Lampedusa è una tragedia europea, si muova l’Ue
Radio Vaticana - Parole autorevoli quelle del presidente italiano Giorgio Napolitano, pronunciate nel giorno in cui il numero dei corpi ripescati è salito a 296. Sull’isola oggi sono arrivate le più alte cariche italiane - il premier, Enrico Letta, e il ministro dell’Interno, Angelino Alfano - ed europee: il presidente della Commissione europea, Manuel Barroso, e la commissaria Ue agli Affari interni, Cecilia Malmstroem. L’indicazione del presidente Giorgio Napolitano va quindi a loro: si metta in atto uno sforzo comune europeo. Il servizio di Francesca Sabatinelli: ascolta
L’Italia e l’Europa piangono i morti del Mediterraneo e lo fanno sulle salme delle vittime dell’ultima, enorme, tragedia. Letta e Barroso a Lampedusa sono andati prima nel cosiddetto Hangar della morte dove sono allineate le centinaia di bare, poi nel centro di accoglienza, l’altra faccia della tragedia, quella dei sopravvissuti, ora vessati dalle inumane condizioni di vita della struttura. Una visita, quella al centro, non prevista dal programma ufficiale, ma richiesta a gran voce soprattutto dai lampedusani che hanno fortemente contestato gli ospiti al loro arrivo. Letta e Barroso, a turno, hanno chiesto scusa, il premier per l’inadempienza dell’Italia davanti a questi drammi, Barroso, seppur indirettamente, per aver lasciato sola l’Italia. Dicendosi scioccato alla vista di tante bare, Barroso ha detto che il problema è di tutta l’Europa, che non può girarsi dall’altra parte. L’Ue, ha aggiunto, sta con la gente di Lampedusa e per questo Barroso ha anche promesso ulteriori 30 milioni di euro d’aiuto all’Italia per far fronte all’emergenza. Per le vittime ci saranno funerali di Stato, ha annunciato Letta, che ha previsto interventi per Lampedusa nella legge di stabilità, di rivedere la contestata Bossi-Fini e di portare il tema dell’immigrazione al prossimo consiglio europeo, il 24 e 25 ottobre. Tutto questo non è degno dell’Europa sono state le parole della Malmstroem, che ha indicato la creazione di una task force che pattuglierà il Mediterraneo da Cipro alla Spagna, una misura che si vorrebbe atta a salvare più vite umane possibile.
Un presidio stabile a Lampedusa, che possa essere punto di riferimento per le realtà interessate nell’accoglienza ai migranti. E’ nelle intenzioni di Caritas italiana, una cui delegazione ieri ha preso parte ad una riunione sull’isola assieme alle Caritas diocesane della Sicilia. Tra i presenti Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione di Caritas italiana. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato: ascolta
R. – Questa volta, di fronte a un’immane tragedia che abbiamo vissuto, abbiamo deciso con forza di intervenire su alcuni fronti, che per noi sono fondamentali, almeno come Chiesa. Il primo è quello di garantire nell’immediato una presenza stabile sull’isola, anche fisica. Questo significa avere un locale della Caritas con degli operatori, avvalendoci anche del tanto volontariato. Un presidio permanente, dunque. Poi, siamo in procinto anche, assieme a Save the Children, di aprire un centro per i bambini, attualmente ospitati all’interno del Centro di accoglienza. Sappiamo che la situazione lì è già difficile per gli adulti, immaginate per i bambini cosa significhi dover condividere piccoli spazi con altre 900 persone. Ci stiamo attivando quindi in tale senso. Noi vorremmo, nell’immediato, iniziare con questo, anche dopo aver dato disponibilità al governo – e questo è il terzo punto – i posti in accoglienza. Se il centro è saturo, perché è saturo, si sappia, com’è avvenuto nel passato, che la rete Caritas può mettere a disposizione non solo posti letto e cibo, ma anche competenze specifiche.
D. – Lei, Forti, che cosa ha visto nelle poche ore che è riuscito a restare a Lampedusa. Ha incontrato i profughi, come delegazione siete andati nel centro di accoglienza?
R. – C’è un’immagine: quella dell’atterraggio sull’isola. Sono diversi anni che ho l’occasione di recarmi a Lampedusa, ma questa è stata una esperienza diversa dalle altre, perché atterrare e come prima immagine vedere carri funebri parcheggiati all’esterno dell’aeroporto, adiacenti all’hangar, è certamente una scena che probabilmente rimarrà. Così come rimarrà l’immagine, che tutti abbiamo visto in tutto il mondo, di questo tappeto di bare all’interno dell’hangar. Personalmente, forse, la cosa che mi ha fatto più male è, in un sentimento misto tra dolore e rabbia, la condizione in cui i sopravvissuti sono costretti a vivere all’interno del Centro di accoglienza. Persone che hanno vissuto quello che tutti potete immaginare, si sono poi visti riconoscere esclusivamente un’accoglienza fatta in alcuni casi di materassi di gommapiuma, buttati all’esterno sotto la pioggia. Credo che questo, in qualche modo, possa sintetizzare l’immagine di un’isola che è certamente un’isola accogliente, se penso alla popolazione, ma è poco accogliente se penso a quello che le istituzioni stanno riservando a queste persone. Anche per questo motivo, in maniera provocatoria, abbiamo proposto che le persone, soprattutto donne e bambini, potessero essere, anche a spese nostre, ospitate negli alberghi dell’isola.
