La missione della “generazione Francesco”: da Rio de Janeiro in ogni parte del mondo come pietre vive della Chiesa
È tornato in Vaticano papa Francesco, al rientro dal viaggio per la settimana della Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro.
Atterrato a fine mattinata all’aeroporto di Ciampino, il papa è rientrato, contrariamente a quanto previsto, non in elicottero ma in macchina e questo gli ha permesso una visita lampo di ringraziamento a Santa Maria Maggiore. Una sosta improvvisata tanto che, non avendo fiori Francesco ha omaggiato la Madonna di un pallone e di una maglietta che gli erano stati donati pochi minuti prima da un gruppo di ragazzi.
C’è una curiosa circolarità tra Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco: il papa che ha inventato le Giornate mondiali della gioventù, il papa che ne ha raccolto per primo l’eredità e il papa che sta infiammando con un rinnovato vigore la ricerca di senso, proprio della giovinezza. Giovanni Paolo II inventa questi raduni a carattere internazionale a metà degli anni Ottanta e, dopo un primo esperimento a livello diocesano, la prima Giornata mondiale della gioventù si tiene a Buenos Aires nel 1987. Proprio nella capitale argentina, città dell’allora monsignor Jorge Mario Bergoglio che, nell’incontro di accoglienza dei giovani a Copacabana per questa edizione brasiliana, ha ricordato quell’evento: “custodisco vive nella memoria - ha detto papa Francesco - queste parole del beato Giovanni Paolo II ai giovani, ‘Ho tanta speranza in voi! Mi auguro soprattutto che rinnoviate la vostra fedeltà a Gesù Cristo e alla sua croce redentrice”.
E dopo quel debutto in terra argentina, Santiago de Compostela, Czestochowa, Denver, Manila, Parigi, Roma, Toronto, tutte feste della fede attorno a Karol Wojtyla. L’edizione successiva, quella programmata a Colonia nell’agosto del 2005 non vedrà più ad accogliere i giovani papa Wojtyla, scomparso quattro mesi prima. Benedetto XVI si trova così a raccogliere questo appuntamento programmato dal suo predecessore e lo fa “in casa”, nella sua Germania dove accorrono giovani da oltre 190 nazioni e poi ancora a Sydney nel 2008 e a Madrid due anni fa.
A seguito della rinuncia al pontificato di papa Ratzinger, Francesco si è ritrovato questo testimone, presiedendo dalla spiaggia di Rio de Janeiro la 28ª GMG, in terra latinoamericana quindi in un ambiente molto familiare. È da qui che Francesco ha rivolto un pensiero al papa emerito che ha accompagnato questo nuovo appuntamento dei giovani con la preghiera. Ma c’è ancora un altro anello che va a chiudere il cerchio tra i “pontefici dei giovani” ovvero l’annuncio di tenere l’edizione del 2016 a Cracovia, la città del beato – e presto santo – Giovanni Paolo II, la seconda in terra polacca dopo quella del 1991 al santuario di Czestochowa. La GMG che, a due anni dalla caduta del muro di Berlino, dava la netta sensazione che “la Chiesa in Europa – disse papa Wojtyla – può ora respirare liberamente con ambedue i suoi polmoni”.
L’edizione brasiliana della GMG si è chiusa con un bilancio decisamente entusiasmante: oltre tre milioni di giovani provenienti da tutto il mondo per incontrare il successore di Pietro, per riflettere sul loro rapporto con la fede e su quella missione scelta come tema dell’edizione di Rio: “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Così l’incontro con il papa e con migliaia e migliaia di altri giovani, diviene occasione per confrontare la propria fede se si ha, per ricercarla se si vuole o per fare comunque ordine in un angolo della propria vita. Prima con l’energico e giovane Wojtyla piegato nel corpo dagli anni e dalla malattia, senza però scalfirne l’entusiasmo; poi con il saggio Ratzinger che con il tempo ha mostrato tutta la sua grandezza e robustezza morale, dalla quale trarre lezioni non solo teologiche ma di vita; infine lo straripante Bergoglio che con la sua naturalezza e spontaneità latino americana ha ammantato di tenerezza e simpatia credenti e non.
