Si tratta della chiesa greco-cattolica dell'Annunciazione e della chiesa armena dei santi Martiri. I fondamentalisti hanno distrutto la croce del campanile e innalzata la bandiera islamista. La denuncia dell'Osservatorio siriano per i diritti umani. Crescono le divisioni nell'opposizione ad Assad. I gruppi fondamentalisti rifiutano l'autorità del Consiglio nazionale e vogliono la sharia. Al Consiglio di sicurezza è pronta la risoluzione sulla distruzione dell'arsenale chimico di Assad. Apprezzamenti da Russia e Usa.
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - Ribelli jihadisti legati ad al Qaeda hanno bruciato statue e croci in due chiese di Raqa, nel nord della Siria. L'Osservatorio siriano per i diritti umani, spesso favorevole ai ribelli, denuncia che ieri i Combattenti per lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante sono entrati nella chiesa greco-cattolica di Nostra Signora dell'Annunciazione distruggendo immagini e mobili all'interno. Hanno fatto lo stesso con la chiesa armeno-cattolica dei Martiri. In più, essi hanno distrutto la croce sulla punta del campanile per rimpiazzarla con la loro bandiera qaedista.
Raq e la sua provincia, sulle sponde del fiume Eufrate, sono cadute nelle mani dei ribelli lo scorso marzo. Da subito, gli oppositori fondamentalisti hanno ingaggiato una lotta contro gli oppositori del Free Syrian Army.
I Combattenti hanno imposto sulla popolazione del luogo una stretta legge islamica (sharia). Gli islamisti si sono spesso scatenati nel distruggere chiese e moschee sciite; hanno computo esecuzioni sommarie contro alauiti; sono sospettati di aver rapito sacerdoti e vescovi.
Per l'Osservatorio, questi attacchi "contro la libertà religiosa,... sono un assalto contro la rivoluzione siriana". In effetti, a causa della violenza dei jihadisti, molti oppositori di Assad, abbandonano i loro gruppi e tornano ad essere sostenitori del regime.
All'inizio della resistenza contro Assad, i ribelli hanno applaudito all'arrivo di gruppi fondamentalisti da Iraq, Arabia saudita, Libia, Cecenia, Indonesia, Qatar, Egitto. Ma poco dopo si è aperto sempre più uno scontro fra le due fazioni, quella "laica" e quella fondamentalista. Ieri 11 gruppi di ribelli islamisti hanno annunciato di non riconoscere l'autorità della Coalizione nazionale, l'alleanza che unisce tutti gli oppositori del regime siriano, con base a Istanbul. Fra i motivi che hanno portato a tale decisione, vi è la condanna dei gruppi che gestiscono la rivoluzione siriana stando all'estero e soprattutto la voglia di islamizzare in modo integrale la lotta contro Assad. In una dichiarazione resa pubblica ieri essi esortano "tutti i militari e i civili a unirsi sotto una chiara proposta islamica basata sulla sharia, che dovrebbe essere l'unica fonte della legislazione".
Intanto, al Consiglio di sicurezza dell'Onu a New York, si è giunti a una risoluzione comune sulla consegna e l'eliminazione delle armi chimiche da parte di Assad. Essa sembra trovare anche l'appoggio della Russia e della Cina, grandi sostenitori di Assad. Il testo dovrebbe essere votato entro stasera. In esso si cita il capitolo VII della Carta dell'Onu, che convalida l'uso della forza, ma non permette una decisione automatica: per l'uso della forza - in caso di non rispetto della consegna e della distruzione - è necessaria una nuova risoluzione (come voleva la Russia). Il testo condanna l'uso delle armi chimiche in Siria, ma non accusa nessuna delle due parti in lotta, entrambi sospettate di averne usato. Si dice che i responsabili potranno essere processati, ma non si cita il Tribunale criminale internazionale. La risoluzione non chiarisce come, dove e a chi la Siria deve consegnare le tonnellate di gas posseduto. E non specifica le modalità di verifica della consegna. In ogni caso, il testo è visto come un buon passo dagli Stati Uniti. E la Russia riconosce che un accordo è stato raggiunto.
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - Ribelli jihadisti legati ad al Qaeda hanno bruciato statue e croci in due chiese di Raqa, nel nord della Siria. L'Osservatorio siriano per i diritti umani, spesso favorevole ai ribelli, denuncia che ieri i Combattenti per lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante sono entrati nella chiesa greco-cattolica di Nostra Signora dell'Annunciazione distruggendo immagini e mobili all'interno. Hanno fatto lo stesso con la chiesa armeno-cattolica dei Martiri. In più, essi hanno distrutto la croce sulla punta del campanile per rimpiazzarla con la loro bandiera qaedista.
Raq e la sua provincia, sulle sponde del fiume Eufrate, sono cadute nelle mani dei ribelli lo scorso marzo. Da subito, gli oppositori fondamentalisti hanno ingaggiato una lotta contro gli oppositori del Free Syrian Army.
I Combattenti hanno imposto sulla popolazione del luogo una stretta legge islamica (sharia). Gli islamisti si sono spesso scatenati nel distruggere chiese e moschee sciite; hanno computo esecuzioni sommarie contro alauiti; sono sospettati di aver rapito sacerdoti e vescovi.
Per l'Osservatorio, questi attacchi "contro la libertà religiosa,... sono un assalto contro la rivoluzione siriana". In effetti, a causa della violenza dei jihadisti, molti oppositori di Assad, abbandonano i loro gruppi e tornano ad essere sostenitori del regime.
All'inizio della resistenza contro Assad, i ribelli hanno applaudito all'arrivo di gruppi fondamentalisti da Iraq, Arabia saudita, Libia, Cecenia, Indonesia, Qatar, Egitto. Ma poco dopo si è aperto sempre più uno scontro fra le due fazioni, quella "laica" e quella fondamentalista. Ieri 11 gruppi di ribelli islamisti hanno annunciato di non riconoscere l'autorità della Coalizione nazionale, l'alleanza che unisce tutti gli oppositori del regime siriano, con base a Istanbul. Fra i motivi che hanno portato a tale decisione, vi è la condanna dei gruppi che gestiscono la rivoluzione siriana stando all'estero e soprattutto la voglia di islamizzare in modo integrale la lotta contro Assad. In una dichiarazione resa pubblica ieri essi esortano "tutti i militari e i civili a unirsi sotto una chiara proposta islamica basata sulla sharia, che dovrebbe essere l'unica fonte della legislazione".
Intanto, al Consiglio di sicurezza dell'Onu a New York, si è giunti a una risoluzione comune sulla consegna e l'eliminazione delle armi chimiche da parte di Assad. Essa sembra trovare anche l'appoggio della Russia e della Cina, grandi sostenitori di Assad. Il testo dovrebbe essere votato entro stasera. In esso si cita il capitolo VII della Carta dell'Onu, che convalida l'uso della forza, ma non permette una decisione automatica: per l'uso della forza - in caso di non rispetto della consegna e della distruzione - è necessaria una nuova risoluzione (come voleva la Russia). Il testo condanna l'uso delle armi chimiche in Siria, ma non accusa nessuna delle due parti in lotta, entrambi sospettate di averne usato. Si dice che i responsabili potranno essere processati, ma non si cita il Tribunale criminale internazionale. La risoluzione non chiarisce come, dove e a chi la Siria deve consegnare le tonnellate di gas posseduto. E non specifica le modalità di verifica della consegna. In ogni caso, il testo è visto come un buon passo dagli Stati Uniti. E la Russia riconosce che un accordo è stato raggiunto.
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