domenica, ottobre 13, 2013
Emergenza a Lampedusa all’indomani dell’ultimo naufragio nel canale di Sicilia, con circa 50 vittime  

Radio Vaticana - 784 persone sono ospitate nel centro di accoglienza, che ha un terzo dei posti. E in un tweet, citando l’isola, Papa Francesco scrive: “Abbi pietà Signore! Tante volte siamo accecati dalla nostra vita comoda e non vediamo quelli che muoiono vicino a noi”. E sui migranti il governo italiano annuncia una missione militare e umanitaria nel Mediterraneo. Il servizio è di Davide Maggiore: ascolta

Il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, parla di situazione “drammatica”, chiedendo “uomini e mezzi della protezione civile” e “un’unità di crisi” nazionale. Centinaia i migranti soccorsi oggi in mare, ma dai superstiti dell’ultimo naufragio è arrivato l’allarme: il barcone avrebbe trasportato 400 persone e non 250. Intanto, sono stati recuperati altri 20 corpi di vittime della strage del 3 ottobre, il cui numero è salito a 359. Il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, ha chiesto “provvedimenti urgenti” per evitare nuove tragedie, e di fare di più per “i Paesi di origine”. Perché le “persone disperate che affrontano il mare e la morte” possano approdare “con fiducia”, ha aggiunto il porporato “è necessario che nessuno si senta incriminato”. E se il presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz, ha invitato l’Unione ad “agire immediatamente” per “aiutare le vittime”, dall’Italia, il vicepresidente del consiglio Alfano ha chiesto un intervento europeo più forte. E mentre continua il dibattito sulla legge Bossi-Fini, il premier Letta ha annunciato una missione “militare e umanitaria” italiana per rendere il Mediterraneo un mare più sicuro. Inoltre si è detto favorevole all’abolizione della stessa Bossi-Fini, e ha parlato di nuove norme per il diritto d’asilo. Ma il pattugliamento del Mediterraneo con l’obiettivo di contrastare il traffico di esseri umani dalle coste nordafricane può essere realmente una soluzione per arginare questa continua emergenza? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Gabriele Del Grande, fondatore di Fortess Europe, osservatorio on line sulle vittime dell'immigrazione verso l’Europa: ascolta

R. – Più che altro, mi sembra che non si cerchi una soluzione a monte. Il problema a monte è la mobilità. Le persone che si imbarcano per la Sicilia senza passaporto, si rivolgono al contrabbando perché prima sono passati nelle nostre ambasciate, ma queste gli hanno negato i visti. Ho conosciuto molte persone arrivate qui che prima di passare per Lampedusa erano andate nelle nostre ambasciate. Fino a quando l’Europa non abbassa la soglia per l’ottenimento dei visti, quindi non permette a queste persone di viaggiare come facciamo noi - con un timbro sul passaporto e imbarcati su un aereo - continueremo ad assistere a queste tragedie. Sono 25 anni che l’Europa va avanti - dal 1988, quando sono cominciati gli sbarchi - firmando accordi di polizia, abbiamo costruito carceri in Libia, abbiamo collaborato addirittura con la polizia di Gheddafi e non siamo mai riusciti a fermare queste tragedie. In fondo è una logica di mercato: sull’altra riva del mare c’è una parte di popolazione che chiede accesso alla mobilità, l’Europa criminalizza quella mobilità e ci sono dei commercianti, dei contrabbandieri, che risolvono la questione con viaggi senza passaporti. Noi possiamo arrestare, militarizzare, fare tutto quello che vogliamo, ma finché ci sarà gente che vuole viaggiare e finché quel viaggio sarà bandito per legge dalle nostre leggi sull’immigrazione, ci sarà qualcuno che quello stesso viaggio lo offrirà in modo diverso, sicuramente più costoso, più pericoloso e con tutti i morti che vediamo in questi giorni.