Ma come dice quell’adagio, cambia il direttore d’orchestra ma non la musica e, al di là dei personali stili comunicativi, il messaggio al centro della GMG è sempre lo stesso, anzi si è accresciuto di anno in anno e un indubbio arricchimento è giunto dall’adorazione eucaristica introdotta da Benedetto XVI. “Se rimarrete nell’amore di Cristo, radicati nella fede, incontrerete, anche in mezzo a contrarietà e sofferenze, la fonte della gioia e dell’allegria. La fede non si oppone ai vostri ideali più alti, al contrario, li eleva e li perfeziona. Cari giovani, non conformatevi con qualcosa che sia meno della Verità e dell’Amore, non conformatevi con qualcuno che sia meno di Cristo”, raccomandava papa Benedetto nella sua omelia a Cuatro Vientos di Madrid.
Prima di lui Giovanni Paolo II non perdeva occasione di richiamare i giovani a un forte impegno, si ricorderà a questo proposito l’intensa veglia di preghiera nel 2000 a Roma, con quella chiamata a una decisa assunzione di responsabilità, anche sul piano sociale dove può trovare vera e concreta proiezione lo spirito cristiano più vero e genuino, non quello – come ama ripetere papa Francesco – dei “cristiani part-time”, “inamidati e di facciata”. Per questo Giovanni Paolo II esortava i giovani a una specie di giuramento morale: “voi non vi rassegnerete a un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti”.
E oggi papa Francesco che a Rio ha invitato i giovani a essere il campo della fede, dove possa germogliare la parola di Dio; gli atleti di Cristo che, attraverso un adeguato allenamento, possano affrontare senza paura tutte le situazioni della vita e testimoniare la propria fede; i costruttori di una Chiesa più bella e di un mondo migliore. Un invito a essere le pietre vive di una Chiesa che non sia “una piccola cappella che può contenere solo un gruppetto di persone” - ha rimarcato papa Francesco - ma “così grande da poter accogliere l’intera umanità”.
di Elisabetta Lo Iacono
Atterrato a fine mattinata all’aeroporto di Ciampino, il papa è rientrato, contrariamente a quanto previsto, non in elicottero ma in macchina e questo gli ha permesso una visita lampo di ringraziamento a Santa Maria Maggiore. Una sosta improvvisata tanto che, non avendo fiori Francesco ha omaggiato la Madonna di un pallone e di una maglietta che gli erano stati donati pochi minuti prima da un gruppo di ragazzi.
C’è una curiosa circolarità tra Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco: il papa che ha inventato le Giornate mondiali della gioventù, il papa che ne ha raccolto per primo l’eredità e il papa che sta infiammando con un rinnovato vigore la ricerca di senso, proprio della giovinezza. Giovanni Paolo II inventa questi raduni a carattere internazionale a metà degli anni Ottanta e, dopo un primo esperimento a livello diocesano, la prima Giornata mondiale della gioventù si tiene a Buenos Aires nel 1987. Proprio nella capitale argentina, città dell’allora monsignor Jorge Mario Bergoglio che, nell’incontro di accoglienza dei giovani a Copacabana per questa edizione brasiliana, ha ricordato quell’evento: “custodisco vive nella memoria - ha detto papa Francesco - queste parole del beato Giovanni Paolo II ai giovani, ‘Ho tanta speranza in voi! Mi auguro soprattutto che rinnoviate la vostra fedeltà a Gesù Cristo e alla sua croce redentrice”.
E dopo quel debutto in terra argentina, Santiago de Compostela, Czestochowa, Denver, Manila, Parigi, Roma, Toronto, tutte feste della fede attorno a Karol Wojtyla. L’edizione successiva, quella programmata a Colonia nell’agosto del 2005 non vedrà più ad accogliere i giovani papa Wojtyla, scomparso quattro mesi prima. Benedetto XVI si trova così a raccogliere questo appuntamento programmato dal suo predecessore e lo fa “in casa”, nella sua Germania dove accorrono giovani da oltre 190 nazioni e poi ancora a Sydney nel 2008 e a Madrid due anni fa.
