martedì, agosto 13, 2013
Una Corte provinciale ha emesso la sentenza contro Musa Hesen e Rehman Hupur, coinvolti negli scontri di aprile a Kashgar, dove morirono 21 persone. Per i giudici sono colpevoli anche di aver fondato un un gruppo “che ha portato avanti per anni attività religiose illegali con lo scopo di promuovere l’estremismo”. La popolazione li difende.

Urumqi (AsiaNews) - Il governo della provincia settentrionale del Xinjiang ha condannato questa mattina alla pena capitale due membri dell'etnia uighura arrestati dopo gli scontri di aprile nella prefettura di Kashgar, nel corso dei quali morirono 21 persone. i giudici hanno riconosciuto Musa Hesen e Rehman Hupur colpevoli di "terrorismo" e di "omicidio volontario".

 Musa, inoltre, è stato accusato di aver fondato un gruppo "che ha portato avanti per anni attività religiose illegale con lo scopo di promuovere l'estremismo".La provincia è una delle più turbolente di tutta la Cina: qui vive l'etnia uighura, turcofona e di religione islamica, che ha sempre cercato di ottenere l'indipendenza da Pechino. Il governo centrale, da parte sua, ha inviato nella zona centinaia di migliaia di cinesi di etnia han per cercare di renderli l'etnia dominante. Inoltre impone serie restrizioni alla libertà religiosa, alla pratica musulmana, all'insegnamento della lingua e della cultura locale.

Dal 2009 è in atto un regime speciale di controllo da parte della polizia e dell'esercito cinese, imposto da Pechino dopo gli scontri nei quali quasi 200 persone persero la vita. In seguito a quelle violenze sono state inflitte centinaia di condanne a pene detentive e decine di condanne a morte. Le autorità cinesi ritengono che i responsabili delle violenze siano estremisti musulmani, ma gli esuli sostengono che Pechino "esagera" la minaccia del terrorismo islamico per giustificare la repressione contro la popolazione uighura. Anche le ultime violenze (in ordine di tempo) sono state riportate in maniera diversa.

Secondo la polizia, gli scontri sono nati dopo un'indagine compiuta nella casa di uno dei condannati che "nascondeva esplosivi utili per fare 10 bombe". I presunti terroristi avrebbero rapito gli agenti con l'inganno, dando poi fuoco alla casa per farli morire all'interno. La popolazione sostiene invece che le violenze sono nate dopo l'imposizione da parte dei funzionari di pubblica sicurezza di "tagliare la barba agli uomini e levare il velo alle donne" della cittadina di Selibuya.


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