lunedì, luglio 29, 2013
Papa Francesco ai giovani del mondo: “Cristo sta preparando una nuova primavera” 

da Rio de Janeiro, Paolo Fucili 

Carisma e simpatia, chiarezza e concretezza. Così Francesco ha brillantemente superato l’esame GMG, che era anche il primo viaggio internazionale del pontificato, meta Rio de Janeiro. Che fosse ‘carico’ al punto giusto, in vena di parole capaci di lasciare il segno, si era capito fin dall’andata, quando conversando coi giornalisti ha puntato severo il dito contro la ‘cultura dello scarto’: “ho letto la settimana scorsa la percentuale dei giovani senza lavoro. Pensate che noi corriamo il rischio di avere una generazione che non ha avuto lavoro, e dal lavoro viene la dignità della persona di guadagnarsi il pane…”. Detto chiaro e forte così, come pochi altri fanno, da un’autorità morale mondiale come lui, non è poco.

Coi sette giorni trascorsi quindi in Brasile, fitti di appuntamenti, ha incrementato ancora, se mai fosse possibile, il generoso bonus di benevolenza, considerazione, fiducia riscosse finora dall’opinione pubblica mondiale. Oltre ad avviare una calorosa amicizia con le giovani generazioni, nella miglior tradizione delle GMG, come già i predecessori l’avevano interpretata: mai indulgere alla retorica ‘giovanilistica’ che blandisce senza farsi davvero carico di nulla; sempre fare appello diretto alla sete di valori grandi che c’è nel cuore di ogni ragazzo, proponendogli tutta la rivoluzionaria radicalità del Vangelo senza sconti.

“Sudarsi”, vale a dire, la “camicia” di cristiani non part-time, fare “casino”, ha detto proprio così, con una parola, ‘lio’ attinta direttamente al gergo dei giovani suoi connazionali. Ben sapendo che “non può esserci energia più potente di quella che si sprigiona dal cuore dei giovani, quando sono conquistati dall’esperienza dell’amicizia con Lui”. La gioventù brasiliana in specie, oltretutto, di energia si direbbe ne abbia parecchia da tirar fuori. Vedi le sonore manifestazioni delle settimane precedenti la GMG, con protagonisti gli stessi giovani di quel groviglio di slanci, tensioni, contraddizioni che è oggi il Brasile. Un luogo che è tutto fuorché anonimo. L’immensità delle dimensioni dà le vertigini. L’allegra vitalità della gente quasi ti stordisce. I panorami delle sue sterminate megalopoli smuovono sensazioni tanto forti quanto contraddittorie, come la vista su Rio dal celeberrimo Corcovado: le spiagge del modaiolo turismo internazionale, gli imponenti grattacieli, le degradate favelas abbarbicate alle montagne o distese ai bordi delle enormi strade che collegano centro e periferie.

I contrasti tra miseria e ricchezza stridono ancora di più, ora che tutti gli indici danno questa rampante potenza economica in forte ascesa. E politici e amministratori galleggiano a stento sulla linea della disillusa sopportazione. Ma se qualcuno si fosse mai aspettato un assist, contando di usare il Papa ai propri scopi, la delusione è stata totale, fin dal benvenuto ufficiale nel palazzo del governatore di Rio, Sergio Cabral, il più impopolare di tutti. Imbarazzante, per dirla tutta, costringere sua Santità a planare là in elicottero, per risparmiargli l’impatto diretto coi manifestanti.

Servivano parole che fossero diplomaticamente non ruvide, inequivocabili però sì. Come l’invito perentorio alla classe dirigente brasiliana a “riabilitare” oggi la politica, che rimane secondo l’ispirata definizione di Paolo VI “una delle forme più alte della carità”. E’ il futuro del Brasile che la esige, “una politica che realizzi sempre più e meglio la partecipazione della gente, eviti gli elitarismi e sradichi la povertà”; una “sfida storica” senza precedenti, inserire “senso etico” nella società.

La corruzione e l’egoismo che fan perdere ai giovani la fiducia nelle istituzioni sono una ‘croce’, così pure l’incoerenza della Chiesa e dei suoi ministri. “Quanto fan soffrire Gesù le nostre incoerenze!”. Ma non è da cristiani neppure cercare comodi alibi, senza coinvolgersi in prima persona.. Il Papa, ha assicurato lui stesso, sa dei giovani scesi in strada, in Brasile e non solo, “per esprimere il desiderio di una società più giusta e fraterna”. Ma a chi si chiede pure come, da dove cominciare, ha additato la strada che già madre Teresa di Calcutta indicò una volta, richiesta di dire la prima cosa da cambiare nella Chiesa: “tu ed io”. E ancora, sempre a proposito del Brasile sceso in piazza a manifestare, non senza qualche disordine più o meno grave: “Tra l’indifferenza egoista e la protesta violenta c’è un’opzione sempre possibile: il dialogo”.

“Bota fè”, “metti fede”. Così, ha esortato giovedì sulla sabbia di Copacabana, si compie l’unica vera “rivoluzione copernicana” della vita: togliere noi dal centro e metterci Dio, fare di essa il canto nuovo da cantare al Signore, di cui parlava il salmo della solenne messa finale domenica. “Non sono parole, non è una melodia… è lasciare che la nostra vita si identifichi con quella di Gesù, è avere i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue azioni. E la vita di Gesù è una vita per gli altri, è una vita di servizio”.

Difficile contenere in poche parole le infinite note di cronaca, i temi, le suggestioni e i ricordi di una GMG dalle tinte vivide come il verdeoro brasiliano. L’interprete può cambiare, da quando il Giovanni Paolo II ebbe questa formidabile intuizione, ma lo spartito è una garanzia: regala sempre emozioni straordinarie. Con la particolarità, nel caso di Rio 2013, di un clima ancora più gioioso e festoso del solito, nonostante un’organizzazione logistica non sempre all’altezza. Sarà comunque l’indole brasiliana sempre pronta al sorriso, sarà il fervore della devozione latino-americana in genere, che trova spettacolari espressioni in liturgie dal tono mai freddo e distaccato. Sicuramente c’è di mezzo la simpatia immediata che ha suscitato Francesco nella gente di Rio e nei giovani di tutto il mondo coi modi spigliati e informali, la propensione al contatto umano, l’imperturbabile sorriso (anche di fronte alla ‘pioggia’ di oggetti sulla sua automobile), l’energia serena che trasmette il suo parlare semplice ed appassionato.

Un’eredità traboccante di gioia, entusiasmo, fiducia, è quella della GMG. Il problema ora è non rinchiuderla entro le strette mura del proprio gruppo, parrocchia o movimento: “Sarebbe come togliere l'ossigeno a una fiamma che arde. La fede è una fiamma che si fa sempre più viva quanto più si condivide”. E ancora, “non lasciatevi rubare la speranza”, si è raccomandato l’ennesima volta Bergoglio. Non è il vago ottimismo di chi chiude gli occhi davanti alla realtà dei giovani di oggi, fatta non di rado di esclusione, provvisorietà. Guai, anzi, a chi la speranza la ruba loro, è il senso di altrettanto ricorrenti ammonimenti. Ma Papa Francesco, nonostante tutto, ha un certezza incrollabile: per mezzo dei giovani, sono state le ultime parole prima di salir sull’aereo per Roma, “Cristo sta preparando una nuova primavera in tutto il mondo. Io ho visto i primi risultati di questa semina, altri gioiranno con il ricco raccolto!”. A tutti l’impegnativa e gioiosa responsabilità di non deluderlo.


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