mercoledì, luglio 24, 2013
Quando l'informazione regredisce in spettacolo. Si replica il drammatico film di Lady Diana.

Molte volte la storia non corre sulla strada dritta del progresso, ma su quella buia, accidentata del regresso. In genere la locomotiva della politica trascina in su o in giù gli altri vagoni (economia, cultura, costume, informazione). Può vincere la follia. È il caso del “royal baby”, già l’aulica dizione dice tutto. Il neonato è figlio della duchessa Catherine Elisabeth Middleton e del principe William Arthur Philip Louis Windsor, duca di Cambridge, secondo erede in linea di successione al trono della Gran Bretagna. Giornali, televisioni, radio, siti web da giorni martellano lettori ed ascoltatori con la notizia della nascita del pronipote della regina Elisabetta II, un fatto non proprio di prima grandezza. Eppure la notizia va in prima pagina e dilaga nelle pagine interne. Martedì Il Corriere della Sera, tra le testate più sobrie, ha messo la notizia in prima e ha dedicato alla faccenda due pagine interne. Ha scritto: «Il figlio di William e Kate, erede al trono britannico, è nato ieri pomeriggio alle 16,24 ora locale (in Italia un’ora più tardi). Il piccolo pesava alla nascita 3 chili e 800 grammi». Notizie certamente non clamorose, eppure erano in prima pagina. Su tutti i giornali si leggeva la soddisfazione della bisnonna regina: «Siamo felicissimi». Il nonno Carlo principe del Galles è stato “felicissimo”, il papà William si è mostrato “felicissimo”.

Alcune tv e radio hanno dato l’evento addirittura come prima notizia, in lunghe dirette dal St. Mary’s di Londra, la clinica dove è nato il principino. Eppure nella giornata c’erano notizie ben più importanti. L’informazione si è fatta spettacolo. È scattata una psicosi. È stato un crescendo dai toni tragi-comici. Radio Montecarlo nel giornale radio delle 21 di martedì ha perfino aperto il notiziario con un servizio sull’uscita del “royal baby” dalla clinica assieme ai principeschi genitori. “Emozione”, “tanta emozione”, “emozionatissimi” i termini più ricorrenti. E poi gli interrogativi sul nome. Il principino si chiamerà George, James o come? Il padre William ha precisato: «Stiamo ancora pensando al nome. Quando lo abbiamo visto abbiamo pensato a Charles». Uno sfavillante spettacolo di teste coronate da anni Cinquanta. Sesso, sangue, soldi, salute, sciagure. Una volta nei giornali erano denominate le “cinque esse”, ovvero la formula magica del successo per vendere copie. In genere almeno “due esse” ogni giorno dovevano stare in prima pagina per lanciare il quotidiano o il settimanale. Ma nel caso del “royal baby” non si vedono “esse”, eppure l’informazione italiana, quella inglese e quella internazionale sono entrate in fibrillazione trasformando una comune nascita in un grande evento mediatico.

E allora? Basta scavare e si trovano “le cinque esse”. Sesso, soldi, sangue, sciagure, salute ci sono tutti nella drammatica vicenda di Lady Diana Spencer, nonna del “royal baby”, la bellissima Lady D tragicamente morta a Parigi a soli 36 anni in un rocambolesco incidente stradale con il suo compagno Dodi Al-Fayed. L’irrequieta principessa del Galles, divorziata dal marito Carlo, ebbe una vita tormentata: tradimenti del consorte, contestazione dei riti della casa reale britannica, amanti, feste lussuose, impegno sociale in favore degli ultimi della terra, alla mano con i più poveri. Nacque il suo mito: “La regina del popolo”. Quando morì nel 1997, milioni di persone resero omaggio al suo feretro a Londra.

L’informazione britannica e mondiale ingigantirono l’evento dedicandogli uno spazio enorme: continui servizi televisivi e radiofonici, quasi la metà dei giornali dedicati alla sua morte. Divenne un mito, una eroina, ci fu una “santificazione mediatica”. Alle volte è l’offerta che crea la domanda, così fu per Lady D. Nessun giornale osò chiamarsi fuori dalla spettacolarizzazione della morte del “Cigno triste”: si vendevano più giornali e aumentavano gli ascolti televisivi. Lady D ha tirato la volata al nipotino. Non a caso quando nacque William, la notizia ebbe solo un titolo di taglio basso nelle pagine interne dei quotidiani. Adesso con “il royal baby”, il nipotino, si sta replicando il drammatico film. Probabilmente il principino manterrà ancora le prime pagine fino alla fine del mistero (si fa per dire), all’annuncio del suo nome. Ancora una volta, per fare spazio, sono accantonate o ridimensionate notizie più importanti (la visita di Papa Francesco in Brasile, la crescita boom della disoccupazione e del debito pubblico, la battaglia contro la recessione economica). La religione è l’oppio dei popoli, sosteneva Carlo Marx. In questo caso il “royal baby” è l’oppio mediatico dei popoli, l’informazione regredisce alla mitizzazione delle teste coronate e tende a cancellare povertà e ingiustizie sociali.

La cosa non fa bene ai giornali né sul piano della qualità né sul piano economico. Non a caso negli ultimi dieci anni le vendite di giornali e gli ascolti dei Tg sono crollati. Giorgio Gaber cantava: «Non mi fa male la libertà di stampa, mi fa male la stampa».

di Rodolfo Ruocco (rodolfo.ruocco@rai.it)

articolo orginale


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