venerdì, ottobre 25, 2013
In Africa la lotta contro la povertà si vince costruendo le strade, i porti e le dorsali digitali, cioè integrando tra loro i paesi del continente, anche da un punto di vista fisico: lo hanno sottolineato oggi a Pechino i dirigenti, i politici e gli esperti che hanno partecipato alla prima giornata della conferenza promossa dalla Fondazione per la collaborazione tra i popoli. 

Misna - “L’Africa è un continente carico di aspettative ma la carenza e l’inadeguatezza delle infrastrutture rischiano di comprometterne lo sviluppo economico e sociale” ha sottolineato Zhao Shengxuan, vice-presidente della Accademia cinese delle scienze sociali, istituzione ospite dell’incontro. Secondo Zhao, “per diventare ricchi bisogna costruire le strade”. Un riferimento agli ultimi 30 anni di storia della Repubblica popolare, un paese definito oggi “ancora in via di sviluppo” ma deciso a sostenere “un modello di cooperazione non fondato sugli aiuti ma sugli investimenti e il commercio”. Di certo, i numeri della relazione tra Africa e Cina colpiscono.

Negli ultimi dieci anni il valore degli scambi è decuplicato, crescendo in media del 28% e raggiungendo nel 2012 quota 198 miliardi di dollari. Durante la conferenza è stato evidenziato che è impossibile prescindere da questo rapporto se si vogliono capire i cambiamenti che il continente sta vivendo. Secondo Romano Prodi, presidente della Fondazione per la collaborazione tra i popoli e rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu il Sahel, “la Cina è il più importante paese non africano dell’Africa”. Se negli ultimi dieci anni il Prodotto interno lordo del continente è cresciuto in media del 4,8%, lo si deve anche alla Repubblica popolare. “Il nuovo volto della crescita africana – ha sottolineato Prodi – è legato alla forza della presenza della Cina, un paese che come gli Stati Uniti non è solo un protagonista ma ha anche una grande responsabilità politica verso il continente e la sua popolazione in espansione”.

Una responsabilità che si misura con l’appoggio all’integrazione economica e politica dell’area sub-sahariana. Secondo Prodi, “i mercati dei singoli Stati africani sono troppo piccoli e allora la creazione di un mercato unico è precondizione per la crescita”. Una convinzione, questa, che oggi ha attraversato vari interventi. Erastus Mwencha, il vice-presidente dell’Unione Africana (UA), ha ricordato che l’unità economica e politica del continente è l’obiettivo chiave dell’Agenda 2063 approvata in occasione del cinquantenario della nascita dell’organismo. Secondo il dirigente dell’UA, “con una base di 300 milioni di consumatori l’Africa costituisce un grande mercato in grado di avviare un processo di sviluppo”. Sempre che, s’intende, in questa direzione spingano anche l’Europa, gli Stati Uniti, la Cina e gli altri protagonisti della scena internazionale. “Solo in questo modo – ha detto Mwencha – l’Africa potrà trasformarsi da regione esportatrice di materie prime a realtà produttiva in grado di creare valore aggiunto e posti di lavoro, permettendo a milioni di persone di uscire da una condizione di povertà”.

Una battaglia di giustizia sociale, è stato sottolineato a Pechino, che va combattuta con le armi dell’economia. Alcuni dei dati diffusi oggi aiutano a capire. Secondo il Consorzio per le infrastrutture in Africa, un progetto avviato in occasione del summit del G8 di Gleneagles, la scarsa qualità delle strade, dei porti e delle ferrovie aumenta fino al 40% il costo dei prodotti africani. Stando alla Banca mondiale, le strozzature della rete elettrica, i problemi di approvvigionamento idrico, il ritardo nelle telecomunicazioni si mangiano ogni anno il 2% del Pil e riducono la produttività delle imprese fino al 40%.

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