Presentato ieri il Rapporto delle Nazioni Unite sullo Stato dell’insicurezza alimentare nel mondo 2013
Radio Vaticana - In calo il numero totale degli affamati: 842 milioni rispetto a 868 milioni dello scorso anno. Lo studio è stato elaborato da Fao, Pam ed Ifad, le tre agenzie Onu che si occupano di cibo, alimentazione ed agricoltura, impegnate a raggiungere gli obiettivi del Millennio, fissati al 2015, per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni più povere. Roberta Gisotti ha intervistato Piero Conforti, economista della Fao, responsabile delle Statistiche sulla sicurezza alimentare: ascolta
Tra le forme più drammatiche di povertà è la mancanza di cibo: 1 persona su 8 nell’intero pianeta ancora oggi patisce la fame cronica, massima parte nei Paesi in via di sviluppo, specie nella regione africana subsahariana, dove gli affamati sono 1 su 4 ma anche in Asia e in America Latina il diritto al cibo è negato a centinaia di milioni di persone, cosi come a 16 milioni che vivono nei Paesi ricchi.
D. – Dott. Conforti, il rapporto indica 86 milioni in meno di affamati rispetto allo scorso anno. Anzitutto, come si arriva a contare chi non ha cibo in tutto il mondo?
R. – Il fatto che noi comunichiamo spesso un numero di persone che soffrono la fame potrebbe indurre a pensare che siamo in grado di contare una per una queste persone, ma purtroppo non è così. Tutto quello che i dati ci consentono di fare è di stimare una probabilità che un individuo, preso a caso in una popolazione, non abbia cibo sufficiente per condurre una vita attiva e sana.
D. – Essere scesi ad 842 milioni di affamati è un buon traguardo?
R. – Ci sono due obiettivi principali a livello internazionale per quanto riguarda la lotta alla fame nel mondo. Siamo in una condizione di assoluta impossibilità a raggiungere il primo dei due obiettivi, quello più ambizioso: ridurre entro il 2015 il numero di persone sottonutrite a meno di 500 milioni. Questo in due anni è impossibile dato che ne contiamo adesso circa 840 milioni. Viceversa, l’Obiettivo del Millennio che parla solo della percentuale di persone sottonutrite è relativamente vicino: l’attuale percentuale globale è valutata intorno al 14% e dovremmo ridurla di un altro paio di punti percentuali entro il 2015. Questo, quindi non è impossibile.
D. – Nel Rapporto, si dice che con una spinta finale l’obiettivo di sviluppo può essere raggiunto. In che modo?
R. – Bisogna fare una serie di interventi che aiutino a ridurre a breve il numero di persone che soffrono di sottonutrizione senza compromettere lo sviluppo a lungo termine. Quello che a lungo termine vediamo è che la crescita economica – soprattutto se condivisa e se capace di creare opportunità economiche, di impiego per i più poveri – ha un impatto positivo sulla sicurezza alimentare. Quindi, occorre fare di più, diventare più efficienti e crescere. Inoltre, occorre condividere i frutti di questo processo con i più poveri, in particolare con gli agricoltori che hanno una parte molto importante in questa storia. Tutte quelle che sono le reti di protezione sociale e altri elementi ridistributivi di questo genere possono aiutare molto la causa della fame, anche a breve termine.
D. – L’importante è che le tre agenzie dell’Onu facciano sentire la loro voce alla comunità internazionale…
R. – Sì, è quello in cui siamo impegnati. La settimana prossima, alla Fao si terrà la riunione annuale del Comitato per la sicurezza alimentare: un grande foro in cui si cerca di facilitare il dialogo tra le agenzie come la nostra, le altre agenzie con base a Roma, i governi e tutti gli altri attori coinvolti inclusa la società civile e, nella misura possibile, anche il settore privato. Crediamo molto nell’importanza di facilitare questo dialogo per identificare le politiche più adatte a migliorare la condizione della sicurezza alimentare nel mondo.
