giovedì, ottobre 31, 2013
In questi giorni di fine ottobre spopolano ovunque le zucche gialle di Halloween. Ne abbiamo realmente bisogno? Un piccolo tentativo di riflessione, al di là di ogni sterile polemica.

di Andrea Trippetta

Che cosa hanno in comune un ortolano cecoslovacco degli anni ‘70 e un contadino italiano dei nostri giorni? “Nulla!”, diranno alcuni. “La verdura!”, penseranno altri. “Un cartello!”, rispondo io. Passeggiando per delle strade di campagna mi sono infatti ripetutamente imbattuto in annunci di questo tipo, affissi presso piccole cascine: «Zucche di Halloween: 5 euro», «Vendo zucche per Halloween», ecc. Niente di elaborato, sia chiaro: piccoli pezzi di cartone scarabocchiati alla buona con un pennarello.

Tuttavia, è stata proprio l’estrema banalità di quelle scritte a farmi venire in mente una domanda: perché un anziano agricoltore (non una moderna azienda) dovrebbe interessarsi di una festa di cui, molto probabilmente, non conosce il significato? Ragioni commerciali, è evidente. Ma può bastare una risposta di questo tipo a spiegare la diffusione di quella che sembra essere diventata una nuova, ennesima moda del momento?

È così affiorata alla mia memoria, come un flash, un’immagine descritta da Václav Havel nel suo “Il potere dei senza potere” (1978). In quel testo, sorto in un ambito chiaramente diverso dal nostro, quello del dissenso verso il regime sovietico, l’autore si interrogava sul motivo che aveva spinto un ortolano ad esporre nella vetrina della sua bottega lo slogan: «Proletari di tutto il mondo unitevi!». A partire da quel minuscolo fatto quotidiano, era poi giunto a definire la natura del “sistema post-totalitario”: un mondo in cui il potere si impone sull’uomo non più per mezzo della violenza fisica, ma tramite un’«ideologia menzognera e ipocrita» che seduce l’uomo e lo fa vivere «nell’illusione di essere in sintonia con l’ordine umano e con l’ordine dell’universo».

A questo punto, qualcuno potrebbe chiedersi se non sia forse un po’ esagerato scomodare addirittura un totalitarismo del ‘900 per parlare di una cosa innocua come Halloween, dove i bambini si divertono, si mascherano e si cimentano nel consueto “trick or treat”. Ma proprio qui sta il problema: rischiamo di uniformarci e di alienarci in forme e tendenze prive di contenuto, che non ci appartengono, in virtù del fatto che tanto non fanno del male a nessuno.

Beninteso, non voglio iniziare nessuna nuova crociata; solamente, aiutiamoci a tenere gli occhi aperti, per non rimanere sostanzialmente vuoti… pur vendendo qualche zucca in più!

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