Smog, trasporto in tilt, più auto, stallo per depurazione e acqua. Paese "pigro" con la Sicilia ultima
GreenReport - E’ stata presentata a Bologna la XX edizione del rapporto Ecosistema urbano di Legambiente, Ambiente Italia e Sole 24 Ore sulle eco-performance dei capoluoghi di provincia italiani e «Non c’è da star allegri – dicono a Legambiente – se le migliori 11 città del Paese raggiungono a malapena la sufficienza (con 60/100 di punteggio), quando soltanto rispettando tutti i limiti di legge (e quindi senza nessuna performance straordinaria) il punteggio complessivo di un centro urbano sarebbe molto vicino a 100».
La XX edizione del rapporto descrive «Un Paese pigro, apatico, che ha smesso di credere e investire nel cambiamento». E’ come se le città avessero eliminato dal loro orizzonte politico ed amministrativo i temi ambientali e la gestione dei beni comuni, è come se si fossero arrese ad un modello di trasporto pubblico fatto di auto private che è stato messo in discussione dalla stessa crisi e che sembra non essere più un feticcio per strati sempre più numerosi di cittadini. Come dicono i redattori, «Ecosistema Urbano evidenzia l’esasperante incapacità con cui molte città affrontano sul proprio territorio alcune questioni chiave dal punto di vista ambientale».
Non mancano però le esperienze positive in alcune città che dimostrano la praticabilità di alcune soluzioni capaci di offrire un servizio migliore al cittadino e alla collettività e il rapporto cita le politiche sull’energia e sulla mobilità di Bolzano, la solarizzazione dei tetti delle scuole di Bergamo, l’esperimento della moderazione della velocità in un intero quartiere di Torino, ma si tratta di mosche bianche in un panorama di amministrazione al ribasso dall’esistente, con il sud che sembra allontanarsi sempre più dall’Europa per somigliare sempre più all’insostenibile situazione ambientale delle città mediorientali.
Il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, ha evidenziato che «Se nell’insieme le nostre città sono congestionate e inquinate, fragili rispetto al rischio sismico e idrogeologico, in ritardo rispetto all’erogazione dei servizi, esse rappresentano pure i luoghi ideali per le migliori soluzioni. Soluzioni che non possono più essere limitate a singoli e parcellizzati interventi ma devono rientrare in un disegno lungimirante e complessivo, che veda le città come fulcro della rinascita del Paese. Interventi mirati a migliorare qui la raccolta differenziata e là il trasporto pubblico, l’inquinamento acustico o la depurazione delle acque, non possono infatti dare risultati significativi se realizzati al di fuori di un progetto politico nazionale che riconosca alle città un ruolo centrale e imprescindibile. Si parla tanto di smart city ma non dobbiamo dimenticare che le città possono essere smart solo se ci sono smart citizens, e quindi relazioni, creatività e cultura per creare consapevolezza sulle sfide e nuovi stili di vita».
«Nel complesso – dicono a Legambiente – l’ecosistema urbano 2013 evidenzia con chiarezza la situazione di impasse in cui versa l’Italia delle città. L’inquinamento atmosferico, ad esempio, resta ancora a livelli di emergenza. Se scendono leggermente le media delle concentrazioni di Pm10 e di NO2, nell’insieme dei centri urbani sono invece in aumento i giorni di superamento dei limiti per l’O3 e il numero delle città che non rispettano i limiti per la protezione della salute umana fissati per l’ozono. Le città continuano a disperdere in media più di un terzo dell’acqua potabile immessa in rete (il 32%) e l’efficienza della depurazione migliora di uno “zero virgola” alla volta (oggi viene trattato l’89,6% dei reflui fognari, l’1 ,6% in più di un anno fa). Cala la produzione di rifiuti solidi urbani, soprattutto a causa della contrazione dei consumi, e restano praticamente stabili le quote della raccolta differenziata, che passa dal 38% al 39,3%. In questo settore solo 9 le città raggiungono il target del 65% imposto dalla normativa per il 2012 e quasi tutte le grandi città non hanno raggiunto nemmeno quell’obiettivo del 35% che i Comuni avrebbero dovuto rispettare già nel 2006. Cresce lentamente ma costantemente il parco di autovetture circolanti che supera le 64 auto ogni 100 abitanti (64,2) e contestualmente prosegue il declino del trasporto pubblico urbano che continua a perdere passeggeri: i viaggi effettuati in media annualmente con i mezzi pubblici dagli abitanti dei capoluoghi di provincia scendono a 81 (erano 83 l’anno passato). Praticamente congelati gli indici dedicati a isole pedonali, zone a traffico limitato, reti ciclabili urbane».
