giovedì, ottobre 17, 2013
I talent show sono per molti solo un sogno a termine. L’intervista ad un cantautore italiano che è partito da lì... ma non si è fermato.

di Simona Santullo

Da ormai più di dieci anni la nuova strada che conduce al successo e alla popolarità per i giovani che vogliono entrare nel mondo dello spettacolo si chiama talent show. Un format televisivo che spopola nelle prime serate televisive e che regala sogni e speranze a ragazzi pronti a sfoderare qualità artistiche nascoste per arrivare alla popolarità mediatica e alla ricchezza. Ma è davvero così facile? Non sempre, visto che solo in pochi ce la fanno e per molti è solo una grande delusione. Noi abbiamo voluto parlare di questo con Jacopo Bettinotti, un cantautore protagonista della prima edizione di un talent show condotto nel 2002 da Miguel Bosè, un ragazzo che sulla propria pelle ha provato e vissuto l’esperienza di un talent show musicale.

D- Raccontaci un po’ di te: chi è Jacopo Bettinotti?
R- Domanda aperta, difficile. Jacopo è una persona alla ricerca di un qualcosa che in questo momento forse non ha ancora trovato. Per ora ho trovato una piccola strada da percorrere che è quella della musica e che mi ha aiutato tantissimo; una strada tutta in salita e che sto percorrendo a fatica.

D- Tu entri nelle case degli italiani dopo aver partecipato al talent condotto da Miguel Bosè “Operazione Trionfo”. Ci parli un po’ di quell’esperienza?
R- E’ stata un’esperienza particolare perché mi è capitata dall’oggi al domani. Fino ad allora non avevo mai studiato canto, mai studiato musica e non avevo mai cantato di fronte a nessuno. Mi è capitato di fare questo provino, l’ho portato fino alla fine e fortunatamente mi hanno preso, da lì ho affrontato questo mondo che assolutamente non conoscevo. Dirti com’è stato, bello o brutto, non lo so, ho realizzato solo dopo tre anni dalla partecipazione che è stata un’esperienza che sicuramente mi ha portato qualcosa. Inizialmente no, non mi ha portato nulla, forse perché era in televisione e credo che la casa della musica non sia la televisione, ma la piazza, i teatri, i palchi e così via.

D- “Operazione Trionfo” è stato un trampolino di lancio per te?
R- Trampolino di lancio assolutamente no. È stato il raggiungimento di una consapevolezza. Se vogliamo valutare questa esperienza dal punto di vista della visibilità è stato sicuramente positivo, però poi, finita la trasmissione, tutti noi, a parte qualcuno che non ha fatto più musica, non abbiamo avuto più molto spazio, chi per un motivo chi per un altro, magari semplicemente per mancanza di talento.

D- Cos’è successo dopo Operazione Trionfo?
R- Dopo Operazione Trionfo io ho fatto una scelta molto particolare perché ho deciso di non accettare nulla di quello che mi veniva proposto e di mettermi a fare il cantautore. Mi sono sempre definito un “cantautore operaio”. Ho imparato a fare il cantautore perché sentivo che avevo qualcosa da dire e ho percorso questa strada per otto/nove anni, andando in giro per l’Italia e all’estero, suonando la mia musica che mi ha dato tantissime soddisfazioni, ma con la consapevolezza che è molto molto difficile.

D- Jacopo, continuiamo ancora un po’ con i talent. Oggi quanto conta la partecipazione a un talent di successo come Amici o X-factor per un ragazzo che vuole lavorare nel mondo della musica? Molti credono che quella sia una via facile per il successo: pensi sia davvero così?
R- Di facile non c’è nulla. Già non c’è nulla di facile nella vita normale e nella quotidianità, figuriamoci lì che è sì vita normale ma comunque alterata. Credimi che di facile non c’è proprio niente. Siamo abituati forse a vedere chi vince il talent e tutto quello che pochi riescono a fare. Se calcoliamo tutti i talent che ci sono in Italia sulla musica e andiamo a vedere tutte le persone che vi partecipano e ci facciamo due conti… È facile vedere che fine hanno fatto tutti quelli che il talent non l’hanno vinto… Sono davvero pochi quelli che riescono. Può essere un aiuto, però bisogna essere anche molto fortunati.

