opzione di stabilizzare militarmente questi Paesi e basta, oppure si cerca di accompagnarli con misure molto radicali, molto estensive di promozione dello sviluppo. Da questo punto di vista, mi sembra sia incoraggiante il ruolo delle Nazioni Unite per mettere in atto questo tipo di sviluppo più organico.

D. – Il presidente americano – se sarà possibile – porterà anche il suo saluto a Mandela, in Sudafrica: una visita molto significativa…

R. – Per certi versi, bellissima. Bisogna ricordare che gli Stati Uniti sono stati tra i Paesi che più hanno osteggiato la lotta di liberazione dell’African National Congress. In questo momento, in cui il simbolo della lotta all’apartheid e della rinascita del Sudafrica sta molto male, che il presidente degli Stati Uniti riesca ad andare a salutarlo anche per un momento, credo che dal punto di vista simbolico e anche politico sia molto importante.


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