giovedì, ottobre 10, 2013
Nel corso degli ultimi 10 anni i Paesi che ricorrono alla pena di morte sono diminuiti da 29 a 21, ma c’è un gruppo di Stati che dal 2012 ha ripreso l’esecuzione delle pene capitali, tra cui Gambia, India, Indonesia, Kuwait, Nigeria, Pakistan e Vietnam. 

Radio Vaticana - Quest’anno, la Giornata mondiale contro la pena di morte è dedicata ai Paesi caraibici anglofoni, 13 dei quali la prevedono ancora per legge, anche se l’ultima esecuzione risale al 2008. Barbados e Trinidad e Tobago, pur non compiendo esecuzioni rispettivamente dal 1984 e 1999, prevedono che la pena capitale possa essere comminata con mandato obbligatorio. Gli Stati che attuano ancora la pena di morte, come risposta all’aumento dei crimini al loro interno, registrano una diminuzione dei reati? Elvira Ragosta lo ha chiesto a Stefania Tallei, referente sulla pena di morte della Comunità di Sant’Egidio: ascolta

R. - Assolutamente no. Questo è provato. È una certezza che l’uso della pena di morte chiama altra violenza. Ogni Stato si deve dotare di strumenti che sono conseguenze alle proprie leggi sulle quali si può lavorare. Ci sono Stati che cambiano la Costituzione, tolgono la pena di morte e si dotano di strumenti in grado di garantire la sicurezza. Questa è la cosa importante: come garantire la sicurezza. E noi abbiamo la certezza che la pena di morte non faccia questo. Oggi il carcere è più sicuro rispetto al passato. La pena di morte, in fondo, è nata quando il carcere non garantiva che la persona non potesse fuggire. Oggi è diverso.

D. - Dal 2012 le esecuzioni sono riprese in Paesi come il Vietnam, il Pakistan, il Kuwait, la Nigeria, l’Indonesia, l’India, il Gambia. In realtà, però ci sono 140 Paesi che hanno abolito la pena di morte per legge o nella prassi …
 
R. - C’è un grande lavoro da fare perché in questi Paesi dove le esecuzioni sono riprese ciascuno ha un suo motivo, una sua mentalità, un suo ritorno indietro … Però, dall’altra parte c’è invece una crescita della consapevolezza che la violenza non sia la risposta adeguata. Penso che bisogna lavorare molto. L’Italia, come altri Paesi, che non hanno la pena di morte dicono: “Ma perché dobbiamo occuparci della pena di morte se noi non l’abbiamo?”. È proprio per questo! Perché nel mondo globalizzato ciascuno può fare la sua parte per aiutare un altro Paese – e soprattutto i suoi governanti - a capire, a fare scelte giuste. Ogni Paese che ha fatto questo scelta può aiutarne un altro a fare la scelta giusta. Noi troviamo una richiesta di aiuto da parte dei "Paesi mantenitori" perché i ministri, i governanti vorrebbero abolire ma hanno timore del consenso popolare. Si può lavorare molto sul cambiamento dell’opinione della gente; si può lavorare in tanti modi sui giovani, nelle scuole …


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