Sono almeno 30 le chiese (copte, cattoliche, ortodosse e protestanti) date alle fiamme in questi giorni in Egitto.
Radio Vaticana - E poi sono stati presi di mira anche case, scuole, monasteri e negozi gestiti dai cristiani, da Suez a Minya, da Sohag ad Assiut. Della situazione in Egitto, delle preoccupazioni della popolazione e dei cristiani, Fausta Speranza ha parlato con il vescovo di Giza, mons. Antonious Aziz Mina: ascolta
R. - La preoccupazione è grande. Tutto il popolo è compatto, tranne questi Fratelli Musulmani che hanno governato per un anno facendo vedere il peggio di quello che hanno da esprimere. Le statistiche dicono che gli appartenenti al gruppo non sono più di 700 mila. Adesso emerge che sono legati ad Al Qaeda, un’organizzazione terroristica, e anche ad Hamas. Non hanno alcun interesse, né per il Paese, né per gli egiziani, per nessuno. Hanno un unico interesse: quello dei Fratelli Musulmani. In questi ultimi giorni sono state bruciate decine di chiese tra cattoliche, ortodosse e protestanti. Pensano che, in questo modo, i cristiani entreranno in conflitto con il governo e con l’esercito e pensano dunque di seminare il disordine in tutto il Paese. Invece, i cristiani sono consapevoli che c’è un prezzo da pagare per isolare queste fazioni che non hanno alcuna forza ed esperienza politica. La forza che hanno è solamente terroristica.
D. - Qual è il filo che tiene uniti i cristiani?
R. - Noi siamo uniti in Cristo nella preghiera. In ogni Paese la situazione dei cristiani è diversa. Non si può paragonare la situazione dei cristiani in Libano con quella dei cristiani in Egitto, in Iraq, in Siria. In ogni Paese la situazione è differente. In Egitto, c’è una grande presenza cristiana, anche se non cattolica. Ma all’interno, questa presenza dei cristiani - cattolici, ortodossi, protestanti - è compatta. Hanno sempre le stesse posizioni e oggi li vediamo tutti compatti per dire: “No al terrorismo, no a questa violenza!”. E questo ‘no’ è molto pacifico.
D. - Lei ci dice di un Paese non spaccato, non fratricida, però all’interno del mondo musulmano, un fermento ed un contrasto c’è…
R. - Si vede che ci sono interessi - oserei dire - internazionali che sostengono questi Fratelli Musulmani. La verità ha mille facce. Finora l’Egitto era l’equilibrio di tutto il Medio Oriente, e non so chi sia interessato a distruggerlo.
D. - Che cosa direbbe a chi afferma che l’Egitto è sull’orlo della guerra civile?
R. - Non c’è una guerra civile! Si parla di guerra civile quando ci sono due fazioni ben distinte. Se queste fazioni manifestassero pacificamente nessuno direbbe nulla! Invece, vediamo bruciare, torturare, uccidere, distruggere… Non c’è una guerra civile!
Radio Vaticana - E poi sono stati presi di mira anche case, scuole, monasteri e negozi gestiti dai cristiani, da Suez a Minya, da Sohag ad Assiut. Della situazione in Egitto, delle preoccupazioni della popolazione e dei cristiani, Fausta Speranza ha parlato con il vescovo di Giza, mons. Antonious Aziz Mina: ascolta
R. - La preoccupazione è grande. Tutto il popolo è compatto, tranne questi Fratelli Musulmani che hanno governato per un anno facendo vedere il peggio di quello che hanno da esprimere. Le statistiche dicono che gli appartenenti al gruppo non sono più di 700 mila. Adesso emerge che sono legati ad Al Qaeda, un’organizzazione terroristica, e anche ad Hamas. Non hanno alcun interesse, né per il Paese, né per gli egiziani, per nessuno. Hanno un unico interesse: quello dei Fratelli Musulmani. In questi ultimi giorni sono state bruciate decine di chiese tra cattoliche, ortodosse e protestanti. Pensano che, in questo modo, i cristiani entreranno in conflitto con il governo e con l’esercito e pensano dunque di seminare il disordine in tutto il Paese. Invece, i cristiani sono consapevoli che c’è un prezzo da pagare per isolare queste fazioni che non hanno alcuna forza ed esperienza politica. La forza che hanno è solamente terroristica.
D. - Qual è il filo che tiene uniti i cristiani?
R. - Noi siamo uniti in Cristo nella preghiera. In ogni Paese la situazione dei cristiani è diversa. Non si può paragonare la situazione dei cristiani in Libano con quella dei cristiani in Egitto, in Iraq, in Siria. In ogni Paese la situazione è differente. In Egitto, c’è una grande presenza cristiana, anche se non cattolica. Ma all’interno, questa presenza dei cristiani - cattolici, ortodossi, protestanti - è compatta. Hanno sempre le stesse posizioni e oggi li vediamo tutti compatti per dire: “No al terrorismo, no a questa violenza!”. E questo ‘no’ è molto pacifico.
D. - Lei ci dice di un Paese non spaccato, non fratricida, però all’interno del mondo musulmano, un fermento ed un contrasto c’è…
R. - Si vede che ci sono interessi - oserei dire - internazionali che sostengono questi Fratelli Musulmani. La verità ha mille facce. Finora l’Egitto era l’equilibrio di tutto il Medio Oriente, e non so chi sia interessato a distruggerlo.
D. - Che cosa direbbe a chi afferma che l’Egitto è sull’orlo della guerra civile?
R. - Non c’è una guerra civile! Si parla di guerra civile quando ci sono due fazioni ben distinte. Se queste fazioni manifestassero pacificamente nessuno direbbe nulla! Invece, vediamo bruciare, torturare, uccidere, distruggere… Non c’è una guerra civile!
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