Dal 5 all’11 ottobre Aiuto alla Chiesa che Soffre ospiterà Monsignor Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan. Già vescovo di Hyderabad e Faisalabad, monsignor Coutts ha svolto il suo episcopato in tre delle quattro province in cui è suddiviso il Pakistan: Punjab, Sindh e Balochistan. Da diversi anni è anche presidente di Caritas Pakistan. Nell’ambito della visita sono stati organizzati quattro incontri.
Il Pakistan è uno dei paesi in cui è più difficile essere cristiani e, come ha scritto lo stesso monsignor Coutts nel comunicato inviato a nome della conferenza episcopale locale, la recente strage avvenuta nella All Saints Church di Peshawar testimonia le «allarmanti proporzioni raggiunte dall’intolleranza religiosa e settaria nel paese asiatico». «Uccidere uomini, donne e bambini innocenti raccolti in preghiera – ha affermato il presule - è un vergognoso atto di codardia». Nell’agosto 2009, in qualità di vescovo di Faisalabad, monsignor Coutts aveva celebrato i funerali delle vittime di un’altra strage anti-cristiana, quella di Gojra nel Punjab. La quotidianità delle minoranze religiose in Pakistan è fatta di miseria, ingiustizia e di discriminazione. Perfino i libri scolastici definiscono i non musulmani «cittadini di serie B» ed è capitato più volte che una maestra assegnasse ai suoi alunni un tema dal titolo: “Scrivi una lettera a un tuo amico e invitalo a convertirsi all’Islam”. «Nelle scuole i ragazzi subiscono costanti pressioni affinché si convertano all’Islam – ha dichiarato monsignor Coutts ad ACS – come tutti i fedeli del resto. Io stesso ho ricevuto lettere in cui mi s’invitava ad abbandonare la mia religione». Strumento d’elezione per la discriminazione e la persecuzione delle minoranze è la legge anti-blasfemia, la cosiddetta legge nera, che prevede il carcere a vita per chi profana il Corano e la pena capitale per chi insulta il profeta Maometto.
È sufficiente un’accusa, senza alcuna prova, per essere bollati come blasfemi e immediatamente incarcerati. Non è necessario dimostrare la colpevolezza dell’imputato, è lui che deve dimostrare la sua innocenza. Dall’introduzione della legge, nel 1986, sono oltre 1200 le persone accusate ufficialmente di blasfemia: un’infamia che non può essere lavata neanche dalla completa assoluzione. Chi è assolto, rischia di essere comunque ucciso dai fondamentalisti. Spesso poi le denunce per blasfemia scatenano veri e propri massacri, come accaduto recentemente nell’insediamento cristiano di Joseph Colony.
Il Pakistan è uno dei paesi in cui è più difficile essere cristiani e, come ha scritto lo stesso monsignor Coutts nel comunicato inviato a nome della conferenza episcopale locale, la recente strage avvenuta nella All Saints Church di Peshawar testimonia le «allarmanti proporzioni raggiunte dall’intolleranza religiosa e settaria nel paese asiatico». «Uccidere uomini, donne e bambini innocenti raccolti in preghiera – ha affermato il presule - è un vergognoso atto di codardia». Nell’agosto 2009, in qualità di vescovo di Faisalabad, monsignor Coutts aveva celebrato i funerali delle vittime di un’altra strage anti-cristiana, quella di Gojra nel Punjab. La quotidianità delle minoranze religiose in Pakistan è fatta di miseria, ingiustizia e di discriminazione. Perfino i libri scolastici definiscono i non musulmani «cittadini di serie B» ed è capitato più volte che una maestra assegnasse ai suoi alunni un tema dal titolo: “Scrivi una lettera a un tuo amico e invitalo a convertirsi all’Islam”. «Nelle scuole i ragazzi subiscono costanti pressioni affinché si convertano all’Islam – ha dichiarato monsignor Coutts ad ACS – come tutti i fedeli del resto. Io stesso ho ricevuto lettere in cui mi s’invitava ad abbandonare la mia religione». Strumento d’elezione per la discriminazione e la persecuzione delle minoranze è la legge anti-blasfemia, la cosiddetta legge nera, che prevede il carcere a vita per chi profana il Corano e la pena capitale per chi insulta il profeta Maometto.
È sufficiente un’accusa, senza alcuna prova, per essere bollati come blasfemi e immediatamente incarcerati. Non è necessario dimostrare la colpevolezza dell’imputato, è lui che deve dimostrare la sua innocenza. Dall’introduzione della legge, nel 1986, sono oltre 1200 le persone accusate ufficialmente di blasfemia: un’infamia che non può essere lavata neanche dalla completa assoluzione. Chi è assolto, rischia di essere comunque ucciso dai fondamentalisti. Spesso poi le denunce per blasfemia scatenano veri e propri massacri, come accaduto recentemente nell’insediamento cristiano di Joseph Colony.
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