domenica, ottobre 20, 2013
Trovare (o ritrovare) la fede è, di fatto, un’esperienza straordinaria che lascia stupefatti gli scettici e riempie di gioia il cuore mistico della Chiesa.

Uccr - Le vie di Gesù, come sappiamo, sono misteriose: servendosi spesso di circostanze imprevedibili, Cristo si mostra nella vita di chi è pronto ad accoglierlo, talvolta in punta di piedi, altre volte impetuoso, come un uragano. Meraviglioso è il caso di Timo Aytaç Güzelmansur, turco di Antakya (l’odierna Antiochia). Di origine musulmana, dopo la conversione ed il battesimo, Timo ha studiato teologia dal 2000 al 2005 presso l’università di Augusta e la Gregoriana di Roma. In un’intervista riportata da Sandro Magister sul sito de L’espresso, Güzelmansur spiega il motivo della sua scelta, maturata sin dall’età di diciotto anni: «Dopo il mio incontro con alcuni cristiani, ho iniziato a leggere la Bibbia, in particolare il Nuovo Testamento. E da subito sono stato affascinato dalla persona di Gesù. Questo fascino, che ancora oggi mi avvince, e la sorpresa (a causa della meraviglia) che Gesù mi ama così tanto da salire sulla croce e dare la vita per me, sono i motivi per cui sono diventato cristiano».

Dopo la conversione Timo ha sofferto l’allontanamento dei suoi parenti e dei suoi amici, ma questo non ha minimamente scalfito la sua adesione alla persona di Cristo che «ci ha amato al punto da donarsi per noi sulla croce. Se Gesù dona la sua vita per me – continua Güzelmansur – io come posso rispondere? Per me questa rappresenta la domanda fondamentale. E mi è sembrato logico ricambiare questo amore seguendo Cristo e ricevendo il battesimo». Alla fine dell’intervista (che consiglio di leggere per intero) Timo fa cenno alle conversioni dall’Islam: «Nella Chiesa cattolica in Germania annualmente vengono battezzate circa duecento persone di provenienza musulmana». I motivi di questi passaggi alla fede cristiana sono molti, ma ha ricordato soprattutto che «ci sono persone musulmane di una profonda religiosità alla ricerca di Dio, che per questo trovano nel cristianesimo un Dio che li ama e offre loro pace e accoglienza. Grazie all’incontro con Cristo scoprono un’immagine di Dio che ovviamente non possono trovare con l’islam».

Un’altra meravigliosa testimonianza di conversione dall’Islam è quella di Fauzia, una donna pakistana, madre di quattro figli, che ha conosciuto Cristo grazie all’incontro con una donna occidentale. «In quella donna brillava una luce particolare»; spiega in un’intervista, aggiungendo di essere rimasta molto colpita dal suo stile di vita. Così Fauzia matura nel cuore la decisione di diventare cristiana e di portare anche agli altri la gioia che lei stessa ha ricevuto. Purtroppo la reazione del marito sfoga nella violenza fisica e anche la sua famiglia di origine esprime la propria indignazione minacciandola di morte.

In un clima di persecuzione domestica, Fauzia si ritrova vedova dopo un anno. Con la morte del marito decide finalmente di aprire il suo cuore ai figli, che abbracceranno la fede cattolica. L’unica scelta è quella di fuggire in un altro paese, così, con l’aiuto dell’amica occidentale, Fauzia riesce a lasciare il Pakistan. Ora vive con i figli nelle Filippine e, insieme, riescono a condurre una vita normale.

L’invito di Cristo raggiunge anche Jean-Marie Elie Setbon, ebreo-ortodosso francese. Affascinato sin da piccolo alla figura di Cristo, a soli ventisei anni è rabbino del movimento Lubavitch, nel 2004 la conversione, dopo la morte della moglie. Racconta Setbon: «La nostra famiglia viveva nella precarietà. Ciononostante lunedì 6 agosto 2007 ci venne offerta una giornata di vacanza al mare, in Normandia, a Trouville. Visitai l’immenso calvario che si trova vicino alla spiaggia: quella vista mi causò una emozione molto forte. E nello stesso momento venni a sapere della morte del cardinale di Parigi Jean-Marie Lustiger (un altro grande convertito dall’ebraismo; nda): era un fatto che non poteva essere casuale! Un mese più tardi ho vissuto una sorta di esperienza mistica, di incontro con Gesù Cristo a casa mia, nella mia stanza: l’ho visto come presente! Di lì, grazie all’accoglienza paziente delle Piccole sorelle di Betlemme, mi sono preparato al battesimo. Sono stato battezzato con il nome di Jean-Marie il 14 settembre 2008. In quanto “apostata” sono stato rinnegato dalla mia famiglia, ma i miei figli, a loro volta, hanno seguito la mia scelta religiosa. Non è un qualche principio del cristianesimo che mi ha convinto, bensì il fatto di aver avuto la grazia di aver “visto” Gesù risorto. Questa esperienza diretta con Cristo mi ha trasformato interiormente e mi ha spinto a chiedere il battesimo. Anche prima, quando avevo il desiderio di essere battezzato, non c’era un qualche dogma cristiano che mi convinceva più di un altro. Proprio per questo un giorno vorrei scrivere un libro sul fatto che il cristianesimo non è una religione come un’altra».

