mercoledì, luglio 31, 2013
S.Francesco del deserto sarà forse la prossima isola che il Papa vorrà visitare dopo Lampedusa

di Renato Zilio

In mezza alla laguna veneta, verdissima e incastonata come una perla di smeraldo, c’è un’isola dove si respira ovunque la presenza del santo di Assisi. Vi è sbarcato qui di ritorno dall’Oriente nel 1220, restandovi probabilmente “una quarantena”. Quaranta giorni di preghiera e di solitudine, come si usava allora. Qui è avvenuto il miracolo della predica del santo agli uccelli, come narra il libro di San Bonaventura.

Senz’altro in ogni angolo di questo luogo si sente ancora il soffio della sua presenza, dopo secoli. Il sorgere e il tramonto del sole - istanti dolcissimi dalla lunga scia dorata sull’acqua - vi strappano dall’anima un “laudato sii”. Come fu per lui. Così, il canto inarrestabile delle cicale, i prati soffici appena tagliati, la brezza serale di laguna, le ordinate file di cipressi lungo gli argini per irrobustirli contro le maree, i cespugli rosa di ortensie... Tutto qui si fa spazio curato. Contemplato. Come un delizioso giardino in mezzo al mare. Essenzialità, profumo di semplicità e preghiera si innalzano a Dio da ogni creatura. Perfino dal loro cane. Un batuffolo bianco di cotone che segue ovunque fra Cristoforo nei suoi lavori all’esterno. Ma nella chiesetta sa restare immobile sulla panca, estastico al canto gregoriano dei frati. Di notte, invece, lo senti abbaiare come un forsennato al minimo rumore. È lui il vero “frate guardiano”, vi dirà sorridendo uno di loro.

Per arrivare qui da Burano, viene un frate con una barca a prendervi. Dopo pochi istanti sarete in un altro mondo. Anzi, in fondo al mondo. “Qui, veramente, ne sbarcano 25mila all’anno!” mi fa pensieroso frate Antonio. No, non sono profughi, ma quasi. Sono turisti. Generalmente gli scafisti telefonano prima di venire con il loro gruppo. “Mi raccomando, padre, faccia presto!” è la solita raccomandazione. I frati resistono. Ci vuole il suo tempo per entrare nel mondo del silenzio e della spiritualità francescana. Per sostare qualche istante nella cella di Francesco, per respirare il clima mistico dell’antico, incantevole chiostro del 13.mo secolo, ridente di petunie rosse con un pozzo, al centro. Proprio qui, un giorno, san Bonaventura trasformò l’acqua salmastra in aqua fresca e sorgiva con un segno di croce. Un’ora comoda, insomma, per tutto il tour.

Nonostante l’aspetto, i turisti sono tutta gente assetata. Bruciata interiormente da una sete che i nostri tempi rendono ancora più acuta. Appena posato il piede nell’isola e messo il loro volto nel chiostro, la prima parola è sempre la stessa. Un’esclamazione, in verità: “Ooooh! che pace qui!” “Sì, la pace la scoprono loro stessi, dirà un frate, prima ancora che gliela possiamo augurare noi”. La respirano. Pare che gli istanti passati qui siano momenti di guarigione interiore. Lo si nota dalle loro preghiere notate su un foglietto in chiesa: “Per i miei fratelli... non ci parliamo da due anni!” Il mondo di oggi, è vero, uccide la pace del cuore. Le relazioni forti. Qui la ritrovano. Insieme alla fratellanza.

I sei frati vivono come in famiglia, ogni giorno si distribuiscono i compiti: chi all’orto, alla barca, all’accoglienza, al giardino o in cucina. La loro famiglia si allarga poi durante i week-end, quando condividono il monastero con degli ospiti per un ritiro. “La gente apprezza questa disponibilità di un monastero e di un’isola intera per loro” vi assicura un frate.

In questi mesi estivi è sbarcata qui anche la Biennale 2013. Opere d’arte sono disseminate ovunque, dal tema suggestivo “Beyond the mystical landscape” (Oltre il paesaggio mistico). Si ammira “Trasvolare” di Lorella Salvagni o “Quando la marea sussurra” di Barbara Toffano,” oppure “Dentro il silenzio” di Lucia Sterlocchi oppure ancora ”Tra Terra, Cielo e Acqua” di Julia Artico: si lasciano ammirare questi pezzi d’arte incastonati in un ambiente unico per leggerezza, senso di contemplazione e densità spirituale.

Questo piccolo mondo sa di miracolo. Vivere insieme, seppur differenti, la semplicità di vita, la fratellanza e l’ospitalità, legati dalla preghiera, è la sfida dei nostri tempi. Come insegna papa Francesco. Imparare a vivere da fratello universale. Lezione partita da Assisi e vissuta qui quotidianamente tra alte e basse maree, sperduti in mezzo al mare. Per l’uomo moderno, naufrago sugli scogli dell’individualismo e dell’indifferenza al mistero di Dio, una lezione questa ancora viva. Vitale, per davvero.


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