venerdì, ottobre 18, 2013
Ha spiazzato un po’ tutti nella comunità internazionale, la decisione del governo di Riad di rifiutare un seggio non permanente al Consiglio di Sicurezza Onu a cui era stato ammesso, per un periodo di due anni, assieme a Ciad, Cile, Nigeria e Lituania. 

Misna - La monarchia petrolifera – sostenitrice della prima ora della ribellione siriana contro il governo di Damasco – ha annunciato il rifiuto come forma di protesta contro l’impotenza dell’organismo a risolvere i conflitti in Medio Oriente e in particolare in Siria. L’Arabia Saudita “non ha altra scelta che rifiutarsi di diventare membro del Consiglio, fino a quando questo non sarà oggetto di una riforma che gli consenta di compiere il suo dovere e di assumersi le sue responsabilità per preservare la pace e la sicurezza nel modo” riferisce una nota del ministero degli Esteri, secondo cui “il fatto di permettere al regime di Damasco di uccidere il suo popolo con le armi chimiche senza intraprendere alcuna azione dissuasiva” è una prova della “impotenza dell’organismo”.

Il comunicato – diffuso in forma integrale dall’agenzia di stampa governativa Spa – denuncia la politica dei “due pesi e due misure” del Consiglio e sottolinea che la questione palestinese langue da 65 anni, mentre l’Onu “ha fallito nel liberare il Medio Oriente dalla armi di distruzione di massa”.

Più di una volta in passato le nazioni arabe si erano lamentate dei veti apposti dagli Stati Uniti – membro permanente del Consiglio assieme a Francia, Gran Bretagna, Russia e Cina – sulle risoluzioni contro Israele per gli abusi commessi ai danni dei palestinesi. In questo caso tuttavia, la frustrazione di Riad sembra indirizzata contro Mosca e Pechino che – senza venir meno all’alleanza con Assad – hanno impedito l’autorizzazione a un intervento armato contro Damasco.


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