Radio Vaticana - In calo il numero totale degli affamati: 842 milioni rispetto a 868 milioni dello scorso anno. Lo studio è stato elaborato da Fao, Pam ed Ifad, le tre agenzie Onu che si occupano di cibo, alimentazione ed agricoltura, impegnate a raggiungere gli obiettivi del Millennio, fissati al 2015, per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni più povere. Roberta Gisotti ha intervistato Piero Conforti, economista della Fao, responsabile delle Statistiche sulla sicurezza alimentare: ascolta
Tra le forme più drammatiche di povertà è la mancanza di cibo: 1 persona su 8 nell’intero pianeta ancora oggi patisce la fame cronica, massima parte nei Paesi in via di sviluppo, specie nella regione africana subsahariana, dove gli affamati sono 1 su 4 ma anche in Asia e in America Latina il diritto al cibo è negato a centinaia di milioni di persone, cosi come a 16 milioni che vivono nei Paesi ricchi.
D. – Dott. Conforti, il rapporto indica 86 milioni in meno di affamati rispetto allo scorso anno. Anzitutto, come si arriva a contare chi non ha cibo in tutto il mondo?
R. – Il fatto che noi comunichiamo spesso un numero di persone che soffrono la fame potrebbe indurre a pensare che siamo in grado di contare una per una queste persone, ma purtroppo non è così. Tutto quello che i dati ci consentono di fare è di stimare una probabilità che un individuo, preso a caso in una popolazione, non abbia cibo sufficiente per condurre una vita attiva e sana.
D. – Essere scesi ad 842 milioni di affamati è un buon traguardo?
R. – Ci sono due obiettivi principali a livello internazionale per quanto riguarda la lotta alla fame nel mondo. Siamo in una condizione di assoluta impossibilità a raggiungere il primo dei due obiettivi, quello più ambizioso: ridurre entro il 2015 il numero di persone sottonutrite a meno di 500 milioni. Questo in due anni è impossibile dato che ne contiamo adesso circa 840 milioni. Viceversa, l’Obiettivo del Millennio che parla solo della percentuale di persone sottonutrite è relativamente vicino: l’attuale percentuale globale è valutata intorno al 14% e dovremmo ridurla di un altro paio di punti percentuali entro il 2015. Questo, quindi non è impossibile.
D. – Nel Rapporto, si dice che con una spinta finale l’obiettivo di sviluppo può essere raggiunto. In che modo?
R. – Bisogna fare una serie di interventi che aiutino a ridurre a breve il numero di persone che soffrono di sottonutrizione senza compromettere lo sviluppo a lungo termine. Quello che a lungo termine vediamo è che la crescita economica – soprattutto se condivisa e se capace di creare opportunità economiche, di impiego per i più poveri – ha un impatto positivo sulla sicurezza alimentare. Quindi, occorre fare di più, diventare più efficienti e crescere. Inoltre, occorre condividere i frutti di questo processo con i più poveri, in particolare con gli agricoltori che hanno una parte molto importante in questa storia. Tutte quelle che sono le reti di protezione sociale e altri elementi ridistributivi di questo genere possono aiutare molto la causa della fame, anche a breve termine.
D. – L’importante è che le tre agenzie dell’Onu facciano sentire la loro voce alla comunità internazionale…
R. – Sì, è quello in cui siamo impegnati. La settimana prossima, alla Fao si terrà la riunione annuale del Comitato per la sicurezza alimentare: un grande foro in cui si cerca di facilitare il dialogo tra le agenzie come la nostra, le altre agenzie con base a Roma, i governi e tutti gli altri attori coinvolti inclusa la società civile e, nella misura possibile, anche il settore privato. Crediamo molto nell’importanza di facilitare questo dialogo per identificare le politiche più adatte a migliorare la condizione della sicurezza alimentare nel mondo.
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