D- Credi quindi abbiano ragione tutti quelli che dicono che i talent svendono sogni a ragazzi che cercano una via facile per diventare famosi?
R- Sì, perché di vie facili per il successo non ne esistono. Poi dipende… Bisogna vedere cosa s’intende per “successo”. Per me il successo non è mai stato apparire. Il successo per me arriva dopo anni che tu fai musica, nel caso della musica. Si può dire di essere arrivati al successo quando uno diventa una persona affermata, piaci al pubblico perché hai qualcosa da dire e da comunicare e a loro piace ciò che tu dici con la tua musica; ma ci vogliono anni. Se poi per successo s’intende apparire e arrivare ad un certo numero di telespettatori in un certo intervallo piuttosto breve, allora sì, è una via facile, che però purtroppo per tantissimi è una via senza uscita, una via a senso unico. A me questo non appartiene.

D- Ora parliamo di te e della tua musica. Che cos’è per te la musica?
R- La musica io l’avevo definita anni fa: è una macchina molto veloce che ti permette di abbandonare uno stato d’animo che ti opprime, un depuratore dell’anima; questo ovviamente per me. Se ho qualche cosa che non va, prendo la chitarra e scrivo ed è come se mi liberassi di quel peso che ho dentro, ed è emozione. Comunque non sentirai mai dire da me che è la mia vita, perché è assurda come cosa.

D- Nel 2005 è uscito il tuo primo cd, “Seduto ai piedi del mio cielo”, un cd di canzoni autobiografiche. Qual è stata la soddisfazione più grande legata al tuo primo lavoro musicale?
R- La soddisfazione più grande è stata quella di riuscire a scrivere un album tutto mio. Definisco quello un album sperimentale perché ci sono dodici pezzi con una traccia fantasma, dove ho scritto ogni canzone diversa dall’altra per cercare la mia strada e per capire se potevo fare questo mestiere. Ero consapevole di dover lavorare e imparare il mestiere, ecco perché mi definisco un “cantautore operaio”. Lì ho messo dentro un po’ di tutto; ho messo dentro canzoni per la mia mamma, per il mio papà, canzoni d’amore, altre che parlano del sociale, un po’ misto. È stata una bellissima esperienza, soprattutto quando ho visto il cd concretamente e fisicamente sopra la mia libreria.

D- C’era qualcosa che ti spaventava all'epoca?
R- Non mi ha mai spaventato nulla perché tutto il mio percorso artistico l’ho fatto dicendomi che non dovevo arrivare a tutti i costi. L’ho sempre vissuto giorno per giorno e sapevo di dover rimanere con i piedi per terra, forse anche perché nel mondo della musica e dello spettacolo ci sono arrivato quando ero già abbastanza adulto, avevo venticinque anni, e non come ora che si va tra i sedici e i diciassette anni e si ha più difficoltà a gestire tutto. Avevo una maturità diversa e sapevo che dovevo rimanere padrone della mia vita. Ho saputo dire no dove credevo fosse opportuno farlo. Ho sempre avuto in mano tutta la mia vita e anche la mia carriera artistica.

D- Con “Certezze d’asfalto” hai tentato Sanremo: com’è stata quell’esperienza e cosa ti ha lasciato?
R- Non solo “Certezze d’asfalto”. Ho fatto anche Sanremo lab, l’accademia di Sanremo, ho partecipato ai concorsi online e così via, posso dire quindi di averle provate un po’ tutte. Tutte esperienze che vanno fatte e purtroppo solo pochi ragazzi riescono ad arrivare ad alti livelli, contando che ci sono giochi tra major, e quello lo sappiamo tutti, che hanno big ma che spingono per far prendere un giovane; e allora lì di spazi ne rimangono pochi, quindi…

D- Pensi di riprovarci con Sanremo?
R- No, penso di non riprovarci perché ho provato tutte le strade e tutte le strade mi hanno lasciato l’amaro in bocca, per un motivo o per un altro. Le conclusioni alla fine possono essere tante e ognuno tira le proprie. Io ho messo anche di mezzo il fatto che possa non avere talento, però sulle mie canzoni la giuria e le persone hanno sempre detto che erano canzoni di qualità e che meritavano di arrivare a una vetrina molto più ampia. Comunque non sono stato preso… chissà, o mi prendevano in giro, e non credo, oppure c’erano persone più brave, sicuramente, o ancora ci sono tanti giochi che noi non conosciamo e non si sa… quindi l’ho fatto una volta, l’ho provato ma non l’ho mai ripetuto.

