domenica, ottobre 13, 2013
Il parroco romano è assistente spirituale dell’associazione Famiglie separate cristiane. «Queste persone ci insegnano la misericordia»  

Aleteia - I separati percorrono un cammino di fede? Sono una cartina al tornasole anche per il mio sacerdozio, con la loro radicalità: sensibili alla verità e alla misericordia, non cestinano nulla del Vangelo, rigorosi nel loro desiderio di rinascita». La lunga esperienza pastorale accanto alle coppie che vivono il fallimento del loro Matrimonio ha corroborato e continua ad arricchire il ministero del romano 55enne don Claudio Occhipinti, dal 2007 parroco a Sant’Andrea Avellino e assistente spirituale nella capitale dell’associazione Famiglie separate cristiane. «È proprio vero: il pastore cresce con il suo popolo», commenta.

Entrato in seminario a 31 anni dopo aver lavorato presso il Ministero dei beni culturali e aver vissuto un lungo fidanzamento, prete dal 1995, don Claudio viene subito “introdotto” a questa delicata forma di accompagnamento umano e spirituale nella parrocchia di San Filippo Neri, dove arriva fresco di ordinazione. Don Tonino Panfili, alla guida della comunità, lo porta a cena in una famiglia dove si sono riunite diverse coppie di separati e divorziati: «Sono rimasto sorpreso e colpito», ammette. Tre anni dopo viene chiamato come viceparroco a San Ponziano, dove avvia una serie di incontri nelle case di separati, alcuni dei quali risposati: si ritrovano intorno a un tavolo per confrontarsi con il Vangelo e la loro vita, senza pregiudizi. Almeno lì. «Queste persone non si sentivano accolte né dalla società civile, né dalla comunità cristiana», racconta.

Il servizio di don Occhipinti come viceparroco si sposta a Sant’Ireneo, nel popolare quartiere di Centocelle, dove incrocia l’esistenza della neonata associazione Famiglie separate cristiane, di cui a Roma l’assistente spirituale è il gesuita padre Paolo Bachelet. «In questa parrocchia continua a riunirsi un gruppo di oltre 20 persone, coordinato dal laico Sandro Bora», riferisce don Claudio, approdato da sei anni come parroco nella borgata Ottavia dove – analogamente agli altri sacerdoti – può svolgere la sua missione grazie al contributo del Sostentamento clero. «Qui a Sant’Andrea Avellino si è formato un altro gruppo che si riunisce il terzo mercoledì di ogni mese alle 21, ma chi lo frequenta arriva dai quartieri limitrofi: Labaro, Cassia...». Resta la ritrosia a fare “outing” all’interno della propria comunità parrocchiale: «Ci sono separati, divorziati, ma anche persone che hanno avuto una sentenza di nullità matrimoniale o il fallimento di nozze civili, di una convivenza. In genere si avvicinano coloro che hanno subìto la separazione, che sono stati lasciati dal coniuge, alla ricerca di una rielaborazione del fallimento, di una guarigione interiore, di un sostegno reciproco».

Tuttavia le comunità ecclesiali continuano a far fatica nell’accoglienza di questi gruppi: «Non solo i sacerdoti, ma anche i laici non sono preparati a comprendere questa presenza fra loro; guardano questa realtà, la osservano dall’esterno, non si coinvolgono. Certo, si fidano di quello che fa e decide il parroco, ma permangono diffidenza e pregiudizio». D’altra parte, «io stesso sono stato rifiutato da alcuni separati che ero andato a trovare nelle loro case, come se l’opportunità che offrivo loro li mettesse a disagio», racconta don Claudio.

Della famiglia e delle sue difficoltà ha parlato spesso in questi mesi anche papa Francesco e il tema è stato al centro dell’ultima Settimana sociale di Torino: «Una seria pastorale d’impatto è necessariamente imperniata sulla famiglia… Ma nessun fratello può essere rifiutato: il giudizio della coscienza non spetta a noi. Si accoglie la persona, non il peccato, che è una mancanza d’amore».

Come far maturare nelle comunità dei credenti questa sensibilità? «Anzitutto pregando durante le Messe domenicali per i separati e i divorziati, che sono i poveri di oggi e possono insegnarci la misericordia. Con questo atteggiamento vissuto nel quotidiano migliorano i rapporti reciproci e con i figli, stemperando il risentimento. E non possiamo dimenticare la prevenzione, a partire dalla formazione dei fidanzati. Avendo anche il coraggio di rimandare il Matrimonio religioso per evitare che legami superficiali, con un’affettività poco strutturata, naufraghino come la Concordia sulle rive della storia».


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