Lo studio, più che di classifiche e dati (che pur ci sono) segnala questa volta una crisi urbana che «Chiede di immaginare con urgenza un altro futuro. Bisogna avere il coraggio di abbattere per ricostruire, rigenerare interi quartieri, recuperare edifici e dare casa, in affitto e a prezzi accessibili, a chi ne ha bisogno fermando il consumo di suolo e restituendo al verde suolo oggi impermeabilizzato. Bisogna pensare un modo nuovo di usare le risorse e l’energia, di organizzare la mobilità, con spazi pubblici più sicuri, più salutari e meno alienanti, immaginando la città come luogo dove si realizzano le condizioni per favorire le relazioni sociali, il senso del vicinato, del quartiere, della comunità».
I 100mila dati raccolti con un apposito rivolto e redatto dalle amministrazioni dei comuni capoluogo, conferma una divisione del Paese che la crisi ha ulteriormente ampliato: sul podio delle migliori città ci sono Venezia per le grandi, Trento per le medie e Belluno per le piccole (che però hanno punteggi poco superiori ai 60/100). L’eccellenza italiana è quindi la sufficienza in un panorama di generale mediocrità e con performance ambientali e dei servizi generalmente in calo anche nelle prime della classe.
Le tre città peggiori sono tutte in Sicilia: Catania, per le grandi città, Siracusa per le città medie e Caltanissetta per le città piccole. La Sicilia svetta per produzione procapite annua di rifiuti (oltre 714,3 kg al giorno a Catania) che per acqua potabile consumata (230,3 l/ab/giorno sempre a Catania), ma anche per acqua persa dalla rete e per la ridicola quantità di raccolta differenziata (3% a Siracusa) e per il trasporto ed il verde pubblico. E’ in queste cifre che si può leggere la crisi politica, economica ed ambientale ed il fallimento della classe dirigente di una regione che è lo specchio del Mezzogiorno e di un bel pezzo (forse maggioritario) dell’Italia del ventennio berlusconiano che rischia di diventare il Paese pigro e immobile delle grandi intese che non possono affrontare i grandi problemi.
GreenReport - E’ stata presentata a Bologna la XX edizione del rapporto Ecosistema urbano di Legambiente, Ambiente Italia e Sole 24 Ore sulle eco-performance dei capoluoghi di provincia italiani e «Non c’è da star allegri – dicono a Legambiente – se le migliori 11 città del Paese raggiungono a malapena la sufficienza (con 60/100 di punteggio), quando soltanto rispettando tutti i limiti di legge (e quindi senza nessuna performance straordinaria) il punteggio complessivo di un centro urbano sarebbe molto vicino a 100».
La XX edizione del rapporto descrive «Un Paese pigro, apatico, che ha smesso di credere e investire nel cambiamento». E’ come se le città avessero eliminato dal loro orizzonte politico ed amministrativo i temi ambientali e la gestione dei beni comuni, è come se si fossero arrese ad un modello di trasporto pubblico fatto di auto private che è stato messo in discussione dalla stessa crisi e che sembra non essere più un feticcio per strati sempre più numerosi di cittadini. Come dicono i redattori, «Ecosistema Urbano evidenzia l’esasperante incapacità con cui molte città affrontano sul proprio territorio alcune questioni chiave dal punto di vista ambientale».
Non mancano però le esperienze positive in alcune città che dimostrano la praticabilità di alcune soluzioni capaci di offrire un servizio migliore al cittadino e alla collettività e il rapporto cita le politiche sull’energia e sulla mobilità di Bolzano, la solarizzazione dei tetti delle scuole di Bergamo, l’esperimento della moderazione della velocità in un intero quartiere di Torino, ma si tratta di mosche bianche in un panorama di amministrazione al ribasso dall’esistente, con il sud che sembra allontanarsi sempre più dall’Europa per somigliare sempre più all’insostenibile situazione ambientale delle città mediorientali.
