Una delle sue qualità è sicuramente quella di non passare inosservato, e non solo per merito della sua bellezza e del fascino magnetico dei suoi occhi azzurri, ma anche e soprattutto per la sua voglia di fare musica e di essere un artista carismatico a tutto tondo
Vincitore nel passato di numerose manifestazioni musicali, Giovanni Scialpi oggi non è solo un mito degli anni ottanta ma una star internazionale, che spopola nel web con ben 100.000 visualizzazioni dei suoi video nell’arco di sole 24 ore dalla loro messa online. Noi lo abbiamo contattato e lui ci ha gentilmente concesso questa intervista.
D- La prima domanda è di rito: quando è nata la tua passione per la musica?
R- Da piccolissimo: considera che nel ’77-’78 non esistevano reality per piccoli cantanti come quelli che esistono adesso, tipo “ Io Canto”, e quindi uno dei tanti modi per cantare era quello di andare in chiesa e cantare nel coro. Fin da piccolino ho espresso questa volontà e mi sono trovato a far parte di quei cori, dove ovviamente mi hanno insegnato tanto, il solfeggio, le diverse tonalità in falsetto, ecc. ecc. Lì mi sono appassionato e ho iniziato a cantare. Avevo 7 o 8 anni.
D- Nel 1983 con “Rocking Rolling” vinci il Festival come artista emergente, nel 1988 invece con “Pregherei” vinci quello dei big… e di lì a poco arriva il successo e la notorietà. Come hai vissuto quegli anni?
R- Li ho sicuramente vissuti in modo diverso da come si vivono oggi. A quei tempi c’erano meno veicolazioni da parte del sistema, per cui il fatto di poter fare una trasmissione televisiva in diretta, come all’epoca “Azzurro”, entrare da sconosciuto ed uscirne vincitore proprio per la performance e il modo di comunicare, che dire, sono stati momenti esaltanti. Questa cosa oggi non c’è più, non avviene più perché ci sono troppi mezzi di comunicazione, c’è il web, dove siete anche voi, sì c’è più comunicazione ma si perde un po’ di più in emotività, si è più distaccati rispetto a quello che si sente e che si fruisce.
D- I mitici anni ’80: cosa hanno rappresentato per la musica quegli anni?
R- Tutto, sono stati gli ultimi anni in cui si è creata una corrente, un pensiero legato alla musica, dopodiché dal ’90 in poi c’è stata la decadenza e oggi siamo al riciclo, tutto quello che oggi sentiamo e che ci può sembrare un po’ “figo” in realtà è solo riciclo.
D- Sei stato, e sei considerato da molte donne, un sex simbol: quanto è importante l’aspetto fisico nel mondo dello showbiz?
R- Oggi è fondamentale. All’epoca c’era intuizione e in molti hanno giocato con l’aspetto fisico, lo hanno fatto David Bowie, Peter Gabriel, i Genesis ecc. ecc., io mi reputo quello che in Italia è stato il primo a giocare con l’immagine, ancor prima di una donna. Mi ricordo che vincendo Festivalbar con Roking Rolling, la sera stessa mi tagliai i capelli ed era già pronta “Cigarette and coffee” per il secondo ciclo. Quella sera stessa decisi di smettere di vendere quel personaggio, e ho cambiato subito volto. Questo ovviamente spiazzò subito molti, ma ho generato quello che oggi è molto comune. Molti artisti oggi, vedi Lady Gaga e molti altri, cambiano immagine, venendo a creare quel meccanismo di voler stupire non solo con la musica ma anche con altri effetti.
D- Molti dicono che in questo mondo rutilante e patinato per andare avanti e diventare “famosi” spesso bisogna scendere a compromessi. Leggenda metropolitana o verità?
R- Penso che oggi bisogna scendere a compromessi perché se oggi uno fa un reality tipo “Amici” di Maria De Filippi o “X Factor” i compromessi ci sono, anzi, non ci si accorge nemmeno più di scenderci a compromessi. Sei un “pupazzetto” in mano ad un sistema e quindi devi stare dentro a quel sistema se vuoi raggiungere degli obiettivi. C’è da dire comunque che oggi gli scopi o gli obiettivi sono cambiati, perché spesso oggi ad un ragazzo basta raggiungere la notorietà e per lui è il paradiso. Una volta raggiungere l’obiettivo era fare la professione per trent’anni. Io ho deciso di fare l’artista a 16 anni e dopo trent’anni sono ancora qui a farlo. Oggi ai giovani basta avere successo in quel momento e per il successo spesso si è disposti a tutto. Negli anni ’80 non era così, la sofferenza ti aiutava, ti formava, ti aiutava a stare dentro al tuo carattere e a non scendere a compromessi.
