mercoledì, luglio 31, 2013
Sui passi del Cristo che "El nos primerea", per non dimenticare mai di mettere Gesù e la Chiesa al centro, di lasciarsi conquistare per servirlo e di sentire vergogna dei propri limiti e peccati così da essere umili. 

di Elisabetta Lo Iacono  

Torre dei Venti - Papa Francesco ha celebrato questa mattina messa alla Chiesa del Gesù di Roma nella festività di Sant'Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù cui appartiene lo stesso Bergoglio. Una messa per e con i gesuiti, concelebrata da monsignor Luis Ladaria, segretario della Congregazione per la dottrina della fede, dal Padre generale della Compagnia di Gesù Adolfo Nicolas, dai membri del consiglio e da oltre duecento confratelli.

Papa Francesco ha rimarcato la necessità di porre la domanda se Cristo sia al centro della propria vita, una domanda non fine a se stessa ma che presuppone anche la centralità della Chiesa: "sono due fuochi che non si possono separare, io non posso seguire Cristo se non nella Chiesa e con la Chiesa". Quindi niente strade alternative a quella tracciata all'interno della Chiesa, se non "cammini di ricerca, cammini creativi" che consentano di "andare verso le periferie, le tante periferie. Per questo ci vuole creatività - ha detto il papa - ma sempre in comunità, nella Chiesa, con questa appartenenza che ci dà coraggio per andare avanti".

Sant'Ignazio di Loyola
Un percorso possibile lasciandosi "conquistare da Cristo", come accaduto a san Paolo sulla via di Damasco e ad Ignazio nella sua casa di Loyola. Con l'invito a seguire colui che ci "primerea" - ha detto il papa - colui che è primo sempre e che ci aspetta. Una adesione dettata dal desiderio di servizio, nonostante tutti i rischi che questo può comportare, con un riferimento "al nostro fratello in Siria" ha detto Francesco accennando alla sparizione di padre Dall'Oglio sulla cui vicenda c'è ancora tanta prudenza e poca chiarezza.

E infine il tema della vergogna dinanzi ai propri limiti e peccati, con la certezza di non essere all'altezza di Cristo. Proprio "la grazia della vergogna" dovrebbe spingere all'umiltà "che ci rende consapevoli ogni giorno che non siamo noi a costruire il Regno di Dio ma è sempre la grazia del Signore che agisce in noi; umiltà che ci spinge a mettere tutto noi stessi non a servizio nostro o delle nostre idee ma a servizio di Cristo e della Chiesa, come vasi d'argilla, fragili, inadeguati, insufficienti, ma nei quali c'è un tesoro immenso che portiamo e che comunichiamo".


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