giovedì, luglio 04, 2013
Ma i programmi alimentari in corso sono un fallimento. La destra induista: un provvedimento elettorale 

GreenReport - Il governo dell’India ha deciso di approvare un’ordinanza per garantire ai due terzi della popolazione indiana (circa 800 milioni di persone del Paese con più affamati del mondo) il diritto di avere 5 Kg di cereali a testa ogni mese al prezzo calmierato di 1-3 rupie al Kg (2-4 centesimi di euro). The Asian Age sottolinea che «Il Consiglio dei Ministri, il mese scorso aveva rinviato la decisione sulla questione, ha approvato la promulgazione di un decreto per attuare il Food Security Bill. Con questo, l’India si unirà alla selezionata serie di Paesi nel mondo che garantiscono i cereali per il cibo alla maggior parte della sua popolazione. Con Rs. 1.25.000 rupie di sostegno del governo, il programma di sicurezza alimentare sarà il più grande al mondo». Si tratta in effetti di circa 22 miliardi di dollari che ne fanno un colossale intervento (di sapore elettorale) della coalizione di governo progressista dominata dal Partito del Congresso per affrontare il dramma della fame e della denutrizione che coinvolge 400 milioni di indiani, soprattutto nelle aree rurali.

L’ordinanza è stata promulgata dal governo di New Delhi solo poche settimane prima della Sessione del Monsone del Parlamento indiano, ma il disegno di legge per la sua definitiva approvazione dovrà essere approvato sia dal Lok Sabha e Rajya Sabha, i due rami del Parlamento.

Tha Asia Age spiega che «L’ordinanza, che garantirà 5 kg di riso, grano e cereali grossolani al mese a persona ad un prezzo fisso rispettivamente di 3, 2, 1 rupie, entrerà in vigore dopo che il presidente Pranab Mukherjee la avrà firmata (oggi, ndr). Tuttavia, circa 2 milioni e 430.000 poveri tra le famigli più povere coperte dallo schema Antyodaya Anna Yojana (Aay) in regime Pds (Public distribution system) avrebbero ottenuto il diritto legale di 35 kg di semi da cibo per famiglia al mese».

Il programma di assistenza alimentare ai poveri sarà attuato a partire da agosto, dopo che i governi degli Stati indiani prepareranno la lista beneficiari. Ma il governo centrale avverte che «Perché il sistema copra l’intero Paese ci vorranno almeno sei mesi».

Speriamo che tutto questo non faccia la fine di sistemi di assistenza come l’Aay o dello stesso Pds, visto che sono frequentissime le denunce di abusi ed accaparramento del cibo destinato ai poveri dell’India rurale. Infatti gli aiuti governativi e internazionali sono gestiti da funzionari e politici appartenenti alle caste più alte che si impossessano del cibo, lo rivendono sul mercato oppure lo fanno avere agli intoccabili a prezzi molto più alti di quanto previsto dal governo. E’ l’india modernissima e delle caste che prospera sulla fame e l’eterna esclusione dei poveri, un circuito vizioso e senza fine che alimenta clientelismo e corruzione politica, che distribuisce gli aiuti agli affamati e che è la vera ragione della fame endemica dell’India.

E’ però indubbio, come scrive The Indian Express, che il governo centrale abbia approvato un’ordinanza che era osteggiata soprattutto dalla destra induista del Bharatiya Janata Party (ma anche da un pezzo della sinistra, per motivi opposti) che vede la distribuzione di cibo a basso costo come uno degli elementi per ricompattare la coalizione e formare un forte listone elettorale che così prenderà molti voti dei più poveri. Il leader del Bharatiya Janata Party, Sushma Swaraj, ha detto che «Il governo ha scelto la strada ordinanza e questo è un deliberato tentativo di denigrare il Parlamento».

Quindi, la fame e gli affamati determineranno il futuro politico di quello che ogni giorno ci viene presentato come un Paese emergente ed in inarrestabile crescita economica.

Non a caso, durante la riunione del governo che ieri ha discusso l’ordinanza, il primo ministro Manmohan Singh ha preso l’insolita iniziativa di chiedere a tutti i ministri del governo di dire la loro sul provvedimento, una mossa per ribadire l’unanimità all’interno del governo e per blindare le forze politiche che lo sostengono.

Alla fine si è adeguato anche il ministro dell’Agricoltura Sharad Pawar, che in precedenza si era detto preoccupato per il disegno di legge che comporterà un aumento della produzione agricola (o delle importazioni) alla quale l’India non potrebbe far fronte.


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