D- I tuoi bellissimi occhi blu hanno fatto innamorare milioni di ragazzine. Com’era il rapporto che avevi con le tue fans più scatenate e pronte a tutto pur di vederti, avere un autografo o toccarti la mano?
R- All’entrata dei teatri io usavo passare con le transenne. Più urlavano, meno mi fermavo; meno urlavano più mi fermavo con loro. Ero un po’ come Papa Francesco, davo udienza e conto a tutti, purché non arrivasse l’isterismo. Quindi anche le più ossessionate alla fine si calmavano pur di ottenere una stretta di mano, un autografo, un saluto e devo dire che me la sono sempre cavata bene. Si sono generati tutta una serie di ricordi basati poi sulla complicità con le mie fans e mai, per fortuna, su divismo isterico.
D- E ora com’è? Si è modificato nel tempo?
R- Uguale, continuano a dirmi le stesse cose. Una cosa carina che ho scoperto è che ogni persona e ogni età ha la sua canzone. C’è quello che si ricorda di “Rocking Rolling” e mi racconta la sua esperienza, c’è la famiglia che ha due ragazzi e mi dicono che quei due ragazzi sono nati quando ascoltavano “Cigarette and coffee”, dopo dieci anni vedo uno che mi dice che si ricorda di “Pregherei” e mi dice che io e Scarlet eravamo davvero belli, ecc. ecc. La cosa bella è che ogni canzone lega i ricordi non solo miei ma anche del pubblico alla vita che noi viviamo o che abbiamo vissuto. Questa per me è la cosa più bella che il pubblico può riferirmi per quel che riguarda le mie canzoni.
D- I tuoi sogni di allora si sono tutti avverati?
R- Guarda, questa non è una battuta ma è la verità: io ho poca memoria e non è uno scherzo. Genero sogni in continuazione, per cui per me l’obiettivo di oggi è quello di fare una pièce teatrale come ho fatto, oppure andare di più all’estero a lavorare. Lavorare all’estero mi piace, ma oggi siamo anche un po’ costretti a farlo, siamo costretti a guardare fuori dall’Italia. Ecco, questi sono sogni che si sono generati adesso e devo dire che non sono sogni che avevo quando ero un po’ più piccolino, all’ora mi bastava realizzare una canzone o scrivere un testo o della musica per esser contento. Oggi ovviamente ho bisogno di più dinamiche intorno a me.
D- Ad un certo punto della tua carriera decidi, o qualcuno lo fa per te, che Scialpi diventa Shalpy. Perché questa necessità?
R- E’ stata una esigenza voluta per poter lavorare all’estero. Ho scritto il mio cognome usando il suono fonetico e scrivendolo come gli stranieri pronuncerebbero “Scialpi”. Se non lo avessi fatto, in Germania mi avrebbero chiamato Mr. Schialpai, per evitare che mi chiamino in questo modo ho deciso di cambiare, tanto per quelli che in Italia mi conoscono non c’è differenza, mentre per l’estero scritto così è uguale al suono che noi pronunciamo.
D- Shalpy oggi, oltre la musica, fa anche teatro. Questa esigenza di fare altro da dove nasce?
R- E’ nata dal fatto che i sogni cambiano e la voglia di fare altro e di sperimentare mi fa sentire sempre vivo. Io non mi sento un impiegato della musica, io sono un artista e quindi automaticamente ho voglia di provare nuove emozioni.
D- La tua ultima produzione musicale è “Music Is Mine”, canzone davvero molto bella e con un video che ti vede indossare i panni di un sexy cow-boy dance. Ottimo pezzo e ottima forma fisica: insomma, 51 anni e non sentirli, oltre che assolutamente non dimostrarli. Come fai? Svelaci il tuo segreto.
