Comunicato di Aiuto alla Chiesa che Soffre contenente le testimonianze di alcune vittime degli attacchi estremisti, incontrate nel nord della Nigeria nel maggio scorso
«Si può discutere se le ragioni alla base degli attentati di Boko Haram siano di natura religiosa, politica oppure economica. È però innegabile che le violenze hanno volutamente colpito la comunità cristiana e i fedeli stanno soffrendo terribilmente». Regina Lynch, responsabile internazionale della sezione progetti di Aiuto alla Chiesa che Soffre, descrive la drammatica condizione dei cristiani nigeriani al termine di un viaggio compiuto nel paese africano. Nel maggio scorso - nei giorni in cui il presidente Goodluck Jonathan dichiarava lo stato di emergenza nei tre stati settentrionali di Borno, Yobe e Adamawa - una delegazione internazionale della fondazione pontificia ha visitato il nord della Nigeria e incontrato alcune vittime degli attacchi estremisti.
Tra loro Chioma Dike che nell’esplosione del 25 dicembre 2011 nella Chiesa di Santa Teresa a Madalla, nella periferia della capitale Abuja, ha perso suo marito Williams e tre dei suoi cinque figli: Emmanuel, quattro anni, Richard, sei, e Lilian, dieci. I suoi altri due bambini sono rimasti gravemente feriti. «Williams aveva portato i piccoli a messa – racconta ad ACS – mentre io ero rimasta a casa a preparare il pranzo di Natale». La tragedia che ha distrutto la sua vita non ha però minimamente scalfito la sua fede. «Ho il cuore spezzato e solo Dio può guarirlo».
In un altro epicentro in cui si scatena la violenza della setta fondamentalista, la diocesi di Maiduguri, la fondazione pontificia è stata accolta da padre John Bakeni, parroco di una piccola chiesa vicino al confine con il Niger. «Nei tre mesi successivi al mio arrivo non sono mai riuscito a dormire – ricorda il giovane sacerdote – alcuni uomini continuavano a sparare e a lanciare pietre e animali morti oltre il muro della parrocchia».
Nelle diverse diocesi visitate dalla delegazione di ACS le testimonianze variano notevolmente in base alla gravità degli attentati subiti. «Assolutamente identico – fa notare la Lynch - era però il calore con cui ogni volta siamo stati accolti. Nessuno poteva credere che qualcuno potesse rischiare la vita unicamente per incontrarli».
Dal 2007 a oggi nel Nord della Nigeria oltre 100 chiese sono state colpite dagli estremisti, mentre nel solo 2012 più di 900 cristiani in Nigeria sono stati uccisi in odio alla fede. Nonostante l’indicibile sofferenza, la Chiesa del “gigante africano” è ancora viva e dinamica, come dimostrano i suoi numeri. Nelle quarantotto diocesi del paese ogni anno si celebrano oltre mezzo milione di battesimi, le religiose sono più di 4600, mentre i sacerdoti e i religiosi sono circa 4200. Anche la quantità di vocazioni è impressionante – oltre 6mila seminaristi – e molti rettori di seminari hanno chiesto aiuto ad ACS per ingrandire o rinnovare le strutture, e non essere costretti a rifiutare nuovi studenti. L’ultimo progetto approvato dalla fondazione pontificia è un contributo di 18mila euro devoluto al seminario maggiore di Saint Augustine di Jos, nello stato di Plateau. «La nostra provincia è tra quelle più duramente colpite dai fondamentalisti - spiega ad ACS-Italia il rettore, padre Sylvester Dagin – Eppure non mancano giovani che, dopo aver guardato in faccia la morte, scelgono la via del sacerdozio, determinati a portare la propria testimonianza di fede ai loro connazionali». La Chiesa nigeriana continua la sua missione al fianco della comunità, invitando i fedeli a perdonare i propri persecutori e a desistere dal desiderio di vendetta. «Purtroppo però questa non è l’unica sfida da affrontare», afferma Regina Lynch. Con l’incessante proseguire delle violenze sono infatti sempre più numerosi i cristiani che fuggono dal nord del paese, lasciando la Chiesa priva di fedeli e di sostegno economico. «Tante parrocchie hanno visto le offerte diminuire di oltre il 50% e oggi hanno bisogno del nostro aiuto. Dobbiamo sostenere i sacerdoti, i catechisti, i seminaristi e le tante scuole cattoliche. E dobbiamo assicurare il nostro supporto alla ricostruzione delle chiese distrutte, alla pastorale delle vittime di tante atrocità e, non ultimo, alla promozione del dialogo interreligioso».
Dal 2009 al 2012 Aiuto alla Chiesa che Soffre ha sostenuto progetti in favore della Chiesa in Nigeria per un totale di circa 2milioni e 500mila euro. Nel 2013 la fondazione pontificia ha già approvato progetti per un totale di oltre 600mila euro.