Il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, ha evidenziato che «Se nell’insieme le nostre città sono congestionate e inquinate, fragili rispetto al rischio sismico e idrogeologico, in ritardo rispetto all’erogazione dei servizi, esse rappresentano pure i luoghi ideali per le migliori soluzioni. Soluzioni che non possono più essere limitate a singoli e parcellizzati interventi ma devono rientrare in un disegno lungimirante e complessivo, che veda le città come fulcro della rinascita del Paese. Interventi mirati a migliorare qui la raccolta differenziata e là il trasporto pubblico, l’inquinamento acustico o la depurazione delle acque, non possono infatti dare risultati significativi se realizzati al di fuori di un progetto politico nazionale che riconosca alle città un ruolo centrale e imprescindibile. Si parla tanto di smart city ma non dobbiamo dimenticare che le città possono essere smart solo se ci sono smart citizens, e quindi relazioni, creatività e cultura per creare consapevolezza sulle sfide e nuovi stili di vita».
«Nel complesso – dicono a Legambiente – l’ecosistema urbano 2013 evidenzia con chiarezza la situazione di impasse in cui versa l’Italia delle città. L’inquinamento atmosferico, ad esempio, resta ancora a livelli di emergenza. Se scendono leggermente le media delle concentrazioni di Pm10 e di NO2, nell’insieme dei centri urbani sono invece in aumento i giorni di superamento dei limiti per l’O3 e il numero delle città che non rispettano i limiti per la protezione della salute umana fissati per l’ozono. Le città continuano a disperdere in media più di un terzo dell’acqua potabile immessa in rete (il 32%) e l’efficienza della depurazione migliora di uno “zero virgola” alla volta (oggi viene trattato l’89,6% dei reflui fognari, l’1 ,6% in più di un anno fa). Cala la produzione di rifiuti solidi urbani, soprattutto a causa della contrazione dei consumi, e restano praticamente stabili le quote della raccolta differenziata, che passa dal 38% al 39,3%. In questo settore solo 9 le città raggiungono il target del 65% imposto dalla normativa per il 2012 e quasi tutte le grandi città non hanno raggiunto nemmeno quell’obiettivo del 35% che i Comuni avrebbero dovuto rispettare già nel 2006. Cresce lentamente ma costantemente il parco di autovetture circolanti che supera le 64 auto ogni 100 abitanti (64,2) e contestualmente prosegue il declino del trasporto pubblico urbano che continua a perdere passeggeri: i viaggi effettuati in media annualmente con i mezzi pubblici dagli abitanti dei capoluoghi di provincia scendono a 81 (erano 83 l’anno passato). Praticamente congelati gli indici dedicati a isole pedonali, zone a traffico limitato, reti ciclabili urbane».
Lo studio, più che di classifiche e dati (che pur ci sono) segnala questa volta una crisi urbana che «Chiede di immaginare con urgenza un altro futuro. Bisogna avere il coraggio di abbattere per ricostruire, rigenerare interi quartieri, recuperare edifici e dare casa, in affitto e a prezzi accessibili, a chi ne ha bisogno fermando il consumo di suolo e restituendo al verde suolo oggi impermeabilizzato. Bisogna pensare un modo nuovo di usare le risorse e l’energia, di organizzare la mobilità, con spazi pubblici più sicuri, più salutari e meno alienanti, immaginando la città come luogo dove si realizzano le condizioni per favorire le relazioni sociali, il senso del vicinato, del quartiere, della comunità».
I 100mila dati raccolti con un apposito rivolto e redatto dalle amministrazioni dei comuni capoluogo, conferma una divisione del Paese che la crisi ha ulteriormente ampliato: sul podio delle migliori città ci sono Venezia per le grandi, Trento per le medie e Belluno per le piccole (che però hanno punteggi poco superiori ai 60/100). L’eccellenza italiana è quindi la sufficienza in un panorama di generale mediocrità e con performance ambientali e dei servizi generalmente in calo anche nelle prime della classe.
Le tre città peggiori sono tutte in Sicilia: Catania, per le grandi città, Siracusa per le città medie e Caltanissetta per le città piccole. La Sicilia svetta per produzione procapite annua di rifiuti (oltre 714,3 kg al giorno a Catania) che per acqua potabile consumata (230,3 l/ab/giorno sempre a Catania), ma anche per acqua persa dalla rete e per la ridicola quantità di raccolta differenziata (3% a Siracusa) e per il trasporto ed il verde pubblico. E’ in queste cifre che si può leggere la crisi politica, economica ed ambientale ed il fallimento della classe dirigente di una regione che è lo specchio del Mezzogiorno e di un bel pezzo (forse maggioritario) dell’Italia del ventennio berlusconiano che rischia di diventare il Paese pigro e immobile delle grandi intese che non possono affrontare i grandi problemi.
di
Umberto Mazzantini
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