Le denuncia è del procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho
Liberainformazione - «La tratta degli esseri umani è come il narcotraffico, gli uomini sono trattati come la cocaina. Ma le norme internazionali non ci consentono di colpire nello stesso modo i criminali che si arricchiscono su questi traffici, che sono di una gravità inaudita. Bambini che rischiano la vita per trovare una terra di speranza e criminali che mettono a rischio la loro vita». Le denuncia è del procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho: tre giorni fa ha condotto l’operazione “Never more” permettendo nello stesso tempo di salvare 226 migranti su un barcone che stava affondando e di bloccare in acque internazionali la “nave madre” con 17 trafficanti. «Per intervenire – spiega – abbiamo dovuto interpretare la Convenzione Onu di Palermo. Ma ci vuole certezza. Dopo la nostra operazione, infatti, molti mi domandano: fino a dove si può intervenire?».
E lei procuratore come risponde?
Occorre un chiarimento da parte della comunità internazionale, per avere una disciplina condivisa da tutti che ci permetta di contrastare questi criminali. Ci vuole certezza in modo che in qualunque luogo ci siano soggetti che mettono a rischio la vita dei migranti e che lo fanno a scopo di lucro, non siano posti limiti a chi vuole bloccarli.
E invece?
La lotta al narcotraffico è per tutti gli Stati una priorità condivisa, mentre quella ai trafficanti di uomini non lo è, anche perché la tratta non è un reato riconosciuto da tutti.
Mentre ci sono analogie…
Proprio così. In primo luogo per quanto riguarda i profitti: la tratta di esseri umani viene subito dopo la droga. Poi ci sono molte analogie per quanto riguarda le strutture organizzative.
In che senso?
Sia per la droga che per gli essere umani siamo di fronte a strutture di tipo militare. Come i narcos colombiani, ci sono uomini armati che accompagnano i migranti, poi quelli che riscuotono le somme di denaro per il viaggio. E come per la cocaina si viaggia sulle navi: uomini nei barconi ammucchiati come la droga nei container.
Voi lo avete toccato con mano nel barcone che avete soccorso.
Era sfondato e imbarcava acqua a dimostrazione che una volta presi i soldi i trafficanti li abbandonano a morte certa. È come la droga che una volta tagliata dà la morte.
Queste organizzazioni criminali hanno appoggi in Italia?
Abbiamo verificato che alcune delle persone fermate erano già stata controllate in Italia. E questo sarà oggetto di approfondimenti per vedere se nel nostro Paese esistono basi stabili delle organizzazioni dei trafficanti.
Torniamo alla vostra interpretazione della norma.
Noi siamo potuti intervenire in acque internazionali perché la nave non batteva alcuna bandiera, altrimenti avremmo dovuto chiedere l’autorizzazione dello Stato di appartenenza, dimostrando che era stata usata per il traffico dei persone. E questo è difficile quando chi gestisce il traffico lo fa in modo “professionale”. Conoscono bene le norme e così registrano le navi in Stati dove è arduo avere l’autorizzazione, un po’ come per i “paradisi fiscali”.
Voi avete fatto un po’ una forzatura…
Non è stata una forzatura ma un’interpretazione letterale della Convenzione. L’alternativa era non fare niente. Per questo chiediamo maggiore certezza delle norme.
Intanto continuerete a interpretarle?
Noi ci crediamo. Crediamo che la legge debba restituire e garantire la libertà delle persone. Noi siamo solo gli strumenti. Speriamo che quello che abbiamo fatto sia un esempio per tutti.
Applicando anche il reato di clandestinità?
A noi non tocca criticare le leggi. Come pm abbiamo l’obbligo di applicarle e in modo uguale per tutti. Sono principi costituzionali. Certo possiamo interpretarle, ma tocca alla politica eventualmente cambiarle. Altrimenti ci sarebbe una commistione tra poteri diversi, sarebbe una dittatura.