D- Hai collaborato con Saverio Grandi, hitmaker di successi di Vasco Rossi e Laura Pausini. Per diventare famosi è più importante fare collaborazioni con personaggi noti e di un certo calibro oppure si riesce a essere vincenti anche se si va avanti con le proprie idee e la propria musica?
R- Credo che “arrivare” sia un’alchimia di tante cose che devono andare per il verso giusto. Io ho collaborato con Saverio e con tante altre persone che vivono di questo, persone importanti nel mondo della musica. Collaborare con Saverio è stata un’esperienza bellissima perché ho imparato tanto. A parte tutte le chiacchierate che ci siamo fatti, ho respirato musica, con lui ho respirato canzoni d’autore, ho imparato tantissimo e lo ricordo in maniera fantastica. Cantare poi le sue canzoni mi ha dato davvero qualche cosa. Per arrivare al successo invece devi avere uno staff che ti accompagni e che ti segua lungo tutto il tuo percorso. Il problema di oggi è che per fare questo “percorso” ti danno poco tempo. Vasco Rossi o Ligabue non è che sono diventati famosi con la loro prima canzone, hanno incontrato delle persone che credevano in loro e gli hanno fatto fare un percorso di crescita. Oggi questo percorso non c’è più. E poi c’è bisogno di soldi, cosa che io non ho mai avuto. Ci sono situazioni in cui per pubblicizzare un prodotto devi investire tanto. Quindi tu puoi anche avere la canzone più bella del mondo, ma se non sei supportato da una produzione che la faccia ascoltare agli altri è difficile che la si conosca.

D- Un artista italiano con cui ti piacerebbe collaborare?
R- Tanti. Ho collaborato e cantato con tanti artisti. Femminili: penso Elisa, perché adoro il suo modo di cantare e il suo modo di essere artista. Maschili: tanti. Avrei un sogno: quello di cantare con De André, ma penso che non sia fattibile. Viventi tanti perché ce ne sono davvero tanti, da Vecchioni a De Gregori, insomma la storia della musica italiana.

D- Nel 2002 partecipi a Operazione Trionfo, nel 2005 il tuo primo cd, nel 2008 esce “Pensa piano”, sempre nel 2008 seguono due singoli di successo radiofonico, “ Sospeso per metà” e “Gira voce” a cui poi è seguito “Certezze d’asfalto”. E ora su cosa stai lavorando?
R- Ho avuto una pausa mia di due anni, una pausa di riflessione per cercare di capire cosa volevo fare da grande. Ho già delle canzoni pronte per uscire, ma sono ancora ferme perché appunto stavo cercando quelle motivazioni che ho acquistato con il tempo ma che ogni tanto poi si perdono. Cosa c’è in futuro? C’è la voglia di fare un altro disco, di essere sereno nel fare musica. Il fatto che mi sia fermato due anni fa è stato perché non mi sentivo più sereno, sentivo che questo mondo non era adatto a me.

D- Jacopo, ultima domanda: sulla base della tua esperienza, che cos’è e com’è il mondo della musica oggi e come si deve essere per poterci stare dentro?
R- Certamente non si deve essere come me, ma l’opposto. Sono una persona molto introversa, uno che non scende a compromessi, mi piacciono le cose pulite, e con questo non sto assolutamente dicendo che questo mondo sia completamente “sporco”, assolutamente; però è un mondo complicato, questo sì, e bisogna essere molto forti e avere voglia di combattere continuamente e non fermarsi mai, Un po’ di “pelo sullo stomaco” ci vuole. È un mondo fatto di tantissime cose belle e molto dipende da come riesci a starci dentro. Il mio sogno più grande è quello di arrivare, però è logico che devo fare un percorso. La musica rimane al centro delle mie passioni, continuo a suonare con il mio gruppo; ma ne sto formando anche uno nuovo con un altro nome, perché voglio chiudere una parentesi della mia vita e aprirne un’altra, per poter fare musica come ti dicevo prima, nei locali, nelle piazze, portare la mia musica in giro.

Avere successo è una cosa, fare musica tutt’altra, e questo Jacopo lo ha avuto ben chiaro fin dall’inizio. Il talent show non è la musica, è solo televisione. Vie facili per il successo non ce ne sono. Fare la gavetta, proporsi nei locali per suonare dal vivo, girare l’Italia e le sue piazze con i suoi palchi è una strada faticosa, una strada tutta in salita, ma quella giusta. Una strada che non percorri solo per diventare ricco e famoso, ma la percorri perché dentro hai una passione che ti spinge a non fermarti davanti alle difficoltà che s’incontrano e ad andare avanti fino a quando hai la forza di farlo e la fortuna di dire: ce l’ho fatta.


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