A seguito della rinuncia al pontificato di papa Ratzinger, Francesco si è ritrovato questo testimone, presiedendo dalla spiaggia di Rio de Janeiro la 28ª GMG, in terra latinoamericana quindi in un ambiente molto familiare. È da qui che Francesco ha rivolto un pensiero al papa emerito che ha accompagnato questo nuovo appuntamento dei giovani con la preghiera. Ma c’è ancora un altro anello che va a chiudere il cerchio tra i “pontefici dei giovani” ovvero l’annuncio di tenere l’edizione del 2016 a Cracovia, la città del beato – e presto santo – Giovanni Paolo II, la seconda in terra polacca dopo quella del 1991 al santuario di Czestochowa. La GMG che, a due anni dalla caduta del muro di Berlino, dava la netta sensazione che “la Chiesa in Europa – disse papa Wojtyla – può ora respirare liberamente con ambedue i suoi polmoni”.
L’edizione brasiliana della GMG si è chiusa con un bilancio decisamente entusiasmante: oltre tre milioni di giovani provenienti da tutto il mondo per incontrare il successore di Pietro, per riflettere sul loro rapporto con la fede e su quella missione scelta come tema dell’edizione di Rio: “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Così l’incontro con il papa e con migliaia e migliaia di altri giovani, diviene occasione per confrontare la propria fede se si ha, per ricercarla se si vuole o per fare comunque ordine in un angolo della propria vita. Prima con l’energico e giovane Wojtyla piegato nel corpo dagli anni e dalla malattia, senza però scalfirne l’entusiasmo; poi con il saggio Ratzinger che con il tempo ha mostrato tutta la sua grandezza e robustezza morale, dalla quale trarre lezioni non solo teologiche ma di vita; infine lo straripante Bergoglio che con la sua naturalezza e spontaneità latino americana ha ammantato di tenerezza e simpatia credenti e non.
Ma come dice quell’adagio, cambia il direttore d’orchestra ma non la musica e, al di là dei personali stili comunicativi, il messaggio al centro della GMG è sempre lo stesso, anzi si è accresciuto di anno in anno e un indubbio arricchimento è giunto dall’adorazione eucaristica introdotta da Benedetto XVI. “Se rimarrete nell’amore di Cristo, radicati nella fede, incontrerete, anche in mezzo a contrarietà e sofferenze, la fonte della gioia e dell’allegria. La fede non si oppone ai vostri ideali più alti, al contrario, li eleva e li perfeziona. Cari giovani, non conformatevi con qualcosa che sia meno della Verità e dell’Amore, non conformatevi con qualcuno che sia meno di Cristo”, raccomandava papa Benedetto nella sua omelia a Cuatro Vientos di Madrid.
Prima di lui Giovanni Paolo II non perdeva occasione di richiamare i giovani a un forte impegno, si ricorderà a questo proposito l’intensa veglia di preghiera nel 2000 a Roma, con quella chiamata a una decisa assunzione di responsabilità, anche sul piano sociale dove può trovare vera e concreta proiezione lo spirito cristiano più vero e genuino, non quello – come ama ripetere papa Francesco – dei “cristiani part-time”, “inamidati e di facciata”. Per questo Giovanni Paolo II esortava i giovani a una specie di giuramento morale: “voi non vi rassegnerete a un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti”.
E oggi papa Francesco che a Rio ha invitato i giovani a essere il campo della fede, dove possa germogliare la parola di Dio; gli atleti di Cristo che, attraverso un adeguato allenamento, possano affrontare senza paura tutte le situazioni della vita e testimoniare la propria fede; i costruttori di una Chiesa più bella e di un mondo migliore. Un invito a essere le pietre vive di una Chiesa che non sia “una piccola cappella che può contenere solo un gruppetto di persone” - ha rimarcato papa Francesco - ma “così grande da poter accogliere l’intera umanità”.
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