D. – Oggi, sono arrivati sull’isola il premier Letta e le massime cariche europee. Letta ha chiesto scusa per le inadempienze italiane...
R. – Io ho apprezzato le scuse di Letta, perché in qualche modo formalizzano una situazione che a dir poco è fuori controllo. L’Italia, prima di richiamare l’Europa alle proprie responsabilità, deve farsi un esame di coscienza. E’ vero che noi viviamo un’esperienza, un fenomeno, che ha un carattere eminentemente globale, transnazionale, ed è quindi necessario che tutti si sentano responsabili. Viene però veramente difficile pensare che si possa accusare qualcun altro quando noi come Paese non siamo in grado di garantire ad alcune centinaia di profughi arrivati sul nostro territorio un’accoglienza degna di questo nome.
D. – Letta ha avanzato delle promesse, una tra tutte il cambiamento della Bossi-Fini. Voi da sempre siete contrari a questa legge...
R. – Se questa deve essere l’occasione per riaprire la questione collegata alla modifica della Bossi-Fini, non possiamo dire che Caritas italiana sia contraria. Mi permetto solo di sottolineare come bisogna sempre saper leggere tra le righe la questione dei morti in mare che abbiamo vissuto: se dovessimo imputare queste morti alla Bossi-Fini saremmo scorretti, tecnicamente parlando. E’ evidente, però, che se deve essere questa l’occasione per portare ulteriormente all’attenzione l’inadeguatezza di un sistema, quello italiano, da un punto di vista normativo, sia per quanto riguarda i migranti economici sia per quanto riguarda i potenziali protetti internazionali, allora dico: bene, ridiscutiamone, perché c’è bisogno di adeguarsi. E mi sembra che anche oggi ci sia stato un impegno rispetto al tema dell’asilo, affinché l’Italia si adegui velocemente anche al recepimento di alcune direttive che, diversamente, ci farebbero rimanere eccessivamente indietro.
Radio Vaticana - Parole autorevoli quelle del presidente italiano Giorgio Napolitano, pronunciate nel giorno in cui il numero dei corpi ripescati è salito a 296. Sull’isola oggi sono arrivate le più alte cariche italiane - il premier, Enrico Letta, e il ministro dell’Interno, Angelino Alfano - ed europee: il presidente della Commissione europea, Manuel Barroso, e la commissaria Ue agli Affari interni, Cecilia Malmstroem. L’indicazione del presidente Giorgio Napolitano va quindi a loro: si metta in atto uno sforzo comune europeo. Il servizio di Francesca Sabatinelli: ascolta
L’Italia e l’Europa piangono i morti del Mediterraneo e lo fanno sulle salme delle vittime dell’ultima, enorme, tragedia. Letta e Barroso a Lampedusa sono andati prima nel cosiddetto Hangar della morte dove sono allineate le centinaia di bare, poi nel centro di accoglienza, l’altra faccia della tragedia, quella dei sopravvissuti, ora vessati dalle inumane condizioni di vita della struttura. Una visita, quella al centro, non prevista dal programma ufficiale, ma richiesta a gran voce soprattutto dai lampedusani che hanno fortemente contestato gli ospiti al loro arrivo. Letta e Barroso, a turno, hanno chiesto scusa, il premier per l’inadempienza dell’Italia davanti a questi drammi, Barroso, seppur indirettamente, per aver lasciato sola l’Italia. Dicendosi scioccato alla vista di tante bare, Barroso ha detto che il problema è di tutta l’Europa, che non può girarsi dall’altra parte. L’Ue, ha aggiunto, sta con la gente di Lampedusa e per questo Barroso ha anche promesso ulteriori 30 milioni di euro d’aiuto all’Italia per far fronte all’emergenza. Per le vittime ci saranno funerali di Stato, ha annunciato Letta, che ha previsto interventi per Lampedusa nella legge di stabilità, di rivedere la contestata Bossi-Fini e di portare il tema dell’immigrazione al prossimo consiglio europeo, il 24 e 25 ottobre. Tutto questo non è degno dell’Europa sono state le parole della Malmstroem, che ha indicato la creazione di una task force che pattuglierà il Mediterraneo da Cipro alla Spagna, una misura che si vorrebbe atta a salvare più vite umane possibile.
