Almeno sette deflagrazioni, definite dalla polizia “di bassa intensità” hanno scosso la quiete del complesso templare di Bodhgaya dove si trovano i luoghi più sacri alla tradizione buddista. Tra questi il tempio Mahabodhi che sorge sul luogo dove la tradizione vuole che il Buddha abbia ottenuto la liberazione.
Misna - Due i feriti, monaci di nazionalità tibetana e birmana residenti nel complesso, lievi i danni ai monumenti e agli edifici di servizio per le molte migliaia di pellegrini che visitano ogni anno questa località nello stato nord-orientale indiano del Bihar. Una delle bombe è esplosa vicino all’albero di bodhi che discenderebbe da quello sotto cui il Buddha raggiunse il massimo livello di illuminazione nel VI secolo avanti Cristo. L’accaduto, di cui nessuno finora si è attribuito la responsabilità ma che le autorità ritengono una probabile azione dei Mujaheddin dell’India, ha interessato un sito tutelato dal 2002 dall’Unesco e di indubbia importanza storica e simbolica, al centro della devozione di una comunità in maggioranza pacifica. Da qui la condanna del premier indiano Manmohan Singh, che ha avvertito che “attacchi simili su obiettivi religiosi non saranno mai tollerati”, ma anche una concreta preoccupazione. Le esplosioni, infatti seguono forti tensioni in Myanmar, Sri Lanka e Bangladesh, tra la maggioranza buddista e le minoranze musulmane. Queste ultime sulla difensiva davanti anche un uso politico della religione maggioritaria e al ruolo che nelle violenze hanno anche esponenti della comunità monastica.
Una reazione anti-buddista si è già registrata in paesi musulmani come Malesia e Indonesia, dove vivono – come in India – esigue comunità buddhiste. Il governo indiano ha alzato il livello di sicurezza non solo a Bodhgaya, ma anche in tutti gli altri centri storici del buddismo nel paese.
Il governo dello Sri Lanka ha chiesto ai suoi cittadini di evitare i tradizionali luoghi di pellegrinaggio buddista in India fino a quando non sarà garantita la sicurezza dei visitatori.
Misna - Due i feriti, monaci di nazionalità tibetana e birmana residenti nel complesso, lievi i danni ai monumenti e agli edifici di servizio per le molte migliaia di pellegrini che visitano ogni anno questa località nello stato nord-orientale indiano del Bihar. Una delle bombe è esplosa vicino all’albero di bodhi che discenderebbe da quello sotto cui il Buddha raggiunse il massimo livello di illuminazione nel VI secolo avanti Cristo. L’accaduto, di cui nessuno finora si è attribuito la responsabilità ma che le autorità ritengono una probabile azione dei Mujaheddin dell’India, ha interessato un sito tutelato dal 2002 dall’Unesco e di indubbia importanza storica e simbolica, al centro della devozione di una comunità in maggioranza pacifica. Da qui la condanna del premier indiano Manmohan Singh, che ha avvertito che “attacchi simili su obiettivi religiosi non saranno mai tollerati”, ma anche una concreta preoccupazione. Le esplosioni, infatti seguono forti tensioni in Myanmar, Sri Lanka e Bangladesh, tra la maggioranza buddista e le minoranze musulmane. Queste ultime sulla difensiva davanti anche un uso politico della religione maggioritaria e al ruolo che nelle violenze hanno anche esponenti della comunità monastica.
Una reazione anti-buddista si è già registrata in paesi musulmani come Malesia e Indonesia, dove vivono – come in India – esigue comunità buddhiste. Il governo indiano ha alzato il livello di sicurezza non solo a Bodhgaya, ma anche in tutti gli altri centri storici del buddismo nel paese.
Il governo dello Sri Lanka ha chiesto ai suoi cittadini di evitare i tradizionali luoghi di pellegrinaggio buddista in India fino a quando non sarà garantita la sicurezza dei visitatori.
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