R- Il segreto è tanta vitamina e acido ialuronico in faccia, nel senso che l’immagine è tutto e io ci tengo. Poi ho la gran fortuna che ho ereditato dalla mia mamma un Pud genetico incredibile, perché lei rughe non ne ha e io ho ripreso da lei, la mia pelle è bella tonica, ovviamente poi oltre a tutto questo cerco di mantenermi in forma. È importante perché come dicevamo prima l’immagine è tutto. Con un pochino di strategie e un po’ di sana vita si può arrivare, come dicevi tu, ad avere 51 anni e non dimostrarli.
D- Sei felice?
R- Io sono felice perché tutto questo che ti ho detto e di cui abbiamo parlato è generare vita ed energia, e quando c’è energia io sono contento. Anche quella cattiva, perché quella cattiva devi cercare di trasformarla e inevitabilmente arrivi a sperimentare cose nuove. L’importante è che non ci sia l’immobilità, che non ci sia una coltre di fermo.
D- Rimpianti ne hai?
R- Guarda, devo dire che se avessi detto più sì ai compromessi invece di dire no, forse forse… mah, forse sarebbe andata come è andata adesso, in fondo io non ho bisogno di altro. Sono contento quando riesco soprattutto a soddisfare me stesso e poi di conseguenza a soddisfare le persone che riconoscono quello che faccio.
D- Impegni e programmi futuri?
R- Questa è la terza intervista che faccio in questi giorni e dico sempre che in questi giorni “navighiamo a vista”, visto e considerato che qui cambiano ogni giorno le carte in tavola, sia economiche, sia politiche, sia personali… il mio progetto oggi è quello di continuare la mia strada in inglese e di poter espandere le mie sensazioni e il mio modo di essere in altri paesi. Per fare questo ho bisogno di due cose fondamentali e vediamo se in questi giorni queste due cose si realizzeranno, cioè cambiare la mia etichetta musicale e nello stesso momento sto preparando canzoni nuove che mi aiuteranno a fare quello che ti ho detto prima.
Essere un artista significa viaggiare, conoscere, sperimentare, curiosare, osare e Giovanni Scialpi tutte queste cose le ha fatte e continuerà a farle. Dai mitici anni ’80 ad oggi la sua carriera è stata un susseguirsi di successi, e noi siamo sicuri che continuerà ad essere così anche per i prossimi lavori. A malincuore lo salutiamo e lo ringraziamo per averci concesso l’intervista, e con lui ringraziamo anche il suo manager Roberto Blasi.
di Simona Santullo
Vincitore nel passato di numerose manifestazioni musicali, Giovanni Scialpi oggi non è solo un mito degli anni ottanta ma una star internazionale, che spopola nel web con ben 100.000 visualizzazioni dei suoi video nell’arco di sole 24 ore dalla loro messa online. Noi lo abbiamo contattato e lui ci ha gentilmente concesso questa intervista.
D- La prima domanda è di rito: quando è nata la tua passione per la musica?
R- Da piccolissimo: considera che nel ’77-’78 non esistevano reality per piccoli cantanti come quelli che esistono adesso, tipo “ Io Canto”, e quindi uno dei tanti modi per cantare era quello di andare in chiesa e cantare nel coro. Fin da piccolino ho espresso questa volontà e mi sono trovato a far parte di quei cori, dove ovviamente mi hanno insegnato tanto, il solfeggio, le diverse tonalità in falsetto, ecc. ecc. Lì mi sono appassionato e ho iniziato a cantare. Avevo 7 o 8 anni.
D- Nel 1983 con “Rocking Rolling” vinci il Festival come artista emergente, nel 1988 invece con “Pregherei” vinci quello dei big… e di lì a poco arriva il successo e la notorietà. Come hai vissuto quegli anni?
R- Li ho sicuramente vissuti in modo diverso da come si vivono oggi. A quei tempi c’erano meno veicolazioni da parte del sistema, per cui il fatto di poter fare una trasmissione televisiva in diretta, come all’epoca “Azzurro”, entrare da sconosciuto ed uscirne vincitore proprio per la performance e il modo di comunicare, che dire, sono stati momenti esaltanti. Questa cosa oggi non c’è più, non avviene più perché ci sono troppi mezzi di comunicazione, c’è il web, dove siete anche voi, sì c’è più comunicazione ma si perde un po’ di più in emotività, si è più distaccati rispetto a quello che si sente e che si fruisce.
D- I mitici anni ’80: cosa hanno rappresentato per la musica quegli anni?
