martedì, giugno 18, 2013
In Turchia proseguono gli arresti, stamani almeno un centinaio di persone sono state fermate a Istanbul.  

Radio Vaticana - Intanto, in parlamento, il premier Erdogan ha difeso l’operato della polizia dopo le dure critiche della comunità internazionale, accusando poi i manifestanti che avrebbero sparato contro almeno due agenti. Rinviata la missione della commissione Esteri dell’Unione Europea dopo l’attacco ieri di Erdogan all'Europarlamento. “Un’assemblea che non riconosco”, aveva detto il premier. Infine dopo lo sgombero di Piazza Taksim e di Gezi Park ci si interroga sul futuro del movimento di protesta. Su questo punto, Benedetta Capelli ha intervistato Monica Ricci Sargentini, inviato a Istanbul del “Corriere della Sera”: ascolta

R. – Qui, in questo momento, il movimento della protesta sta cercando semplicemente di rimanere in piedi, perché non c’è più un luogo di aggregazione e chi scende in piazza viene arrestato. Loro cercano ovviamente di avere l’attenzione internazionale ed in particolare della stampa internazionale.

D. – Proprio questo movimento, che destino può avere a questo punto?

R. – Ne parlavo ieri con una politologa. Il problema è se questo movimento riuscirà a dotarsi di una rappresentanza politica, se riuscirà, al di là della manifestazione di piazza, ad avere un altro tipo di impatto. C’è molto risentimento nella nazione verso il governo Erdogan, che è caduto, infatti, anche nei sondaggi, però questo movimento è molto frammentato: ci sono gli ambientalisti, i politicizzati, i religiosi, i non religiosi. E’ un grande pentolone. Questa politologa diceva che, però, da una parte, la forza di questo movimento sta proprio nel fatto che sia apolitico, anche se, dall’altra, è anche la sua debolezza perché non riesce a dotarsi di una rappresentanza. A lungo andare, però, forse non per queste prossime elezioni, ma per quelle dopo, secondo lei questo risentimento si convoglierà in qualcosa di politico, che non può essere il Chp, il partito kemalista, perché non è un partito che finora ha rappresentato un cambiamento.

D. – Arresti, perquisizioni e nel mirino ci sono anche gli organi di informazione. Qual è allora l’obiettivo del governo? In fondo non si possono spegnere tutte le voci, anche se c’è al vaglio questa legge per limitare Facebook e Twitter...

R. – Non si capisce. Io sono qui, davanti al Gezi Park, che fra l’altro è abbastanza incredibile come lo stiano rimettendo tutto a nuovo, come se volessero cancellare qualsiasi traccia della protesta. Nell’arco di 24-48 ore, infatti, è un altro scenario, qui fioriscono aiuole. E’ anche bello, ma è pure inquietante. A me sembra che il governo voglia spegnere la protesta: impedire a chiunque di scendere in strada; fare restrizione sui social network e così via. Non vogliono più che questa cosa accada. Non mi sembra, però, che vogliano dare a queste persone la possibilità di parlare. Non mi sembra che questo sia in atto. C’è, invece, in atto il fatto di mettere tutto a tacere e di dimenticarsi di questa cosa.

D. – Ma questo può, in un certo senso, creare un clima che poi potrebbe degenerare ulteriormente in violenza?

R. – In questo momento mi sembra che il movimento – chiamiamolo così – la protesta, la rivolta, abbia assunto un atteggiamento molto saggio. Ieri, infatti, anche i sindacati hanno scelto di rinunciare ad arrivare in Piazza Taksim, perché hanno capito che si sarebbe arrivati ad un clima di guerra civile, ad uno spargimento di sangue e così via. E ieri sera, in Piazza Taksim, c’è stata una nuova protesta molto bella: “One standing man”, un uomo in piedi. Una persona si è messa in piedi nella piazza, un coreografo, e per cinque ore e mezzo è stato fermo immobile a guardare il ritratto di Atatürk che campeggia sopra il centro culturale proprio a lui dedicato. Questa cosa, che all’inizio nessuno aveva notato, poi è stata notata da tutti e ha avuto un impatto fortissimo. Era una piazza non piena, ma è vuota, solo con questa persona in mezzo. Si è, quindi, propagata nel Paese l’idea di fare una protesta silenziosa. Tra l’altro, ieri, i poliziotti hanno arrestato anche quelli che stavano in piedi, fermi e immobili, senza fare nulla. Mi sembra che si stia andando verso una protesta meno violenta. Questa è la mia impressione. Si vuole sì continuare a protestare, ma forse trovando altri modi.

D. – E da inviata c’è un’immagine che hai visto, che vuoi raccontare, e che è emblematica di questa protesta, che meglio la sintetizza e la rappresenta?

R. – Più che un’immagine c’è un collage d’immagini, di tutte queste persone così diverse: dal pensionato, alla donna velata, alla signora con la sporta della spesa, a questi ragazzi giovani e un po’ meno giovani. Veramente tanta, tanta gente con un grande senso di responsabilità. Persone organizzate che credevano veramente in quello che facevano. Io ho ammirato molto questi ragazzi. Ognuno pensava delle cose diverse. Nell’anarchia più totale c’era un’organizzazione pazzesca. Sono stati veramente bravi. Quindi, l’immagine che mi rimane negli occhi è quella del parco, con questi ragazzi sotto la pioggia, che cantavano gli slogan e che cercavano di aiutarsi l’un con l’altro; i pronto soccorso; la biblioteca. Insomma è stato tutto molto bello.


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