«Si può discutere se le ragioni alla base degli attentati di Boko Haram siano di natura religiosa, politica oppure economica. È però innegabile che le violenze hanno volutamente colpito la comunità cristiana e i fedeli stanno soffrendo terribilmente». Regina Lynch, responsabile internazionale della sezione progetti di Aiuto alla Chiesa che Soffre, descrive la drammatica condizione dei cristiani nigeriani al termine di un viaggio compiuto nel paese africano. Nel maggio scorso - nei giorni in cui il presidente Goodluck Jonathan dichiarava lo stato di emergenza nei tre stati settentrionali di Borno, Yobe e Adamawa - una delegazione internazionale della fondazione pontificia ha visitato il nord della Nigeria e incontrato alcune vittime degli attacchi estremisti.
Tra loro Chioma Dike che nell’esplosione del 25 dicembre 2011 nella Chiesa di Santa Teresa a Madalla, nella periferia della capitale Abuja, ha perso suo marito Williams e tre dei suoi cinque figli: Emmanuel, quattro anni, Richard, sei, e Lilian, dieci. I suoi altri due bambini sono rimasti gravemente feriti. «Williams aveva portato i piccoli a messa – racconta ad ACS – mentre io ero rimasta a casa a preparare il pranzo di Natale». La tragedia che ha distrutto la sua vita non ha però minimamente scalfito la sua fede. «Ho il cuore spezzato e solo Dio può guarirlo».
In un altro epicentro in cui si scatena la violenza della setta fondamentalista, la diocesi di Maiduguri, la fondazione pontificia è stata accolta da padre John Bakeni, parroco di una piccola chiesa vicino al confine con il Niger. «Nei tre mesi successivi al mio arrivo non sono mai riuscito a dormire – ricorda il giovane sacerdote – alcuni uomini continuavano a sparare e a lanciare pietre e animali morti oltre il muro della parrocchia».
Nelle diverse diocesi visitate dalla delegazione di ACS le testimonianze variano notevolmente in base alla gravità degli attentati subiti. «Assolutamente identico – fa notare la Lynch - era però il calore con cui ogni volta siamo stati accolti. Nessuno poteva credere che qualcuno potesse rischiare la vita unicamente per incontrarli».
Dal 2007 a oggi nel Nord della Nigeria oltre 100 chiese sono state colpite dagli estremisti, mentre nel solo 2012 più di 900 cristiani in Nigeria sono stati uccisi in odio alla fede. Nonostante l’indicibile sofferenza, la Chiesa del “gigante africano” è ancora viva e dinamica, come dimostrano i suoi numeri. Nelle quarantotto diocesi del paese ogni anno si celebrano oltre mezzo milione di battesimi, le religiose sono più di 4600, mentre i sacerdoti e i religiosi sono circa 4200. Anche la quantità di vocazioni è impressionante – oltre 6mila seminaristi – e molti rettori di seminari hanno chiesto aiuto ad ACS per ingrandire o rinnovare le strutture, e non essere costretti a rifiutare nuovi studenti. L’ultimo progetto approvato dalla fondazione pontificia è un contributo di 18mila euro devoluto al seminario maggiore di Saint Augustine di Jos, nello stato di Plateau. «La nostra provincia è tra quelle più duramente colpite dai fondamentalisti - spiega ad ACS-Italia il rettore, padre Sylvester Dagin – Eppure non mancano giovani che, dopo aver guardato in faccia la morte, scelgono la via del sacerdozio, determinati a portare la propria testimonianza di fede ai loro connazionali». La Chiesa nigeriana continua la sua missione al fianco della comunità, invitando i fedeli a perdonare i propri persecutori e a desistere dal desiderio di vendetta. «Purtroppo però questa non è l’unica sfida da affrontare», afferma Regina Lynch. Con l’incessante proseguire delle violenze sono infatti sempre più numerosi i cristiani che fuggono dal nord del paese, lasciando la Chiesa priva di fedeli e di sostegno economico. «Tante parrocchie hanno visto le offerte diminuire di oltre il 50% e oggi hanno bisogno del nostro aiuto. Dobbiamo sostenere i sacerdoti, i catechisti, i seminaristi e le tante scuole cattoliche. E dobbiamo assicurare il nostro supporto alla ricostruzione delle chiese distrutte, alla pastorale delle vittime di tante atrocità e, non ultimo, alla promozione del dialogo interreligioso».
Dal 2009 al 2012 Aiuto alla Chiesa che Soffre ha sostenuto progetti in favore della Chiesa in Nigeria per un totale di circa 2milioni e 500mila euro. Nel 2013 la fondazione pontificia ha già approvato progetti per un totale di oltre 600mila euro.
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