Crisi siriana, iniziato l'incontro tra Kerry e Lavrov.
I ribelli contro il piano di Mosca, sì di Israele
I ribelli contro il piano di Mosca, sì di Israele
I ribelli del cosiddetto "Esercito Libero Siriano" hanno respinto in maniera "categorica" la proposta russa per mettere sotto il controllo della comunità internazionale l'arsenale di armi chimiche del regime di Damasco. Oggi occhi puntati sull’incontro a Ginevra tra il segretario di Stato Usa Kerry e il ministro degli Esteri russo Lavrov.
Radio Vaticana - Gli Stati Uniti chiedono al regime siriano di dichiarare “rapidamente” tutte le armi chimiche in proprio possesso. La richiesta arriva mentre il segretario di Stato americano, John Kerry, è a Ginevra per l’incontro con il collega russo, Sergei Lavrov. Sul tappeto la proposta di Mosca, accettata da Damasco, di far consegnare e mettere sotto controllo internazionale l'arsenale chimico del regime. I colloqui che potrebbero andare avanti anche venerdì e sabato sono salutati favorevolmente da Israele, opposta la posizione dei ribelli del cosiddetto "Esercito Libero Siriano" che hanno respinto in maniera "categorica" l’iniziativa Russa, che per ora ha disinnescato una possibile guerra tra Stati Uniti e Assad. Sulla stessa linea dei ribelli il premier turco Recep Tayyip Erdogan che in discorso pronunciato a Istanbul ribadisce che il presidente siriano Bashar al-Assad non ha realmente l'intento di mettere il suo arsenale chimico sotto il controllo internazionale, ma voglia solo guadagnare tempo per condurre nuovi "massacri". In questo scenario in cui, anche oggi, si registrano scontri in varie parti della Siria, tra insorti e ed esercito regolare, l’ultimo rapporto dell’Onu sui diritti umani sottolinea “la necessità urgente di proteggere tutti i civili” investiti dal conflitto interno.
Per un commento sull’incontro di Genevra tra Kerry e Lavorv, Massimiliano Menichetti ha intervistato il prof. Claudio Lo Jacono presidente dell’Istituto per l’Oriente:
R. – Questo incontro potrebbe essere un passo importante per arrivare ad una soluzione politica che, da tutti i punti di vista, è auspicabile; anche perché c’è un grandissimo rischio di un nuovo Iraq in Siria.
D. – Ovvero, un intervento armato degli Stati Uniti innescherebbe altri rigurgiti di terrorismo?
R. – Certamente, quando ci sono questi Paesi così poco omogenei - dal punto di vista etnico, culturale, religioso – è facile che tutto cada, senza un governo centrale, nelle mani degli elementi terroristici. L’ideale sarebbe ovviamente un governo democratico. Finché non ci sarà una chiara identificazione del movimento anti Assad in chiave liberale, credo che vedere il colpevole della situazione solo in Assad – che ha le sue enormi e principali responsabilità – sia un po’ troppo facile.
D. – Assad ha accettato la proposta di Mosca, forse per evitare la fine di Saddam…
R. – Bisogna anche dire che probabilmente Obama, con la sua residua presenza in Iraq e in Afghanistan, non aveva tanta voglia di aprire un terzo fronte tra l’altro pieno di incognite e punti interrogativi. Certo l’uso delle armi chimiche ha complicato le cose e ora la Russia ha qualche ragione a pretendere prove incontrovertibili dell’utilizzo da parte del regime, ma temo non ci saranno mai.
D. – La Russia dice di avere prove dell’utilizzo di armi chimiche da parte dei ribelli; gli Stati Uniti e la Francia ribadiscono che sono state usate da Assad. Si saprà mai chi ha utilizzato queste armi?
R. – Credo di no, anche perché ambedue le parti avevano la possibilità di usarle, sono armi “sporche” che non sono tanto difficili da costruire e portare sul teatro delle operazioni. Mi sembra che ciò che viene detto siano, ancora una volta, dichiarazioni politiche senza nessuna capacità di dimostrare scientificamente ed in modo convincente le teorie che esprimono.
D. – Intanto i ribelli del cosiddetto “Esercito libero siriano” hanno respinto la proposta Russa…
R. – Certamente. Gli Stati Uniti e la Francia erano pronti ad armarsi contro il governo di Assad, ed il rientro di questa possibilità nuoce ai ribelli che avevano sperato in un intervento internazionale. Però chi sono i ribelli? Varie volte ho ricordato come il fronte anti Assad sia estremamente equivoco: ci sono sicuramente democratici “liberali”, ma ci sono anche formazioni fondamentaliste e terroristiche, gruppi aiutati dall’estero. Sappiamo che in questi giochi geopolitici Arabia Saudita e Qatar sono tra i maggiori fornitori di denaro, Paesi interessati a dinamiche che tendono a ridisegnare un nuovo-vicino Oriente più comodo ai loro interessi.