Lo Spirito soffia dove vuole e non disdegna di abbracciare vite tra loro contrastanti. La storia della Chiesa ne è stata sempre testimone, a partire dalla conversione di San Paolo, che fu uno dei carnefici di Santo Stefano. Anche ai giorni nostri non mancano queste esperienze di luce e, a tale riguardo, vorrei citare la conversione di Walter Abbondanti e Li Jf: comunista il primo, vittima del comunismo il secondo.

La storia di Walter Abbondanti la racconta Luigi Amicone dalle colonne di Tempi, il settimanale da lui fondato nel 1994. Morto recentemente di cancro, Abbondanti da oltre dieci anni scriveva una rubrica per Tempi. Nell’articolo Amicone ricorda il suo passato di intellettuale e professore marxista. Ma la conversione di Walter avverrà in modo insolito, con la nascita di sua figlia: «Nasce mia figlia. Sono emozionatissimo. La prendo in braccio. Mi viene spontaneo un pensiero: “Ma la vita non è mia”. Giuro, non ci avevo mai pensato prima. Ma da quel preciso istante ho smesso di essere ateo e stalinista. Ti dirò di più: mia figlia è nata al Policlinico di Milano, dove c’è una piccola grotta della Madonna di Lourdes. Sono andato lì e mi sono inginocchiato».

Li Jf è, invece, un cinese cattolico che prima conduceva una vita agiata, essendo giudice in una provincia della Cina. La sua testimonianza del Vangelo lo porta alle attenzioni del regime che lo interna per undici anni in un campo di “rieducazione”. Questa esperienza lo ha privato di tutto: della casa, della moglie (costretta a divorziare) della figlia e del fratello (fuggito in Tailandia). Nonostante gli orari di lavoro massacranti e le continue vessazioni, Li non ha mai perso di vista le parole del profeta Isaia: “I tuoi orecchi sentiranno questa parola dietro di te: “Questa è la strada, percorretela”, caso mai andiate a destra o a sinistra” (Is. 30,21).

Animato dalla fede, Li non si scoraggia e riesce ad ottenere in contrabbando alcune copie della Bibbia. Così dalle tenebre spunta una piccola luce e decine di prigionieri riescono a conoscere Gesù Cristo: «Il mio Padre Celeste ha voluto che lo seguissi portando la mia croce – racconta Li – Con difficoltà ho intrapreso un cammino che mi ha privato di tutti i beni materiali, lasciandomi povero. Ma sono stato scelto a gloria del Signore e questo non può essere sostituito da alcuna ricchezza».

La conversione di Tomasz, invece, emerge dal mondo delle filosofie orientali e dell’esoterismo. Nato in una famiglia cattolica, Tomasz vive la sua adolescenza in una Polonia appena uscita dalla cortina del comunismo. Sin da giovane si appassiona alle arti marziali e trova un istruttore che lo allena all’interno di una fattoria. Il maestro lo introdurrà presto alla conoscenza (ed alla pratica) delle teorie taoiste. Tomasz lascia così la frequentazione parrocchiale e si dedica anima e corpo allo sviluppo e al controllo dell’energia. Col passare del tempo, i progressi maturati lo portano a conoscere e frequentare un guaritore, capo di una setta di cui entrerà a far parte. Grazie all’aiuto di alcuni amici riesce ad uscirne, ma ciò non lo distoglie dal retaggio di tutte le dottrine assimilate nel corso degli anni. Dopo una relazione con una donna sposata, Tomasz conosce la ragazza che diventerà sua moglie.

Ritorna in Chiesa, si confessa, ma la strada della conversione è ancora lontana. Si dedica al buddismo ed alla pratica delle OoBE (“esperienze fuori dal corpo”, dall’Inglese “out of body esperience”; nda). I continui inviti della moglie persuadono Tomasz ad accompagnarla in un convento dove insieme seguiranno un ritiro spirituale. E in quel convento egli vivrà un’esperienza che lo metterà definitivamente alle corde. «Sono arrivato di notte – racconta Tomasz – sono andato a dormire ed ho sentito che qualcosa mi stava attaccando, come per strapparmi fuori dal corpo. Preso dal terrore, ho intrapreso una dura lotta contro quella forza, fino a che mi sono liberato, riuscendo a sedermi sul letto. Mi sono subito reso conto che, nonostante fossi seduto, il mio corpo se ne stava disteso dietro di me. Ho aperto subito gli occhi, ma ogni volta che provavo a chiuderli, qualcosa cominciava a farmi a pezzi. E finalmente lo vidi. Un lupo saltò fuori da sotto il letto, mi si avventò contro per divorarmi. In quel momento, per la prima volta, ho implorato l’aiuto di Gesù Cristo. E’ stato come se una forza invisibile mi avesse veramente protetto. Sono certo che in quel momento il Signore mi ha salvato la vita. Mi ha toccato e mi ha liberato da tutto il dolore che ho causato negli anni. Oggi mi rendo che senza Gesù non posso fare niente».

