giovedì, agosto 08, 2013
Una nuova opera su San Francesco d’Assisi scritta da Nicola Savino ed edita da Robin Edizioni

di Luigi Lambiase

Lo studio prodotto da Nicola Savino mira a disegnare un ritratto plausibile ed esaustivo del Santo, figura geniale, tra le più originali nella storia di ogni tempo, e si motiva sull’avvertito e mai appagato bisogno di alimentare lo spirito con l’ammaestramento dei grandi della storia dell’umanità, come Francesco appunto, il quale ha condiviso in pace e con amore le meraviglie della natura appartenenti ad ognuno, perciò a nessuno. Insegnamento tanto più necessario nell’odierna civiltà auto-distruttiva, effimera, edonistica ed individualistica, dove tutto si commisura e si basa sul possesso, sul successo e sul potere. Francesco meditò a lungo sulla precarietà della materia, sul mistero della nascita, su quello della morte, sull’eterno al cospetto del quale ogni possesso terreno e ogni gloria mondana si dissolvono nella nullità. Cosa sono la borghesia, la cavalleria, la nobiltà, se non miseria e pochezza dell’uomo che non sa guardare alla vita oltre la vita, alla luce oltre le tenebre, al tempo infinito…

Cristo si rivelò a Francesco ed egli ne diede testimonianza, rendendo percorribile la vita da Lui edificata ed impressa nei Vangeli. All’età di 25 anni, seppur giovane di benestante ed agiata famiglia, princeps juventutis da tutti invidiato, uscì dal mondo con la consapevole coscienza di una esistenza da spendere conformandosi ai precetti ed agli insegnamenti di Cristo, accompagnato da Madonna povertà, l’unica capace di liberare l’uomo di ogni tentazione mondana. Non aspirava alla vita monacale, circondato da poderose mura, e ispirandosi alle Beatitudini lasciò ogni cosa per dedicarsi alla vita del mendicante penitente. Presto altri lo seguirono e sempre più si infoltì la schiera dei fratelli: quel menestrello di Dio, che voleva vivere la sua vita unicamente e pienamente asservita alle prescrizioni ed ai dettami del Vangelo, in totale libertà, fuori dai vincoli delle gerarchie e dagli ordinamenti monastici, inconsapevolmente era diventato il fondatore e capo spirituale di un Ordine che venne riconosciuto dalla Chiesa di Roma.

Lasciò definitivamente le allegre brigate per dedicarsi alla vita di intensa meditazione. Molto depresso si recò in pellegrinaggio a Roma sperando di trovare un barlume di luce in quel buio fondo della sua anima, imbrigliata in un groviglio, alla ricerca del bandolo occultato dal limite della conoscenza, incapace di dare un senso compiuto all’esistenza e svelare dal profondo della coscienza l’Entità Assoluta di quel Dio che s’avverte ma non si coglie e che quando lo si sente vicino tanto più appare inafferrabile ed incomprensibile.

Grande predicatore, capace di divenire tutt’uno con la parola, corpo vibrante ed estasi mistica, evidenziava nei suoi messaggi lo stridente contrasto tra la brutalità della discordia e la purezza della concordia; tra l’intollerante egoismo e la gioia della condivisione, tra il ripugnante odio e la grazia dell’amore, tra la dannazione dei conflitti e la beatitudine della pace raggiungibile soltanto rinunciano alla fonte della discordia che s’annida nell’avidità malvagia del potere e della ricchezza. “Tanto è il bene che mi aspetta che ogni pena mi è diletta”.

Francesco si recò a Roma alla Curia Papale e al cospetto del Papa improvvisò un panegirico sollecitando la Chiesa ad abbandonare la superbia ed aprirsi con maggiore umiltà e misericordia alle verità evangeliche, esortandola in nome del Signore all’amore e alla comunione degli uomini e dei popoli nella pace.

Convinto assertore della necessità della pace si presentò al cospetto dei potenti a mani nude, con l’unica arma della parola, tentando di infondere attraverso la parola del Signore l’amore per il prossimo, fosse anche suo nemico. Attualissimo discorso sul quale si infrangono tante lotte e disuguaglianze.

La sua vita era impostata sull’umiltà e sulla semplicità e sulla concezione di vita secondo Cristo, unica per lui capace di dimostrare al mondo che l’amore, la serenità e la felicità dell’uomo sono indissolubilmente saldate ai precetti evangelici e solo ad essi.


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