R- Tutto, sono stati gli ultimi anni in cui si è creata una corrente, un pensiero legato alla musica, dopodiché dal ’90 in poi c’è stata la decadenza e oggi siamo al riciclo, tutto quello che oggi sentiamo e che ci può sembrare un po’ “figo” in realtà è solo riciclo.
D- Sei stato, e sei considerato da molte donne, un sex simbol: quanto è importante l’aspetto fisico nel mondo dello showbiz?
R- Oggi è fondamentale. All’epoca c’era intuizione e in molti hanno giocato con l’aspetto fisico, lo hanno fatto David Bowie, Peter Gabriel, i Genesis ecc. ecc., io mi reputo quello che in Italia è stato il primo a giocare con l’immagine, ancor prima di una donna. Mi ricordo che vincendo Festivalbar con Roking Rolling, la sera stessa mi tagliai i capelli ed era già pronta “Cigarette and coffee” per il secondo ciclo. Quella sera stessa decisi di smettere di vendere quel personaggio, e ho cambiato subito volto. Questo ovviamente spiazzò subito molti, ma ho generato quello che oggi è molto comune. Molti artisti oggi, vedi Lady Gaga e molti altri, cambiano immagine, venendo a creare quel meccanismo di voler stupire non solo con la musica ma anche con altri effetti.
D- Molti dicono che in questo mondo rutilante e patinato per andare avanti e diventare “famosi” spesso bisogna scendere a compromessi. Leggenda metropolitana o verità?
R- Penso che oggi bisogna scendere a compromessi perché se oggi uno fa un reality tipo “Amici” di Maria De Filippi o “X Factor” i compromessi ci sono, anzi, non ci si accorge nemmeno più di scenderci a compromessi. Sei un “pupazzetto” in mano ad un sistema e quindi devi stare dentro a quel sistema se vuoi raggiungere degli obiettivi. C’è da dire comunque che oggi gli scopi o gli obiettivi sono cambiati, perché spesso oggi ad un ragazzo basta raggiungere la notorietà e per lui è il paradiso. Una volta raggiungere l’obiettivo era fare la professione per trent’anni. Io ho deciso di fare l’artista a 16 anni e dopo trent’anni sono ancora qui a farlo. Oggi ai giovani basta avere successo in quel momento e per il successo spesso si è disposti a tutto. Negli anni ’80 non era così, la sofferenza ti aiutava, ti formava, ti aiutava a stare dentro al tuo carattere e a non scendere a compromessi.
D- I tuoi bellissimi occhi blu hanno fatto innamorare milioni di ragazzine. Com’era il rapporto che avevi con le tue fans più scatenate e pronte a tutto pur di vederti, avere un autografo o toccarti la mano?
R- All’entrata dei teatri io usavo passare con le transenne. Più urlavano, meno mi fermavo; meno urlavano più mi fermavo con loro. Ero un po’ come Papa Francesco, davo udienza e conto a tutti, purché non arrivasse l’isterismo. Quindi anche le più ossessionate alla fine si calmavano pur di ottenere una stretta di mano, un autografo, un saluto e devo dire che me la sono sempre cavata bene. Si sono generati tutta una serie di ricordi basati poi sulla complicità con le mie fans e mai, per fortuna, su divismo isterico.
D- E ora com’è? Si è modificato nel tempo?
R- Uguale, continuano a dirmi le stesse cose. Una cosa carina che ho scoperto è che ogni persona e ogni età ha la sua canzone. C’è quello che si ricorda di “Rocking Rolling” e mi racconta la sua esperienza, c’è la famiglia che ha due ragazzi e mi dicono che quei due ragazzi sono nati quando ascoltavano “Cigarette and coffee”, dopo dieci anni vedo uno che mi dice che si ricorda di “Pregherei” e mi dice che io e Scarlet eravamo davvero belli, ecc. ecc. La cosa bella è che ogni canzone lega i ricordi non solo miei ma anche del pubblico alla vita che noi viviamo o che abbiamo vissuto. Questa per me è la cosa più bella che il pubblico può riferirmi per quel che riguarda le mie canzoni.
D- I tuoi sogni di allora si sono tutti avverati?
