lunedì, luglio 01, 2013
Una compagnia di fanteria (125-150 Marines) oggi utilizza più carburante di quel che faceva un battaglione (900-1.000 Marines) nel 2001

Greenreport - Il Centro di addestramento dei Marine Corps Usa nel deserto del Mojave ha riunito alcuni dei suoi migliori soldati per testare le ultime novità sul risparmio energetico: zaini solari pieghevoli, zaini elettrogeni, sistemi di alimentazione ibridi che utilizzano pannelli solari e gilet ad auto-raffreddamento. Roba da film di fantascienza, che invece è già molto reale e in qualche caso già utilizzata dai marines sui campi di battaglia della guerra già persa in Afghanistan. Secondo quanto scrive Yale 360 Justin Gerdes, un giornalista freelance della San rancuiscio Bay che collabora con The Guardian, Motherjones.com GreenBiz e Chinadialogue, «Questo dimostra la determinazione del corpo dei Marines a risparmiare carburante sul campo». Ma perché i militari statunitensi sono così interessati ad usare energie rinnovabili? Lo spiega bene Gerdes: «Dal 2001, un battaglione di fanteria medio dei Marine Corps ha aumentato del 300% i computer e le attrezzature informatiche e ha avuto un aumento del 200% di veicoli. Questa proliferazione di meccanismi ad alto consumo di energia ha avuto rapidamente un costo».

Secondo uno studio del Marine Corps del 2011, in Afghanistan è stato ucciso un marine per ogni 50 convogli di carburante e di acqua, mentre un convoglio su 17 è stato bloccato da ordigni esplosivi artigianali. Il 70% della logistica necessaria sul terreno alla Marine Corps Expeditionary riguarda il carburante e l’acqua. Una compagnia di fanteria (125-150 Marines) oggi utilizza più carburante di quel che faceva un battaglione (900-1.000 Marines) nel 2001. In Afghanistan i marines hanno speso in un solo anno 794 milioni di dollari per il carburante utilizzato nelle loro 300 basi. Secondo il maggiore Brandon Newell, responsabile tecnologia delll’Expeditionary energy office dei Marines, «Approssimativamente il 60% di questo carburante viene bruciato per fornire la climatizzazione ai Marines e ai loro equipaggiamenti». Come ha già scritto greenreport.it, anche le altre forze armate Usa hanno avviato iniziative per ridurre la loro dipendenza dai combustibili fossili, sia sui campi di battaglia che nelle basi più remote sparse negli Usa e in tutto il mondo.

Per i Marine Corps ormai il costo dell’energia ha un peso crescente non solo dal punto di vista economico, ma anche come minaccia all’idea stessa di che cosa significhi essere un Marine. Gerdes sottolinea: «Quel che dà la carica al Corpo è di essere pronto a saltare dalla nave a terra ed operare in ambienti ostili ed austeri per un massimo di 120 giorni con un rifornimento limitato. Le missioni richiedono agilità, velocità ed autosufficienza: attributi in contrasto con il cordone ombelicale del carburante». Gerdes ha visitato Corps Air Ground Combat Center Marine, di Twentynine Palms, in California, la sesta Experimental Forward Operating Base (ExFob), fondata nel 2009, nella quale lavora personale dei Marines, dell’Office of Naval Research e delle altre forze armate per identificare e valutare le più promettenti soluzioni per il risparmio energetico e dove le imprese private sono invitate a dimostrare le tecnologie commerciali che possono essere rapidamente dispiegate sul campo di battaglia.

A maggio l’ExFob si è concentrato sui sistemi di generazione ibridi, che combinano l’energia solare con generatori tradizionali alimentati da carburante. Nel 2012 Newell aveva detto che «Il Corpo è pronto a farla finita con lo status quo dei generatori “stand-alone”. La domanda media sul campo è del 32% della capacità del generatore, portando ad un significativo spreco di carburante. Per l’80 o il 90% del tempo è inefficiente, perché il sistema è progettato per soddisfare il carico di picco. L’ibridazione risolve questo per noi». I 13 sistemi ibridi presentati a maggio all’ExFob da 10 imprese private sono composti da pannelli fotovoltaici, batterie per lo stoccaggio e controlli smart per i generatori. «L’elettricità dai pannelli solari può essere utilizzata in tempo reale o stoccata per un utilizzo successivo, riducendo il tempo di funzionamento del generatore – ha spiegato Newell – il sistema ibrido mantiene anche i generatori di corrente a bassi carichi». Gli impianti ibridi si basano sulle tecnologie già impiegate con successo in Afghanistan.

Una compagnia dei Marine Corps, l’India 3/5, è equipaggiata con Solar Portable Alternative Communications Energy System (Space) e Ground Renewable Expeditionary Energy System (Greens) operativi in due pattuglie che durante l’estate del 2010 hanno operato interamente ad energia solare. I due sistemi sono ora a disposizione di tutti i marines. Tecnologie di ultima generazione saranno incorporate nel sistema Greens aggiornato. «Il sistema di prima generazione ha dimostrato il suo valore in campo – ha detto Newell – ma era appesantito da moduli solari in vetro. L’obiettivo per la seconda iterazione è di ridurre il peso del 50%, di una riduzione del 10% delle dimensioni e del 10% in più di energia ottenuta». Il prototipo Greens 2.0 pesa già il 45% in meno rispetto al suo predecessore. Newell ha anche detto che il Corpo dei Marines nel 2014 inizierà ad installare generatori Cummins da 5 a 60-kilowatt, più piccoli, più leggeri e più efficientoi. Poi si passerà ad implementare le batterie agli ioni di litio ad alta densità energetica sviluppate dall’Office of Naval Research che dovrebbero ricaricarsi in 15 minuti, rispetto alle 2 ore dei modelli esistenti. I Marines stanno anche cercando di dotarsi di flywheels e super-condensatori per il loro mix di stoccaggio di energia.

