lunedì, agosto 19, 2013
Terza intimidazione in due mesi a Casagiove in provincia di Caserta per don Stefano Giaquinto, il parroco che dal pulpito ha più volte fatto nomi e cognomi di camorristi, denunciando traffico di droga, pizzo e illegalità.  

Radio Vaticana - Nella notte di ferragosto un rogo è stato appiccato davanti al centro per tossicodipendenti “Il Nazareno” legato alla parrocchia di Santa Maria della Vittoria. “Non mi fermeranno , credo in una Chiesa che denuncia per annunciare” spiega don Giaquinto al microfono di Paolo Ondarza: ascolta
R. - Io sono un prete e non faccio niente di straordinario; sono cose ordinarie. “Io sono un povero viandante in questa vigna”, come diceva il Papa emerito, in questa terra bella che è il Mezzogiorno. Io dico questo alla gente: “Non lasciatevi rubare la speranza”, perché la camorra è un piccolo numero, noi siamo più della camorra! Noi siamo di più di coloro che vendono morte, di chi fa la tratta… noi siamo più di loro, perché a capo della nostra squadra c’è un coach che - torno a dirvelo con il cuore - è Gesù di Nazareth, un giovane che - vogliate o non vogliate - è stato il primo diffidato della storia.

D. - Lei ha denunciato in passato, e continua a farlo. Non ha mancato di fare nomi, e forse è questo che più di tutto ha dato fastidio …

R. - Certo. Quando dall’altare si fanno i nomi e cognomi si dà fastidio. Come faccio a dire Messa se a quattro passi, a un chilometro, a dieci chilometri, a venti chilometri si vende morte? Venti giorni fa hanno fatto un blitz e hanno sequestrato otto chili di droga: cocaina purissima. Il Papa ci dice: “Dovete sentire l’odore del vostro gregge”; noi dobbiamo avere la forza di denunciare per annunciare. Ma se non annunciamo nelle nostre strutture … - Io amo la Chiesa! La amo da morire! - abbiamo fallito.

D. - Se la denuncia provoca minacce questo non deve fermare …

R. - Noi siamo preti. Noi abbiamo fatto una scelta radicale. Quel giovane di 33 anni, si è fatto appendere all’albero della vergogna, si è fatto mettere in croce! Noi, come Chiesa dobbiamo andare dove si trovano questi ragazzi; non dobbiamo aspettare che vengano da noi, a casa nostra. E non basta - faccio il mea culpa - avere tanti giovani di questo movimento o di quell’associazione. No! Gli altri giovani, perché non frequentano? Ci dobbiamo chiedere questo. Oggi, la camorra è l’unico esercito, l’unica azienda che arruola.

D. - Don Stefano, lei in soli due mesi ha ricevuto tre intimidazioni. C’è addirittura chi è entrato armato in chiesa. E nonostante questo, lei ha rifiutato la scorta …

R. - Lo dico con tutto il cuore, ma quale scorta! Io sono prete! Sono un prete e devo fare il prete. La gente è la mia compagnia; i giovani sono i miei pilastri. Io faccio il prete!

D. - E la sua gente ha bisogno delle parole che lei rivolge loro. E lo si vede dalla Messe che sono affollatissime. Anche l’ultima in occasione della Festa dell’Assunta … La chiesa non è stata sufficiente, avete dovuto celebrare la Messa all’aperto … C’erano più di mille persone.

R. - Sì. Soprattutto giovani. La chiesa è sulla strada. Guardi, le faccio velocemente un esempio banale: quando si diventa preti, la propria parrocchia qual è? La propria parrocchia - come quella di tutti i battezzati - si chiama strada. La strada è la nostra parrocchia! Dobbiamo andare lì, in quella strada, in quei viottoli, là dentro come ha fatto Papa Francesco, nell’ultimo viaggio con i giovani. Quell’uomo vestito di bianco, con quella borsa nera, nelle zone povere del Brasile, nelle favelas, non immaginate come sacerdote che ricarica spirituale sia stata per me! Per me quell’uomo è la benzina spirituale!

D. - “Credo in una Chiesa che denuncia per annunciare”. Questo è quello che lei ha detto. Oltre alla denuncia lei, da sempre, è impegnato anche in attività di formazione, di educazione all’interno della sua parrocchia. Pensiamo anche alle attività di raccolta differenziata che ha avviato…

R. - Certo. Abbiamo una squadra che aiuta le famiglie, quelle famiglie che riescono a fare più o meno la raccolta, pensiamo agli anziani ... Pensi che abbiamo fatto una raccolta di plastica per sette mesi e la somma che abbiamo ricavato l’abbiamo destinata ai poveri.

D. – In diciotto anni di sacerdozio ha sperimentato la conversione di persone che appartenevano alla camorra?

R. - Ho sperimentato tante bellezze; per questo non mi tiro indietro. Le racconto un episodio: un boss di camorra, appena uscito venne a confessarsi. Ora, la moglie è impegnata attivamente nella parrocchia insieme ai figli.

D. - E questo dà molto fastidio alla camorra…

R. - A me non interessa. Devo raccogliere tutti i cocci che incontro lungo la strada. Sono un prete di questa Chiesa che amo!


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