Dalle fauci del nazismo giunge la testimonianza del figlio di Martin Bormann, il braccio destro di Hitler. Con lo stesso nome del padre, il giovane Bormann viene educato nel totale disprezzo della religione cattolica e nel culto del Führer. Frequenta prestigiose scuole in Baviera fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando, insieme alla madre ed ai suoi nove fratelli, sarà costretto a fuggire. Come ricorda Martin, una modesta famiglia di Salisburgo lo accoglie come un figlio, garantendogli cure e protezione. L’amore gratuito di quella gente, lo spinge a rivalutare le sue opinioni sulla Chiesa. Insieme alla sua famiglia adottiva, Martin va in pellegrinaggio al santuario della vergine di Kirchental. Da lì inizierà un cammino di conversione che lo porterà, dal ricevere il battesimo nel 1947 al prendere i voti sacerdotali e partire come missionario in Africa. Nel 1969 chiede la dispensa, si sposa, e prende la cattedra di teologia presso una università della Germania. Nel corso della sua vita (Bormann è morto all’inizio di quest’anno) ha incontrato molti sopravvissuti alla Shoah esprimendo il suo rifiuto delle teorie di razza ed il rammarico per le atroci sofferenze patite dal popolo ebraico.

Molto edificanti, infine, le esperienze di due Italiani: Liborio Coaccioli è avvocato dello Stato e fascinoso viveur, racconta di aver incontrato Dio: «Nel 2004, per una scommessa, accettata da buon pokerista. Perché deve sapere che io frequentavo regolarmente i casinò di Venezia, Sanremo, Saint-Vincent, Campione d’Italia, Montecarlo, Cannes, ed ero anche piuttosto fortunato: l’unica volta che tra chemin-de-fer e roulette ho lasciato sul tavolo verde una milionata, parlo in lire, me la sono subito ripresa con gli interessi». La scommessa che lo portò a Medjugorje la perse contro una fisioterapista, sicura che nel piccolo villaggio bosniaco la Vergine apparisse veramente. Allo scetticismo dell’avvocato, la fisioterapista rispose con le stesse parole di Filippo a Natanaèle: “Vieni e vedi”. «Era giugno – racconta Coaccioli – A ottobre andai, e la mia vita non fu più la stessa». Da quell’ottobre del 2004, dunque, Liborio Coaccioli intraprende un cammino di riscoperta della fede cristiana che lo porterà, tra le altre cose, a scrivere due libri (“Le geometrie di Dio”, edito per Thyrus e “I misteri del rosario” pubblicato da Verdechiaro Edizioni) sulla sua conversione e sulle molte domande della dottrina cattolica.

Luca Maffi è invece un rapper che a quattordici anni intraprende la via dello spettacolo. Racconta in una sua intervista per Zenit: «Comincio a fare recitazione, a lavorare nei locali notturni come deejay, come presentatore in radio e tv locali. Insomma, tutto ciò che mi poteva far sentire qualcuno andava bene per nascondere il Luca reale». Ma chi era il “Luca reale”? Un ragazzo vittima del divorzio dei genitori e di alcuni abusi sessuali: un altro dei tanti innocenti strappati da una vita normale e lasciati feriti ai margini dell’esistenza. Come racconta nell’intervista, non c’era spazio per Dio nella sua vita, fino al 2008. Durante un periodo di fallimenti lavorativi e solitudine entra, infatti, in una profonda crisi esistenziale che lo porta a rivalutare tutto. Nel mese di dicembre dello stesso anno, quasi mosso da una voce inconscia, raggiunge il Villaggio Paolo VI, una casa di spiritualità nel bresciano; lì accadrà qualcosa che segnerà tutta la sua vita: «Il 27 dicembre, alle otto di sera, entro nella cappella e faccio una cosa poco ortodossa. Apro il tabernacolo, guardo negli occhi l’eucarestia e Gli dico: “Ti do un mese di tempo per farmi capire ciò che vuoi dalla mia vita alla fine dell’anno”. Lui si è fatto aspettare fino all’ultimo, perché in quel mese ne sono successe davvero di tutti i colori: lo sconforto, il non riuscire in nulla, neppure a livello lavorativo, nei rapporti con le persone. È stato proprio un mese difficile e continuavo a dire dentro di me: “Ma arriverai? Ti ho dato tempo un mese, perché non ti fai sentire?”». Sta di fatto che proprio allo scadere del mese “pattuito” con Gesù, ad un incontro di preghiera Luca incontra la ragazza che un giorno diventerà sua moglie: «Penso che Gesù, più chiaro di così su cosa volesse dalla mia vita, non poteva essere. Mi ha parlato molto chiaramente».

L’esistenza di Luca cambia profondamente, ma la conversione non soffoca la sua più grande passione, la musica. Così, nel 2010, dà vita ad un progetto di musica hip hop che possa rendere un servizio di evangelizzazione: nasce “RapGesùCristico” sulla falsa riga del famoso “Rap Futuristico” di Fabri Fibra. Dopo la conversione ha trovato anche il coraggio di perdonare l’uomo che abusò di lui in gioventù.

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