Liberainformazione - «La tratta degli esseri umani è come il narcotraffico, gli uomini sono trattati come la cocaina. Ma le norme internazionali non ci consentono di colpire nello stesso modo i criminali che si arricchiscono su questi traffici, che sono di una gravità inaudita. Bambini che rischiano la vita per trovare una terra di speranza e criminali che mettono a rischio la loro vita». Le denuncia è del procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho: tre giorni fa ha condotto l’operazione “Never more” permettendo nello stesso tempo di salvare 226 migranti su un barcone che stava affondando e di bloccare in acque internazionali la “nave madre” con 17 trafficanti. «Per intervenire – spiega – abbiamo dovuto interpretare la Convenzione Onu di Palermo. Ma ci vuole certezza. Dopo la nostra operazione, infatti, molti mi domandano: fino a dove si può intervenire?».
E lei procuratore come risponde?
Occorre un chiarimento da parte della comunità internazionale, per avere una disciplina condivisa da tutti che ci permetta di contrastare questi criminali. Ci vuole certezza in modo che in qualunque luogo ci siano soggetti che mettono a rischio la vita dei migranti e che lo fanno a scopo di lucro, non siano posti limiti a chi vuole bloccarli.
E invece?
La lotta al narcotraffico è per tutti gli Stati una priorità condivisa, mentre quella ai trafficanti di uomini non lo è, anche perché la tratta non è un reato riconosciuto da tutti.
Mentre ci sono analogie…
Proprio così. In primo luogo per quanto riguarda i profitti: la tratta di esseri umani viene subito dopo la droga. Poi ci sono molte analogie per quanto riguarda le strutture organizzative.
In che senso?
Sia per la droga che per gli essere umani siamo di fronte a strutture di tipo militare. Come i narcos colombiani, ci sono uomini armati che accompagnano i migranti, poi quelli che riscuotono le somme di denaro per il viaggio. E come per la cocaina si viaggia sulle navi: uomini nei barconi ammucchiati come la droga nei container.
Voi lo avete toccato con mano nel barcone che avete soccorso.
Era sfondato e imbarcava acqua a dimostrazione che una volta presi i soldi i trafficanti li abbandonano a morte certa. È come la droga che una volta tagliata dà la morte.
Queste organizzazioni criminali hanno appoggi in Italia?
Abbiamo verificato che alcune delle persone fermate erano già stata controllate in Italia. E questo sarà oggetto di approfondimenti per vedere se nel nostro Paese esistono basi stabili delle organizzazioni dei trafficanti.
Torniamo alla vostra interpretazione della norma.
Noi siamo potuti intervenire in acque internazionali perché la nave non batteva alcuna bandiera, altrimenti avremmo dovuto chiedere l’autorizzazione dello Stato di appartenenza, dimostrando che era stata usata per il traffico dei persone. E questo è difficile quando chi gestisce il traffico lo fa in modo “professionale”. Conoscono bene le norme e così registrano le navi in Stati dove è arduo avere l’autorizzazione, un po’ come per i “paradisi fiscali”.
Voi avete fatto un po’ una forzatura…
Non è stata una forzatura ma un’interpretazione letterale della Convenzione. L’alternativa era non fare niente. Per questo chiediamo maggiore certezza delle norme.
Intanto continuerete a interpretarle?
Noi ci crediamo. Crediamo che la legge debba restituire e garantire la libertà delle persone. Noi siamo solo gli strumenti. Speriamo che quello che abbiamo fatto sia un esempio per tutti.
Applicando anche il reato di clandestinità?
A noi non tocca criticare le leggi. Come pm abbiamo l’obbligo di applicarle e in modo uguale per tutti. Sono principi costituzionali. Certo possiamo interpretarle, ma tocca alla politica eventualmente cambiarle. Altrimenti ci sarebbe una commistione tra poteri diversi, sarebbe una dittatura.
di Antonio Maria Mira, giornalista de “L’Avvenire”
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