Cambio al vertice della Segreteria di Stato vaticana: Bertone lascia, arriva
Parolin
Lavorare a qualunque titolo per la Sede apostolica, vale a dire nel fazzoletto di terra racchiuso entro Roma dove a sua volta è racchiusa la “sala comandi” della Chiesa universale, comporta una “speciale responsabilità”: assolvere tutti i compiti e i doveri assegnati con “laboriosità”, “professionalità” e “onestà della vita”, scriveva ieri Francesco.
Esortazione probabilmente non nuova né fantasiosa né per forma, né per contenuto. Ma le circostanze in cui è stata messa nero su bianco e pubblicata suggeriscono di non rubricarla troppo frettolosamente come la velleitaria strigliata di un capufficio agli impiegati, o l’annoiato predicozzo di un maestro a riottosi scolari. Come se l’agognata ventata di aria nuova che il Papa argentino si ripromette di portar nei palazzi vaticani consistesse solo in lodevoli buoni propositi e novità di facciata, rimescolando com’è normale per ogni nuovo Pontefice qualche nome e incarico tra le alte sfere dei suoi collaboratori.
Il messaggio in questione, indirizzato al presidente del Governatorato della Città del Vaticano cardinal Bertello, prendeva spunto proprio dalla nomina, pubblicata il 30 agosto, del nuovo Segretario del Governatorato stesso, lo spagnolo Fernando Vérgez Alzaga, della Congregazione dei Legionari di Cristo. Francesco ha comunicato così che padre Alzaga sarà presto ordinato vescovo, in virtù dei compiti che gli competono ora di prendersi cura anche di formazione cristiana ed assistenza spirituale dei lavoratori del Governatorato.
Perché lavorare in Vaticano, appunto, comporta “una responsabilità ecclesiale da vivere in spirito di autentica fede”; e questo colloca in una particolare luce “gli aspetti giuridico-amministrativi del rapporto” di lavoro, scriveva già il beato Giovanni Paolo II più di 30 anni fa.
Ma la nomina di maggiore rilievo del primo semestre di pontificato Bergoglio è
quella pubblicata il 31 agosto del nuovo Segretario di Stato, nella persona del
finora Nunzio apostolico in Venezuela mons. Pietro Parolin, al posto del
cardinale Tarcisio Bertone, che ha ricoperto l’incarico di primo e più alto in
rango collaboratore di Benedetto XVI prima e Francesco poi, per i sette
ultimi anni. Con la postilla che l’effettivo avvicendamento di ruoli sarebbe avvenuto proprio ieri 15 ottobre, con un’informale cerimonia alla presenza del Santo Padre e di Bertone ma non curiosamente di Parolin, alle prese in questi giorni con un imprevisto intervento chirurgico in ospedale, ha fatto sapere la sala stampa vaticana.
Che il settennato Bertone sia stato un periodo di lavoro “intenso”, diceva Francesco, è poco ma sicuro. E il porporato piemontese, già numero due di Ratzinger alla Congregazione per la dottrina della fede, prima della parentesi da arcivescovo di Genova, li ha vissuti “con grande generosità e spirito di servizio”, è il riconoscimento che il Papa gli ha tributato. Senza tacere neppure “coraggio” e “pazienza” con cui “ha vissuto le contrarietà che ha dovuto affrontare”.
Il termine del settantacinquesimo compleanno, entro cui tutti i cardinali della curia romana devono presentare al Papa le dimissioni dai propri incarichi, era scattato per lui già a dicembre 2009. Ma Benedetto XVI aveva preferito resistere a fortissime pressioni, pur di non privarsi del suo più collaudato collaboratore. Alle “contrarietà” di cui sopra menzionate senza ulteriori dettagli, l’associazione di idee viene da sé con “corvi e vipere” che, a detta dell’ultima intervista di Bertone il giorno dopo la nomina del successore, gli hanno rovesciato addosso “accuse” di ogni tipo.
Quella di non provenire dai ranghi della diplomazia della Santa Sede se non altro non funzionerà con Parolin, 58 anni, veneto di Schiavon (Vicenza), che già aveva ricoperto incarichi alle nunziature di Nigeria e Messico, prima di diventare nel 2002 Sottosegretario della Sezione per i Rapporti con gli Stati, la seconda delle due (la prima sono gli “Affari generali”) che conta la Segreteria di Stato.
Sette mesi dopo l’elezione del Papa argentino sul soglio di Pietro, sulla stagione che si apre ora col ritorno in Vaticano dell’ex nunzio a Caracas grava un esorbitante carico di attese, una su tutte quella della riforma complessiva della Curia romana (di cui la Segreteria di Stato è l’organismo preminente) che il “Consiglio di cardinali” istituito dal neoeletto Pontefice (e convocato già una prima volta a Roma a inizio ottobre) ha iniziato ad abbozzare. Dove non mancherà, si è capito, un’attenta revisione di funzioni e ruolo di servizio al Papa della Segreteria di Stato, appunto.
