sabato, luglio 27, 2013
Cosa c'è dietro il clima intimidatorio che si torna a respirare a Palermo? Perchè queste minacce ai pm che lavorano sulla trattativa Stato-mafia? Una risposta alla criminalità organizzata viene dalla società civile anche dal Cantiere legalità di Caserta

Città Nuova - Nel 1992 si rincorreva in città, a Palermo, la notizia: è arrivato il tritolo per Borsellino. Sarà vero? Si chiedevano in tanti in quei giorni. Una domanda forse suggerita dalla voglia di non crederci, dal desiderio di non dover fare altri funerali. Ma la realtà fu spietata come del resto ampiamente anticipata. Dopo la bomba che sventrò l’autostrada che dall’aeroporto porta a Palermo e dove trovarono la morte il giudice Giovanni Falcone, la moglie Morvillo e gli agenti della scorta, poco dopo – il 19 luglio – un’altra bomba, anch’essa anticipata e annunziata, avrebbe ucciso il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta.

Oggi sembra si voglia ripetere la stessa drammatica liturgia. In una lettera, giunta alla Procura di Palermo lo scorso aprile, si legge: «amici romani di Matteo (Messina Denaro, il super latitante di Cosa Nostra, ndr), hanno deciso di eliminare il pm Di Matteo in questo momento di confusione istituzionale, per fermare questa deriva di ingovernabilità. Cosa nostra ha dato il suo assenso, ma io non sono d’accordo». La lettera sembra essere stata scritta da uno dei componenti del commando di morte che sembra avere conoscenze molto dettagliate circa gli spostamenti e le misure di protezione del pubblico ministero Di Matteo.

Inoltre, un confidente, sembra che nei primi giorni del mese di luglio abbia fatto riferimento a “quindici chili di tritolo” , arrivati in città e destinati ad un attentato. Quindi di nuovo un progetto di morte annunziata: Palermo di nuovo “candidata” ad un’altra strage… Sarà un caso, ma i magistrati che si occupano della trattativa Stato-mafia oltre al pubblico ministero Di Matteo, sono il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. Due settimane fa, qualcuno ha fatto irruzione nella casa di Tartaglia – in pieno centro cittadino – ed hanno portato via una pen drive. Al Del Bene, nei mesi scorsi, sono giunte minacce da due mafiosi detenuti.

Insomma l’atmosfera non è delle più tranquille tant’è che, sempre nella missiva anonima giunta in Procura, per eliminare il pubblico ministero Di Matteo il super latitante Matteo Messina Denaro avrebbe «coinvolto altri uomini d’onore, anche detenuti».

Il Procuratore capo di Palermo Messineo non nasconde la sua preoccupazione: «C’è allarme, come per tutto quello che riguarda la sicurezza di ogni magistrato», ma naturalmente la preoccupazione la vive tutta intera la comunità palermitana proprio perché sembra ripetersi il drammatico copione di venti anni fa, quando nel silenzio e nello stallo istituzionale sono giunte le bombe delle stragi di Capaci e di via d’Amelio.

Un’ altra notazione. Da oltre un mese è stato commissionato uno studio dal Cosp (Centro operativo soccorso pubblico) sulla possibilità di installare sulla auto blindate il “jammer”, un disturbatore di frequenza (peraltro già in uso in alcuni paesi europei come prevenzione anti-terrorismo). Il “jammer”, in buona sostanza, sarebbe in grado di impedire i collegamenti via Gps[1], rendendo di fatto impossibili le esplosioni telecomandate.

Salvatore Borsellino – fratello del giudice Paolo – sostiene che Falcone già conosceva questa tecnica e dopo l’attentato alla sua villa all’Addaura ne avrebbe fatto richiesta al ministero, che però non era d’accordo sulla installazione perché poteva danneggiare i portatori di pacemaker. In realtà il jammer non è mai stato messo in funzione oltre che per il fatto che danneggiava i portatori di pacemaker, anche perché disturbava i sistemi di allarme radiocomandati. Lo studio commissionato in questi mesi a Palermo serve proprio a valutare la possibilità di utilizzare un jammer di potenza ridotta che possa essere capace di bloccare i telecomandi degli esplosivi, ma senza interferire con i sistemi di uso civile.

Ma al di là di questioni tecniche riguardanti la sicurezza, rimane il fatto che anche in questo caso la comunità di un territorio (in questo caso Palermo) deve stringersi attorno alle sue istituzioni. Sembra che la guerra, purtroppo, non sia finita e quindi nemmeno la necessità che ogni città, ogni comunità, diventi presidio concreto e quotidiano di legalità attiva fatto di continui gesti quotidiani, tutti indirizzati al bene comune. La lotta contro le mafie e le criminalità organizzata non è facile, è vero, ma ciascuno di noi può contribuire mantenendo viva la coscienza e mantenendo viva la comunità.

Lunedi prossimo (29 luglio) avrà inizio a Caserta il Cantiere legalità del Progetto Italia, dove centinaia di giovani provenienti da tutta Italia si incontreranno per scambiarsi idee, esperienze, difficoltà ed anche per parlare di futuro, di come questo Paese può essere liberato dalle mafie.

Anch’io sono stato invitato a partecipare e lo farò con la consapevolezza della asperità della battaglia che ci aspetta, ma anche con la certezza (per averla vissuta in giro per l’Italia in questi anni con centinaia e centinaia di ragazzi) che la legalità non solo favorisce la crescita economica, ma rafforza la nostra democrazia e le nostre comunità.

Il cantiere legalità di Caserta è, in questo senso, uno dei servizi più concreti che possiamo fare oggi per le nostre istituzioni e per la politica. Che questo servizio venga dai giovani, poi, è l’aspetto più affascinante!

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