Un presidio stabile a Lampedusa, che possa essere punto di riferimento per le realtà interessate nell’accoglienza ai migranti. E’ nelle intenzioni di Caritas italiana, una cui delegazione ieri ha preso parte ad una riunione sull’isola assieme alle Caritas diocesane della Sicilia. Tra i presenti Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione di Caritas italiana. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato: ascolta
R. – Questa volta, di fronte a un’immane tragedia che abbiamo vissuto, abbiamo deciso con forza di intervenire su alcuni fronti, che per noi sono fondamentali, almeno come Chiesa. Il primo è quello di garantire nell’immediato una presenza stabile sull’isola, anche fisica. Questo significa avere un locale della Caritas con degli operatori, avvalendoci anche del tanto volontariato. Un presidio permanente, dunque. Poi, siamo in procinto anche, assieme a Save the Children, di aprire un centro per i bambini, attualmente ospitati all’interno del Centro di accoglienza. Sappiamo che la situazione lì è già difficile per gli adulti, immaginate per i bambini cosa significhi dover condividere piccoli spazi con altre 900 persone. Ci stiamo attivando quindi in tale senso. Noi vorremmo, nell’immediato, iniziare con questo, anche dopo aver dato disponibilità al governo – e questo è il terzo punto – i posti in accoglienza. Se il centro è saturo, perché è saturo, si sappia, com’è avvenuto nel passato, che la rete Caritas può mettere a disposizione non solo posti letto e cibo, ma anche competenze specifiche.
D. – Lei, Forti, che cosa ha visto nelle poche ore che è riuscito a restare a Lampedusa. Ha incontrato i profughi, come delegazione siete andati nel centro di accoglienza?
R. – C’è un’immagine: quella dell’atterraggio sull’isola. Sono diversi anni che ho l’occasione di recarmi a Lampedusa, ma questa è stata una esperienza diversa dalle altre, perché atterrare e come prima immagine vedere carri funebri parcheggiati all’esterno dell’aeroporto, adiacenti all’hangar, è certamente una scena che probabilmente rimarrà. Così come rimarrà l’immagine, che tutti abbiamo visto in tutto il mondo, di questo tappeto di bare all’interno dell’hangar. Personalmente, forse, la cosa che mi ha fatto più male è, in un sentimento misto tra dolore e rabbia, la condizione in cui i sopravvissuti sono costretti a vivere all’interno del Centro di accoglienza. Persone che hanno vissuto quello che tutti potete immaginare, si sono poi visti riconoscere esclusivamente un’accoglienza fatta in alcuni casi di materassi di gommapiuma, buttati all’esterno sotto la pioggia. Credo che questo, in qualche modo, possa sintetizzare l’immagine di un’isola che è certamente un’isola accogliente, se penso alla popolazione, ma è poco accogliente se penso a quello che le istituzioni stanno riservando a queste persone. Anche per questo motivo, in maniera provocatoria, abbiamo proposto che le persone, soprattutto donne e bambini, potessero essere, anche a spese nostre, ospitate negli alberghi dell’isola.
D. – Oggi, sono arrivati sull’isola il premier Letta e le massime cariche europee. Letta ha chiesto scusa per le inadempienze italiane...
R. – Io ho apprezzato le scuse di Letta, perché in qualche modo formalizzano una situazione che a dir poco è fuori controllo. L’Italia, prima di richiamare l’Europa alle proprie responsabilità, deve farsi un esame di coscienza. E’ vero che noi viviamo un’esperienza, un fenomeno, che ha un carattere eminentemente globale, transnazionale, ed è quindi necessario che tutti si sentano responsabili. Viene però veramente difficile pensare che si possa accusare qualcun altro quando noi come Paese non siamo in grado di garantire ad alcune centinaia di profughi arrivati sul nostro territorio un’accoglienza degna di questo nome.
D. – Letta ha avanzato delle promesse, una tra tutte il cambiamento della Bossi-Fini. Voi da sempre siete contrari a questa legge...
R. – Se questa deve essere l’occasione per riaprire la questione collegata alla modifica della Bossi-Fini, non possiamo dire che Caritas italiana sia contraria. Mi permetto solo di sottolineare come bisogna sempre saper leggere tra le righe la questione dei morti in mare che abbiamo vissuto: se dovessimo imputare queste morti alla Bossi-Fini saremmo scorretti, tecnicamente parlando. E’ evidente, però, che se deve essere questa l’occasione per portare ulteriormente all’attenzione l’inadeguatezza di un sistema, quello italiano, da un punto di vista normativo, sia per quanto riguarda i migranti economici sia per quanto riguarda i potenziali protetti internazionali, allora dico: bene, ridiscutiamone, perché c’è bisogno di adeguarsi. E mi sembra che anche oggi ci sia stato un impegno rispetto al tema dell’asilo, affinché l’Italia si adegui velocemente anche al recepimento di alcune direttive che, diversamente, ci farebbero rimanere eccessivamente indietro.
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