“Non ho né oro né argento. Porto con me solo quello che di più prezioso mi è stato donato: Gesù Cristo.”
Queste le prime parole di papa Francesco appena giunto in Brasile. A conclusione delle sue giornate brasiliane rivolgendosi ai vescovi del Celam (Consiglio episcopale Latinoamericano) ha auspicato che siano: “Uomini che amano la povertà, tanto la povertà interiore come libertà davanti al Signore, quanto la povertà esteriore come semplicità e austerità di vita. Uomini che non abbiano 'psicologia da príncipi'. Uomini che non siano ambiziosi e che siano sposi di una Chiesa senza stare in attesa di un’altra”.
Ai giovani ha chiesto di fare una rivoluzione copernicana, mettendo Dio e non se stessi al centro della propria vita. Li ha incitati ad essere protagonisti e non a guardare la vita dal balcone. "Metti fede, metti speranza, metti amore! Tutto insieme: Metti fede, metti speranza, metti amore!”, ha ripetuto, mentre ai vescovi nell’incontro sopra menzionato sottolineava come “Esistono in America Latina e nei Caraibi pastorali ‘lontane’, senza vicinanza, senza tenerezza, senza carezza. Si ignora la rivoluzione della tenerezza, che provocò l’Incarnazione del Verbo: pastorali tanto lontane che sono incapaci di raggiungere l’incontro.” E alle autorità ha chiesto di mettere la persona al centro, la persona e un umanesimo integrale e che “a tutti siano assicurate dignità, fratellanza e solidarietà” cercando di praticare sempre la via del dialogo e dell’incontro: “Dialogo, dialogo, dialogo. (…) Oggi o si scommette sulla cultura dell’incontro o tutti perdono.”
Sono state parole forti ed essenziali: povertà, dialogo e incontro; parole che resteranno ben oltre la Settimana della Gioventù di Rio. Una sfida dunque non solo per la Chiesa come istituzione ma anche per tutti, giovani, adulti e anziani, che possono e debbono continuare a vivere il Vangelo della povertà, del dialogo e dell’incontro.
L’ascolto e l’attenzione all’altro hanno caratterizzato tutti gli appuntamenti della GMG: dai saluti agli abbracci, dagli scambi di doni ai sorrisi benedicenti. Come non tornare con la memoria all’immagine di Francesco che abbraccia il lebbroso, che vende i suoi beni per restituirli ai fratelli poveri e che usa misericordia nei confronti dei lebbrosi? E se la tenerezza è un tratto del volto di Dio misericordioso, come non ritrovarla in papa Francesco che più e più volte ha insistito sull’attenzione da rivolgere ai giovani e agli anziani, le due categorie sociali più fragili ed accomunate da uno stesso destino: l’esclusione.
Ha chiesto di far parlare gli anziani, di dargli voce, di ascoltarli, di permettere loro di avere il ruolo che gli spetta in quanto depositari della saggezza del passato e i giovani che sono il futuro devono meritare tutta la nostra fiducia perché, come ha ricordato rivolgendosi ai volontari, possano vivere la loro vita in pienezza: “Io, invece, vi chiedo di essere rivoluzionari, di andare contro corrente; sì, in questo vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in fondo, crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, che non siate capaci di amare veramente. Io ho fiducia in voi giovani e prego per voi. Abbiate il coraggio di ‘andare contro corrente’. Abbiate il coraggio di essere felici”.
Queste le prime parole di papa Francesco appena giunto in Brasile. A conclusione delle sue giornate brasiliane rivolgendosi ai vescovi del Celam (Consiglio episcopale Latinoamericano) ha auspicato che siano: “Uomini che amano la povertà, tanto la povertà interiore come libertà davanti al Signore, quanto la povertà esteriore come semplicità e austerità di vita. Uomini che non abbiano 'psicologia da príncipi'. Uomini che non siano ambiziosi e che siano sposi di una Chiesa senza stare in attesa di un’altra”.
Ai giovani ha chiesto di fare una rivoluzione copernicana, mettendo Dio e non se stessi al centro della propria vita. Li ha incitati ad essere protagonisti e non a guardare la vita dal balcone. "Metti fede, metti speranza, metti amore! Tutto insieme: Metti fede, metti speranza, metti amore!”, ha ripetuto, mentre ai vescovi nell’incontro sopra menzionato sottolineava come “Esistono in America Latina e nei Caraibi pastorali ‘lontane’, senza vicinanza, senza tenerezza, senza carezza. Si ignora la rivoluzione della tenerezza, che provocò l’Incarnazione del Verbo: pastorali tanto lontane che sono incapaci di raggiungere l’incontro.” E alle autorità ha chiesto di mettere la persona al centro, la persona e un umanesimo integrale e che “a tutti siano assicurate dignità, fratellanza e solidarietà” cercando di praticare sempre la via del dialogo e dell’incontro: “Dialogo, dialogo, dialogo. (…) Oggi o si scommette sulla cultura dell’incontro o tutti perdono.”
Sono state parole forti ed essenziali: povertà, dialogo e incontro; parole che resteranno ben oltre la Settimana della Gioventù di Rio. Una sfida dunque non solo per la Chiesa come istituzione ma anche per tutti, giovani, adulti e anziani, che possono e debbono continuare a vivere il Vangelo della povertà, del dialogo e dell’incontro.
L’ascolto e l’attenzione all’altro hanno caratterizzato tutti gli appuntamenti della GMG: dai saluti agli abbracci, dagli scambi di doni ai sorrisi benedicenti. Come non tornare con la memoria all’immagine di Francesco che abbraccia il lebbroso, che vende i suoi beni per restituirli ai fratelli poveri e che usa misericordia nei confronti dei lebbrosi? E se la tenerezza è un tratto del volto di Dio misericordioso, come non ritrovarla in papa Francesco che più e più volte ha insistito sull’attenzione da rivolgere ai giovani e agli anziani, le due categorie sociali più fragili ed accomunate da uno stesso destino: l’esclusione.
Ha chiesto di far parlare gli anziani, di dargli voce, di ascoltarli, di permettere loro di avere il ruolo che gli spetta in quanto depositari della saggezza del passato e i giovani che sono il futuro devono meritare tutta la nostra fiducia perché, come ha ricordato rivolgendosi ai volontari, possano vivere la loro vita in pienezza: “Io, invece, vi chiedo di essere rivoluzionari, di andare contro corrente; sì, in questo vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in fondo, crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, che non siate capaci di amare veramente. Io ho fiducia in voi giovani e prego per voi. Abbiate il coraggio di ‘andare contro corrente’. Abbiate il coraggio di essere felici”.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.