Radio Vaticana - Gli Stati Uniti chiedono al regime siriano di dichiarare “rapidamente” tutte le armi chimiche in proprio possesso. La richiesta arriva mentre il segretario di Stato americano, John Kerry, è a Ginevra per l’incontro con il collega russo, Sergei Lavrov. Sul tappeto la proposta di Mosca, accettata da Damasco, di far consegnare e mettere sotto controllo internazionale l'arsenale chimico del regime. I colloqui che potrebbero andare avanti anche venerdì e sabato sono salutati favorevolmente da Israele, opposta la posizione dei ribelli del cosiddetto "Esercito Libero Siriano" che hanno respinto in maniera "categorica" l’iniziativa Russa, che per ora ha disinnescato una possibile guerra tra Stati Uniti e Assad. Sulla stessa linea dei ribelli il premier turco Recep Tayyip Erdogan che in discorso pronunciato a Istanbul ribadisce che il presidente siriano Bashar al-Assad non ha realmente l'intento di mettere il suo arsenale chimico sotto il controllo internazionale, ma voglia solo guadagnare tempo per condurre nuovi "massacri". In questo scenario in cui, anche oggi, si registrano scontri in varie parti della Siria, tra insorti e ed esercito regolare, l’ultimo rapporto dell’Onu sui diritti umani sottolinea “la necessità urgente di proteggere tutti i civili” investiti dal conflitto interno.
Per un commento sull’incontro di Genevra tra Kerry e Lavorv, Massimiliano Menichetti ha intervistato il prof. Claudio Lo Jacono presidente dell’Istituto per l’Oriente:
R. – Questo incontro potrebbe essere un passo importante per arrivare ad una soluzione politica che, da tutti i punti di vista, è auspicabile; anche perché c’è un grandissimo rischio di un nuovo Iraq in Siria.
D. – Ovvero, un intervento armato degli Stati Uniti innescherebbe altri rigurgiti di terrorismo?
R. – Certamente, quando ci sono questi Paesi così poco omogenei - dal punto di vista etnico, culturale, religioso – è facile che tutto cada, senza un governo centrale, nelle mani degli elementi terroristici. L’ideale sarebbe ovviamente un governo democratico. Finché non ci sarà una chiara identificazione del movimento anti Assad in chiave liberale, credo che vedere il colpevole della situazione solo in Assad – che ha le sue enormi e principali responsabilità – sia un po’ troppo facile.
D. – Assad ha accettato la proposta di Mosca, forse per evitare la fine di Saddam…
R. – Bisogna anche dire che probabilmente Obama, con la sua residua presenza in Iraq e in Afghanistan, non aveva tanta voglia di aprire un terzo fronte tra l’altro pieno di incognite e punti interrogativi. Certo l’uso delle armi chimiche ha complicato le cose e ora la Russia ha qualche ragione a pretendere prove incontrovertibili dell’utilizzo da parte del regime, ma temo non ci saranno mai.
D. – La Russia dice di avere prove dell’utilizzo di armi chimiche da parte dei ribelli; gli Stati Uniti e la Francia ribadiscono che sono state usate da Assad. Si saprà mai chi ha utilizzato queste armi?
R. – Credo di no, anche perché ambedue le parti avevano la possibilità di usarle, sono armi “sporche” che non sono tanto difficili da costruire e portare sul teatro delle operazioni. Mi sembra che ciò che viene detto siano, ancora una volta, dichiarazioni politiche senza nessuna capacità di dimostrare scientificamente ed in modo convincente le teorie che esprimono.
D. – Intanto i ribelli del cosiddetto “Esercito libero siriano” hanno respinto la proposta Russa…
R. – Certamente. Gli Stati Uniti e la Francia erano pronti ad armarsi contro il governo di Assad, ed il rientro di questa possibilità nuoce ai ribelli che avevano sperato in un intervento internazionale. Però chi sono i ribelli? Varie volte ho ricordato come il fronte anti Assad sia estremamente equivoco: ci sono sicuramente democratici “liberali”, ma ci sono anche formazioni fondamentaliste e terroristiche, gruppi aiutati dall’estero. Sappiamo che in questi giochi geopolitici Arabia Saudita e Qatar sono tra i maggiori fornitori di denaro, Paesi interessati a dinamiche che tendono a ridisegnare un nuovo-vicino Oriente più comodo ai loro interessi.
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