Ma alla ExFob ci sono anche le attrezzature personali che servono sia a risparmiare carburante che ha ridurre il peso che i marines devono portare sulle spalle. Come ha spiegato a Gerdes il capitano Nick Mannweiler, direttore per gli affari pubblici del Marines’ Air Ground Combat Center, «Un marine attrezzato per il combattimento porta sul suo corpo un carico extra di 120 libbre. Il carico in genere include fino a 35 libbre di batterie. Tutto ciò che si può fare per alleggerire quel carico significa poter camminare più velocemente e per più lunghi periodi di tempo».Una delle soluzioni allo studio è il cosiddetto Marine Austere Patrolling System (Maps) uno zaino che integra un pannello solare, un depuratore per l’acqua, radio, batterie, e smart controls. Newell lo decrive così: «Un pannello fotovoltaico flessibile con un’efficienza del 30%, un filtro per l’acqua collegato ad un contenitore CamelBak che dura fino a 14 giorni, batterie sagomate che sostituiscono le ingombranti batterie “mattone” polivalenti attualmente in uso e un display digitale che dà ai Marines i dati energetici in tempo reale». I Msaps saranno testati in autunno e potrebbero essere utilizzati insieme alla versioni militari di zaini che sta producendo la Lightning Packs, zaini ergonomici ed elettrogeni che distribuiscono il peso in maniera ottimale e permettono movimenti molto agili. Con il modello elettrogeno, un marine produrrebbe mentre cammina fino a 35 watt e almeno 40 watt mentre corre, il che può fornire energia in tempo reale ad una radio oppure stoccarla in una batteria.

Un’altra soluzione indossabile è una risposta al costo esorbitante della climatizzazione delle tende in Afghanistan. Newell ha spiegato che i marines hanno preso in prestito una tecnologia sviluppata dall’esercito per i piloti di elicotteri e gli equipaggi dei tank: l’individual climate control. «Se i corps utilizzano un controllo ambientale per raffreddare la tenda, consumano 4,5 kilowatts. Se invece i 5 compressori inviano acqua fredda a 10 “vest” realizzati sui tavoli all’interno della tenda sono solo 1, 2 kilowatts. Oltre al Corpo dei Marines, anche le alte forze armate Usa si stanno fortemente impegnando per ridurre il consumo energetico e la dipendenza dai combustibili fossili. 17 basi dell’esercito stanno partecipando a programmi pilota dell’iniziativa Net Zero, secondo la quale ogni installazione deve produrre tanta energia quanta ne consuma. Per quanto riguarda la Navy, il segretario Ray Mabus ha sostenuto un piano in base al quale entro il 2020 la metà dell’energia a terra della Marina proverrà da fonti rinnovabili, mentre la metà del combustibile liquido per la sua flotta proverrà da fonti alternative. Quest’ultimo obiettivo è stato raggiunto battendo un forte ostruzionismo al Senato Usa, dove i contrari (i soliti repubblicani al soldo delle Big Oil) hanno cercato per due volte di bloccare il programma biocarburanti della Navy, sostenendo che è troppo costoso.

Eppure il National Defense Authorization Act del 2007 (quindi approvato dall’amministrazione repubblicana di George W. Bush) prevede che entro il 2025 il 25% dell’energia consumata dal Dipartimento della difesa provenga da fonti rinnovabili. Nel 2011, il comando del Corpo dei Marines ha approvato una strategia energetica che punta ad andare ancora oltre, affermando che «Nel 2025 i Marines avranno un consumo di carburante sul campo di battaglia più basso del 50%». Tutto bene, se non volesse dire che i militari Usa sono convinti che nel 2025 ci saranno ancora campi di battaglia. Ma almeno la non vittoria in Iraq e la sconfitta non ufficialmente ammessa in Afghanistan hanno convinto i militari americani che anche nelle guerre petrolifere il risparmio energetico è la chiave per vincere le battaglie, altrimenti i marines ipertecnologici sono alla mercé dei pastori talebani nelle aride montagne del Pashtunistan come lo erano dei vietcong nelle soffocanti jungle del Mekong. Secondo il brigadier general Mark Wise, del Warfing Laboratory del comando generale del Marine Corps e presidente di ExFob, lo hanno capito anche i politici: «Quando si inizia a parlare con il Congresso, alla leadership, sareste sorpresi di vedere quanto siano molto concentrati sugli investimenti nell’energia del futuro. Si rendono conto che quando si inizia a parlare di energia ibrida, si comincia a discutere non solo di come diminuire la quantità di combustibile liquido che si deve utilizzare sul campo di battaglia, ma che ora si sta parlando di generatori che richiedono meno manutenzione, durano più a lungo. Si inizia a parlare di business case. Il che suona bene per la gente. In un periodo di tagli, lo smart business è un buon modo per andare avanti».

di Umberto Mazzantini


Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa