lunedì, ottobre 14, 2013
E’ trascorso già un anno. Nel luogo della mattanza, accanto ai paletti, c’è sempre qualcuno che in silenzio e in punta dei piedi non ha fatto mai mancare i fiori. Un gesto di commozione che nasconde rabbia silenziosa. Quel sangue d’innocente – a distanza di dodici mesi – è come se fosse ancora lì, sul selciato di corso Marianella a Napoli. Sì, era il 15 ottobre, un giorno come tanti.

Liberainformazione - Pasquale “Lino” Romano dà un bacio a Rosanna, la sua futura sposa, scese da casa di lei per andare dagli amici per la partitella a calcetto. Il killer è appostato fuori al palazzo. E’ buio e piove a dirotto.Negli occhi solo odio. La pistola è carica. Il colpo è in canna. Lui è eccitato. Già sente l’odore del sangue. E’ sicuro che da quel cazzo di portone verrà fuori Domenico Gargiulo detto “sicc e Penniell”, un bastardo, un traditore, un “girato” che ha preferito fare armi e bagagli e vendersi alla fazione camorristica rivale. Il “tribunale della malavita” lo ha già condannato: è un morto che cammina. Il sicario Salvatore Baldassarre possiede informazioni sicure. Una specchiettista di camorra per mille euro ha venduto al clan con un sms la vita di “sicc e Penniell”, fidanzato della nipote. Una trappola di camorra. Lui non sospetta di nulla. E’ comunque attento e lo protegge la buona stella. Scamperà per altre due volte la morte, di fronte a pistole che s’inceppano e a killer che sbagliano bersaglio.

Lino esce dal palazzo e si dirige verso la sua auto. Attimi, istanti e si scatena il terrore. Il killer gli scarica addosso un intero caricatore. I proiettili trafiggono il corpo innocente di Lino appena 30 anni come l’età del suo aguzzino. In una telefonata intercettata dagli inquirenti il sicario – a chi gli chiede conto dell’errore – dirà : “Tu lo sai bene quando io inizio a sparare non mi fermo più”. Ecco a fermarlo dovrà essere la giustizia con una sentenza di condanna esemplare : l’ergastolo. E’ quanto hanno richiesto al giudice Francesco Cananzi i pubblici ministeri Enrica Parascandalo e Sergio Amato.

E’ una delle pagine più nere della cronaca degli ultimi anni a Napoli. Lino Romano è l’ennesima vittima innocente della criminalità organizzata. I numeri ormai sono da conflitto bellico. Centinaia di persone uccise solo per essersi trovate al posto sbagliato al momento sbagliato. Tragedie che fanno di Napoli, una città a rischio. “Parliamo di un delitto avvenuto in una città dove una madre non potrà mai dirsi sicura e serena, se sa che il figlio non è in casa, anche solo per andare dalla fidanzata o al calcetto”. E’ l’atto d’accusa appassionato del pm Enrica Parascandalo nell’aula 115 del Tribunale di Napoli – ad ascoltare dietro le sbarre gli imputati dell’omicidio Romano.

C’è anche Salvatore Baldassarre per niente a disagio anzi con il solito sorriso da ebete e lo sguardo proteso verso moglie e familiari in cerca di saluti e baci. Il giudizio è con il rito abbreviato. La Procura ha potuto chiedere solo per il killer l’ergastolo. Purtroppo gli altri protagonisti dell’agguato – Anna Altamura (la specchiettista che attirò in trappola Gargiulo invitandolo a cena in casa della fidanzata, sua nipote, all’oscuro della trama intrecciata dalla zia) e i figli Carmine e Gaetano Annunziata e l’autista Giovanni Marino rischiano condanne tra i 14 e 16 anni perché hanno collaborato con la giustizia. La legge garantisce significative attenuanti. La critica la solleva la stessa Pm “Quello del magistrato è un mestiere difficile bisogna sapere che, con le leggi attuali, chi è imputato dell’omicidio di una vittima innocente può anche non essere condannato all’ergastolo.

La legge mi obbliga a concedere i benefici”. E’ in corso invece con rito ordinario il processo agli altri due imputati, Giuseppe Montanera, ritenuto il mandante dell’omicidio, e Giovanni Vitale, che avrebbe dovuto guidare l’auto del killer ma rinunziò all’ultimo momento, sostituito da Giovanni Marino. Nel frattempo Domenico Gargiulo più volte arrestato per droga, il vero obiettivo dei killer, poteva costituirsi parte civile nel processo ma non l’ha fatto. Ha preferito invece tatuarsi sul braccio la data della scampata morte : 15 ottobre 2012. Al suo posto con 14 colpi di pistola quella maledetta sera è finito nel mirino Lino Romano, un ragazzo normale con il futuro addosso che sognava solo di coronare il suo grande sogno d’amore: sposare Rosanna, avere dei figli e sentirsi chiamare papà.

di Arnaldo Capezzuto


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