 
D. - Dunque, una politica che alimenta questa logica di mercato. Chi sono i trafficanti di uomini?

R. – In realtà, c’è tutta una retorica sui trafficanti che solo in alcuni casi poi coincide con la verità. Ad esempio, dalla Tunisia, dall’Algeria molto spesso i viaggi sono “auto-organizzati”: si tratta di gruppi di ragazzi dei quartieri popolari di Tunisi o di Algeri che si organizzano, trovano una barca a motore, un gps, un amico comandante e salpano all’avventura per Lampedusa. La situazione della Libia è molto diversa. Dalla Libia non partono libici, partono persone di altri Paesi, siriani, eritrei, somali. Lì, il contrabbando è libico. Prima era legato a uomini del regime, oggi è legato ad alcune milizie che hanno combattuto contro il regime. Ripeto, loro sono coloro che sfruttano una situazione. Il problema è a monte! Il problema non sono i trafficanti. Il problema è la politica che ha criminalizzato il viaggio, che ogni anno costringe 20-30 mila persone ad affidarsi alle rotte del contrabbando come unica e ultima possibilità per viaggiare verso l’Europa. In Siria, c’è la guerra e ci sono due milioni rifugiati siriani che premono sui Paesi confinanti. Molti di loro stanno tentando di venire in Europa e anche loro non hanno altra possibilità se non quella di bussare alle porte del contrabbando libico e di viaggiare verso Lampedusa, rischiando la vita per poi continuare verso la Svezia, la principale meta dei siriani. Perché i siriani non possono prendere un visto all’ambasciata svedese, anziché affidarsi al contrabbando, andare a morire in mare e pagare tutti quei soldi?







 
 D. – Chi rischia la vita spesso non riceve i soccorsi adeguati, anche perché manca ancora un coordinamento sufficiente da parte di tutti i Paesi dell’Unione Europea…

R. – Questo è un problema. Se l’Europa deve dare una mano, la dia per il salvataggio. Non abbiamo bisogno di più navi da guerra per respingere le persone in Libia, non abbiamo bisogno di costruire carceri e formare polizia libica per arrestare le persone che sbarcano. Abbiamo bisogno di un dispositivo di salvataggio maggiore, più importante. Come è possibile che a Lampedusa siano morte più di 300 persone a mezzo miglio dall’isola senza che prima non fossero state intercettate e soccorse? Come è possibile che anche ieri questa nave in mezzo al Mediterraneo sia stata intercettata soltanto da un aereo maltese e non ci fosse lì vicino subito, nell’immediato, una nave per i soccorsi? Serve un dispositivo maggiore, ma un dispositivo di salvataggio. Inoltre, serve una parola chiara sulla legge per l’immigrazione che depenalizzi completamente il salvataggio in mare. Ci sono ancora dei pescatori, dei comandanti di navi civili, che temono di passare guai con la giustizia per essere accusati di favoreggiamento dell’immigrazione. Fino a quando l’Europa non semplifica le sue politiche, le sue procedure per l’ottenimento del visto Schengen, il problema continuerà. Fino a quando le persone che noi oggi vediamo salpare dalla Libia, arrivare in Italia, e poi continuare il viaggio verso la Svezia, la Germania o la Francia, fino a quando quelle persone non potranno salire su un aereo con un visto perché ottenere un visto sarà un po’ più semplice di oggi, noi continueremo ad assistere a queste tragedie. L’Europa deve trovare il coraggio che ha avuto, negli anni passati, quando ha liberalizzato completamente i visti sia per i Paesi dell’Est Europa che per quelli come l’Albania, la Serbia, la Croazia, la Bosnia. Perché l’Europa ha aperto completamente alla libera circolazione verso i Paesi dell’Est - con molto coraggio - e non riesce nemmeno a semplificare un minimo le procedure per i visti nei Paesi della riva sud del Mediterraneo? Perché i siriani, gli egiziani, gli eritrei, i somali non possono viaggiare in aereo con un visto sul passaporto e sono costretti a rischiare la vita in mare in questo modo?


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