mercoledì, luglio 31, 2013
Ha rassegnato le dimissioni il ministro dell’Istruzione, Salem Labyedh, professore di sociologia e tecnocrate indipendente, che era entrato a far parte del governo lo scorso marzo.

Misna - Labyedh ha dichiarato che la sua decisione è stata motivata dall’uccisione, una settimana fa, dell’oppositore Mohamed Brahmi, “un assassinio che l’esecutivo ha imputato ad estremisti salafiti”. L’opposizione, a cominciare dal Movimento popolare, partito laico di cui Brahmi era il capo, punta invece il dito contro Ennahda. Alcune fonti di stampa tunisine e panarabe hanno ricollegato la decisione di Labyedh alle crescenti pressioni esercitate sul governo dominato dal partito islamico moderato di Ennahda e alla crisi politico-istituzionale in atto.

Da diversi giorni proteste di strada si svolgono nel paese del Nord Africa nelle ore serali, quando si interrompe il digiuno del ramadan: i manifestanti di opposizione chiedono le dimissioni dell’intero governo, la formazione di un esecutivo di unione nazionale e la dissoluzione dell’Assemblea nazionale costituente (Anc). Hanno sospeso le proprie attività in parlamento 65 deputati, su un totale di 217, in un momento cruciale per il futuro della Tunisia. L’Anc deve approvare la nuova Costituzione, come prima tappa del processo che porterà nuovamente i cittadini alle urne entro la fine dell’anno.

Nelle ultime ore ha ammorbidito le proprie posizioni la direzione di Ennahda. Dopo aver respinto ogni possibile scioglimento del governo, alti esponenti del partito islamico si sono detti “aperti a tutte le proposte per raggiungere un accordo sulla formazione di un gabinetto di unione o di salvezza nazionale” ha dichiarato Ameur Larayedh. Queste parole sono state accolte come un segnale di apertura verso le rivendicazioni dell’opposizione ma anche di Ettakatol, uno dei tre partiti dell’attuale coalizione di governo. “Invece la dissoluzione dell’Anc è una linea rossa da non varcare” ha precisato il dirigente di Ennahda.

Inoltre, anche il ministro dell’Interno, Lofti Ben Jeddou, un altro indipendente in carica da quattro mesi, si è detto “sul punto di rassegnare le dimissioni”, invitando tutte le parti a “superare i propri egoismi per far fronte alle sfide e combattere il terrorismo”.

Oltre alla crisi politica causata dall’uccisione di Bhrami e dalle divisioni all’interno della coalizione di governo, la Tunisia deve anche fare i conti con la crescente minaccia del terrorismo sul proprio territorio nazionale. Al secondo giorno del lutto nazionale decretato dopo l’uccisione di militari da parte di combattenti di un gruppo armato legato ad Al Qaeda nel magre islamico (Aqmi) nella regione del monte Chaambi (ovest), al confine dell’Algeria, la tensione è nuovamente cresciuta. Stamattina un ordigno artigianale azionato a distanza è esploso al passaggio di una pattuglia di gendarmi della Guardia nazionale a Mhamdia, a 30 km da Tunisi, ma senza fare vittime.


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