domenica, ottobre 20, 2013
Una città in piazza. Il messaggio della figlia Denise. L’amore per la verità. Gli occhi lucidi di migliaia di persone. Le bandiere e le canzoni. L’ultimo grazie alla collaboratrice di giustizia uccisa nel 2009

Città Nuova - Piazza Beccaria a Milano, un sabato mattina di metà ottobre. Col tempo nuvoloso tipico di queste parti. Con un clima né freddo e nemmeno caldo. Con l’indifferenza di una città che d’improvviso si riprende, che cerca, vive, partecipa. Bandiere gialle, fucsia e arancione, la scritta “Sento vedo parlo”, l’immagine con sotto un nome e un cognome: Lea Garofalo,collaboratrice di giustizia, uccisa nel 2009 a 35 anni dall’ex marito Carlo Cosco e da tre complici che dopo il delitto ne hanno bruciato il cadavere. I suoi resti sono stati scoperti di recente al confine tra i comuni di Monza e Milano.

Un palco con i gonfaloni della città, della provincia di Milano e di tanti altri comuni. Rami di crisantemi a margherita vengono distribuiti in questa piazza che diventa ombelico, crocevia, polo di attrazione. Migliaia le persone e tanti, davvero tanti, i giovani. Ma anche gli adulti che con gli occhi lucidi a fatica trattengono i lacrimoni.

La tenerezza e il coraggio: Denise è un nome breve, pulito, dolce da pronunciare. Evoca tenerezza, affetto. Vita che esplode nella sua interezza. Denise è la figlia di Lea, è quella creatura che per amore della verità, per amore alla mamma, ha denunciato suo padre e i suoi zii, assassini di Lea e ora condannati all’ergastolo. Denise, ha appena poco più di vent’anni. È sotto protezione ma è qui, in qualche palazzo, assiste e poi si collega per pronunciareun liberatorio «Ciao mamma».

Coraggioso e straziante al tempo stesso il suo «Ciao a tutti e grazie di cuore di essere venuti qui. Per me è un giorno triste, ma la forza me l’hai data tu, mamma. Se è successo tutto questo è stato solo per il mio bene. E non smetterò mai di ringraziarti». La cerimonia è intervallata da canzoni, le canzoni che Lea sentiva spesso, di Vasco, Battiato e De Andrè.

La lettera di una giovane madre disperata: sul palco qualcuno legge uno stralcio dal diario di Lea: «Ho scritto tutto quello che ho sentito, che mi dicono. Non ho scritto quello che penso. Della mia vita non gliene frega niente a nessuno e sono sola. Oggi però ho una speranza: è Denise, mia figlia. Lei avrà tutto quello che io non ho mai avuto nella vita».

E poi la lettera al presidente Napolitano: «Sono sola. Ho perso tutto. Sapevo a cosa andavo incontro e ora non posso cambiare il corso di questa mia triste storia. Con questa mia richiesta di aiuto vorrei che lei rispondesse alle decine di persone che si trovano nelle mie stesse condizioni. La prego ci dia un segnale di speranza. Abbiamo bisogno di aiuto». Firmato: «Una giovane madre disperata».

Applausi e commozione scandiscono i passaggi, le frasi, i silenzi.La commozione è davvero tanta. Tanto che don Luigi Ciotti di Libera esordisce, quasi urla:«Lea è ancora viva, non è morta. Lea Garofalo, è una martire della verità, una testimone della verità». E poi: «ai tanti giovani inghiottiti dalle organizzazioni mafiose per cercare la verità, noi non vi lasceremo soli. Lea ha deciso di rompere il silenzio e l’ingiustizia. Il tuo cuore e la tua coscienza sono sorgenti di libertà. Lea, hai seguito la tua coscienza per rompere un codice di odio e di mafiosità. Hai condotto con le tue piccole, grandi forze la tua scelta di libertà. Lea, hai visto, sentito e testimoniato».

Il sindaco Pisapia parla di questa donna che è un esempio per tutti, soprattutto per i giovani. «In passato troppe volte si è detto, anche qui, non vedo non sento non parlo. Oggi diciamo ad alta voce “vedo sento parlo”, come si legge nelle bandiere che hanno riempito piazza Beccaria. La figlia di Lea, Denise, ha voluto che la cerimonia si tenesse a Milano. La città – ha aggiunto Pisapia – in cui Lea ha cercato un futuro migliore e dove ha trovato il coraggio di diventare testimone di giustizia».

E ancora applausi, lacrime di speranza. Sigillo a fatti che da oggi Milano vuole appartengano al passato. Ora la bara contenete i resti mortali di Lea, portata a spalle dal sindaco Pisapia, da don Ciotti, da Nando Dalla Chiesa e da Mario Calabresi, s’immerge nella folla della piazza per scomparire dopo poco in un palazzo che s’affaccia su Piazza Fontana.

Ancora grazie Lea e grazie Denise che hai voluto che i funerale della tua mamma fossero celebrati qui, dove è stata ammazzata, per ricordare a tutti che la violenza non ha storia, non ha futuro, ma costruisce solamente strutture di oppressione e di morte.

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