R- Guarda, questa non è una battuta ma è la verità: io ho poca memoria e non è uno scherzo. Genero sogni in continuazione, per cui per me l’obiettivo di oggi è quello di fare una pièce teatrale come ho fatto, oppure andare di più all’estero a lavorare. Lavorare all’estero mi piace, ma oggi siamo anche un po’ costretti a farlo, siamo costretti a guardare fuori dall’Italia. Ecco, questi sono sogni che si sono generati adesso e devo dire che non sono sogni che avevo quando ero un po’ più piccolino, all’ora mi bastava realizzare una canzone o scrivere un testo o della musica per esser contento. Oggi ovviamente ho bisogno di più dinamiche intorno a me.
D- Ad un certo punto della tua carriera decidi, o qualcuno lo fa per te, che Scialpi diventa Shalpy. Perché questa necessità?
R- E’ stata una esigenza voluta per poter lavorare all’estero. Ho scritto il mio cognome usando il suono fonetico e scrivendolo come gli stranieri pronuncerebbero “Scialpi”. Se non lo avessi fatto, in Germania mi avrebbero chiamato Mr. Schialpai, per evitare che mi chiamino in questo modo ho deciso di cambiare, tanto per quelli che in Italia mi conoscono non c’è differenza, mentre per l’estero scritto così è uguale al suono che noi pronunciamo.
D- Shalpy oggi, oltre la musica, fa anche teatro. Questa esigenza di fare altro da dove nasce?
R- E’ nata dal fatto che i sogni cambiano e la voglia di fare altro e di sperimentare mi fa sentire sempre vivo. Io non mi sento un impiegato della musica, io sono un artista e quindi automaticamente ho voglia di provare nuove emozioni.
D- La tua ultima produzione musicale è “Music Is Mine”, canzone davvero molto bella e con un video che ti vede indossare i panni di un sexy cow-boy dance. Ottimo pezzo e ottima forma fisica: insomma, 51 anni e non sentirli, oltre che assolutamente non dimostrarli. Come fai? Svelaci il tuo segreto.
R- Il segreto è tanta vitamina e acido ialuronico in faccia, nel senso che l’immagine è tutto e io ci tengo. Poi ho la gran fortuna che ho ereditato dalla mia mamma un Pud genetico incredibile, perché lei rughe non ne ha e io ho ripreso da lei, la mia pelle è bella tonica, ovviamente poi oltre a tutto questo cerco di mantenermi in forma. È importante perché come dicevamo prima l’immagine è tutto. Con un pochino di strategie e un po’ di sana vita si può arrivare, come dicevi tu, ad avere 51 anni e non dimostrarli.
D- Sei felice?
R- Io sono felice perché tutto questo che ti ho detto e di cui abbiamo parlato è generare vita ed energia, e quando c’è energia io sono contento. Anche quella cattiva, perché quella cattiva devi cercare di trasformarla e inevitabilmente arrivi a sperimentare cose nuove. L’importante è che non ci sia l’immobilità, che non ci sia una coltre di fermo.
D- Rimpianti ne hai?
R- Guarda, devo dire che se avessi detto più sì ai compromessi invece di dire no, forse forse… mah, forse sarebbe andata come è andata adesso, in fondo io non ho bisogno di altro. Sono contento quando riesco soprattutto a soddisfare me stesso e poi di conseguenza a soddisfare le persone che riconoscono quello che faccio.
D- Impegni e programmi futuri?
R- Questa è la terza intervista che faccio in questi giorni e dico sempre che in questi giorni “navighiamo a vista”, visto e considerato che qui cambiano ogni giorno le carte in tavola, sia economiche, sia politiche, sia personali… il mio progetto oggi è quello di continuare la mia strada in inglese e di poter espandere le mie sensazioni e il mio modo di essere in altri paesi. Per fare questo ho bisogno di due cose fondamentali e vediamo se in questi giorni queste due cose si realizzeranno, cioè cambiare la mia etichetta musicale e nello stesso momento sto preparando canzoni nuove che mi aiuteranno a fare quello che ti ho detto prima.
Essere un artista significa viaggiare, conoscere, sperimentare, curiosare, osare e Giovanni Scialpi tutte queste cose le ha fatte e continuerà a farle. Dai mitici anni ’80 ad oggi la sua carriera è stata un susseguirsi di successi, e noi siamo sicuri che continuerà ad essere così anche per i prossimi lavori. A malincuore lo salutiamo e lo ringraziamo per averci concesso l’intervista, e con lui ringraziamo anche il suo manager Roberto Blasi.
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