Papa Francesco invita a liberarsi dalla mondanità e a non essere “cristiani di pasticceria”
Nel 1206 Francesco di Assisi si spogliò delle sue vesti, emblema di una ricchezza che lui, figlio di un commerciante benestante, riteneva ormai superflua per il suo nuovo percorso di vita. Dopo oltre 800 anni, in quella stessa sala del palazzo vescovile di Assisi, papa Francesco ha compiuto stamani un altro gesto di spoliazione, da quella mondanità che minaccia quotidianamente la Chiesa.
Un discorso a braccio, proferito nella sala del vescovado dinanzi ai poveri, un impegno e un invito a rifiutare quella mondanizzazione che mina la Chiesa è che è totalmente contraria allo spirito delle beatitudini. Il Francesco della Chiesa di oggi, che condivide con il Poverello di Assisi lo stesso amore per i poveri e gli ultimi, si è simbolicamente spogliato di quello che ha definito “lebbra e cancro della società”.
“Di cosa deve spogliarsi la Chiesa oggi? – ha chiesto papa Francesco -. Di un pericolo gravissimo che minaccia ogni persona nella Chiesa, il pericolo della mondanità. Il cristiano non può convivere con lo spirito del mondo che porta a vanità, orgoglio e prepotenza. Questo è idolo e idolatria, il peccato più forte”. Una mondanità spirituale che, per papa Francesco, finisce per uccidere l’anima, le persone e quindi la stessa Chiesa perché “non si possono servire due padroni, o Dio o il denaro”.
E quindi il chiaro riferimento ai danni che questa mondanizzazione comporta, come dimostrano le tante povertà quotidiane, sino ai drammi come quello che si è consumato ieri a Lampedusa. “Non importa se le famiglie non hanno pane e dignità – ha sottolineato il papa -, se i bambini muoiono di fame, se tanta gente deve fuggire per la libertà, se trova la morte come successo ieri a Lampedusa. Oggi è giorno di pianto, queste cose le fa lo spirito del mondo, è ridicolo che un cristiano vero, che un prete, vescovo, papa, vogliano andare sulla strada di questa mondanità che è un atteggiamento omicida”.
Da Assisi parte il rinnovato invito di papa Francesco a essere cristiani veri, non “cristiani di pasticceria, con cose dolci”. Una autenticità che si specchia nei valori cardine del francescanesimo, cui papa Francesco ha fatto riferimento durante l’omelia della messa celebrata nel piazzale della basilica inferiore. “La pace francescana non è un sentimento sdolcinato – ha sottolineato papa Bergoglio -. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo. Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi ‘prende su di sé’ il suo ‘giogo’, cioè il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con superbia, ma solo con mitezza e umiltà di cuore”.
Un amore per il creato e per l’uomo che Francesco, sulla scia del suo omonimo, ha voluto ribadire con forza: “Il santo d’Assisi testimonia il rispetto per tutto ciò che Dio ha creato e che l’uomo è chiamato a custodire e proteggere, ma soprattutto testimonia il rispetto e l’amore per ogni essere umano. Dio ha creato il mondo perché sia luogo di crescita nell’armonia e nella pace. L’armonia e la pace! - ha aggiunto il papa - . Francesco è stato uomo di armonia e di pace. Da questa città della pace, ripeto con la forza e la mitezza dell’amore: rispettiamo la creazione, non siamo strumenti di distruzione! Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione. Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto amata da san Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, nel mondo”.
Un messaggio che si smarca da qualsiasi forma di mondanizzazione per essere spirito di amore e che è risuonato forte, per arrivare in ogni angolo della terra segnato dalla violenza ma anche dall’indifferenza, sino a riecheggiare tra le acque di Lampedusa e tra le sue, le nostre, nuove vittime.
di Elisabetta Lo Iacono
Nel 1206 Francesco di Assisi si spogliò delle sue vesti, emblema di una ricchezza che lui, figlio di un commerciante benestante, riteneva ormai superflua per il suo nuovo percorso di vita. Dopo oltre 800 anni, in quella stessa sala del palazzo vescovile di Assisi, papa Francesco ha compiuto stamani un altro gesto di spoliazione, da quella mondanità che minaccia quotidianamente la Chiesa.
Un discorso a braccio, proferito nella sala del vescovado dinanzi ai poveri, un impegno e un invito a rifiutare quella mondanizzazione che mina la Chiesa è che è totalmente contraria allo spirito delle beatitudini. Il Francesco della Chiesa di oggi, che condivide con il Poverello di Assisi lo stesso amore per i poveri e gli ultimi, si è simbolicamente spogliato di quello che ha definito “lebbra e cancro della società”.
“Di cosa deve spogliarsi la Chiesa oggi? – ha chiesto papa Francesco -. Di un pericolo gravissimo che minaccia ogni persona nella Chiesa, il pericolo della mondanità. Il cristiano non può convivere con lo spirito del mondo che porta a vanità, orgoglio e prepotenza. Questo è idolo e idolatria, il peccato più forte”. Una mondanità spirituale che, per papa Francesco, finisce per uccidere l’anima, le persone e quindi la stessa Chiesa perché “non si possono servire due padroni, o Dio o il denaro”.
E quindi il chiaro riferimento ai danni che questa mondanizzazione comporta, come dimostrano le tante povertà quotidiane, sino ai drammi come quello che si è consumato ieri a Lampedusa. “Non importa se le famiglie non hanno pane e dignità – ha sottolineato il papa -, se i bambini muoiono di fame, se tanta gente deve fuggire per la libertà, se trova la morte come successo ieri a Lampedusa. Oggi è giorno di pianto, queste cose le fa lo spirito del mondo, è ridicolo che un cristiano vero, che un prete, vescovo, papa, vogliano andare sulla strada di questa mondanità che è un atteggiamento omicida”.
Da Assisi parte il rinnovato invito di papa Francesco a essere cristiani veri, non “cristiani di pasticceria, con cose dolci”. Una autenticità che si specchia nei valori cardine del francescanesimo, cui papa Francesco ha fatto riferimento durante l’omelia della messa celebrata nel piazzale della basilica inferiore. “La pace francescana non è un sentimento sdolcinato – ha sottolineato papa Bergoglio -. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo. Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi ‘prende su di sé’ il suo ‘giogo’, cioè il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con superbia, ma solo con mitezza e umiltà di cuore”.
Un amore per il creato e per l’uomo che Francesco, sulla scia del suo omonimo, ha voluto ribadire con forza: “Il santo d’Assisi testimonia il rispetto per tutto ciò che Dio ha creato e che l’uomo è chiamato a custodire e proteggere, ma soprattutto testimonia il rispetto e l’amore per ogni essere umano. Dio ha creato il mondo perché sia luogo di crescita nell’armonia e nella pace. L’armonia e la pace! - ha aggiunto il papa - . Francesco è stato uomo di armonia e di pace. Da questa città della pace, ripeto con la forza e la mitezza dell’amore: rispettiamo la creazione, non siamo strumenti di distruzione! Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione. Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto amata da san Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, nel mondo”.
Un messaggio che si smarca da qualsiasi forma di mondanizzazione per essere spirito di amore e che è risuonato forte, per arrivare in ogni angolo della terra segnato dalla violenza ma anche dall’indifferenza, sino a riecheggiare tra le acque di Lampedusa e tra le sue, le nostre, nuove vittime.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.