E’ noto pure che nell’attesa dell’ultimo conclave, con ancora addosso lo choc della rinuncia di Papa Benedetto, i cardinali riuniti in Vaticano discussero vivacemente di come avviare una nuova gestione dell’imponente apparato vaticano uffici, istituzioni, organismi vari. E la speranza per nulla recondita era un taglio netto con la triste stagione di scandali, polemiche e veleni tutti “interni” in cui il pontificato Ratzinger si era incagliato.. Stagione di cui inevitabilmente Bertone è stato protagonista di spicco; se per sue colpe oppure suo malgrado, se più nel bene o più nel male è un giudizio difficile da pronunciare netto e chiaro, tra le ombre e le luci di complesse vicende.
Lui stesso, nell’intervista citata, ammette che col senno di poi farebbe scelte diverse da altre compiute in passato. Ma il suo personale bilancio rimane ugualmente “positivo”. I suoi detrattori, al contrario, gli han sempre imputato un certo presenzialismo, eccessiva ingerenza negli “affari” politici ed ecclesiali italiani, scivolosi rapporti con personaggi di non specchiata fama. Tra i casi più spinosi la remissione della scomunica al vescovo lefebvriano Williamson, scandali ed intrighi tra cui sta prendendo faticosamente forma il nuovo corso della trasparenza nelle finanze vaticane e allo IOR, i veleni delle fughe di notizie dai sacri palazzi fin sulle colonne dei giornali.
Una ventata di aria fresca e nuova in Vaticano serve comunque più che mai, a ripensare alle non edificanti prove di sé che in un passato ancora recente sono state offerte sui mass media . Ma come i mali passati forse non si possono tutti addebitare ad un singolo, così sarebbe ingenuo riporre la speranza di cambiare in qualche semplice atto come l’avvicendamento in una carica sia pure apicale.
Francesco, da parte sua, non ha risparmiato ieri manifestazioni di cordiale riconoscenza all’ex Segretario di Stato. E magari è soltanto un fortuito caso, il fatto che prima di salutare il vecchio e il nuovo collaboratore suo più stretto abbia richiamato chiunque opera in Vaticano ad esser responsabile, laborioso ed onesto, “in spirito di autentica fede”. Ma la “suggestione”, qualunque sia l’effettivo riscontro, è comunque forte e potente. Per non dire dell’omelia pronunciata prima ancora a Santa Marta, col severo monito a non cadere nella trappola dell’ipocrisia, come i farisei preoccupati nel Vangelo del giorno della pulizia di piatti e bicchieri e incuranti dell’iniquità dentro loro stessi. Avvertimento lanciato in specie dal Papa in persona a vanitosi, carrieristi, ambiziosi, a chi si vanta sempre di se stesso credendosi perfetto. “La strada del Signore”, invece, “è adorare Dio, amare Dio sopra di tutto e amare il prossimo. E’ tanto semplice, ma tanto difficile"!.
E se un’altra associazione di idee non è troppo azzardata, verrebbe da commentare che forse persino il riformare sulla carta la Curia romana potrebbe essere più facile. Ma chissà che da solo basti davvero a voltare pagina.
Lavorare a qualunque titolo per la Sede apostolica, vale a dire nel fazzoletto di terra racchiuso entro Roma dove a sua volta è racchiusa la “sala comandi” della Chiesa universale, comporta una “speciale responsabilità”: assolvere tutti i compiti e i doveri assegnati con “laboriosità”, “professionalità” e “onestà della vita”, scriveva ieri Francesco.
Esortazione probabilmente non nuova né fantasiosa né per forma, né per contenuto. Ma le circostanze in cui è stata messa nero su bianco e pubblicata suggeriscono di non rubricarla troppo frettolosamente come la velleitaria strigliata di un capufficio agli impiegati, o l’annoiato predicozzo di un maestro a riottosi scolari. Come se l’agognata ventata di aria nuova che il Papa argentino si ripromette di portar nei palazzi vaticani consistesse solo in lodevoli buoni propositi e novità di facciata, rimescolando com’è normale per ogni nuovo Pontefice qualche nome e incarico tra le alte sfere dei suoi collaboratori.
Il messaggio in questione, indirizzato al presidente del Governatorato della Città del Vaticano cardinal Bertello, prendeva spunto proprio dalla nomina, pubblicata il 30 agosto, del nuovo Segretario del Governatorato stesso, lo spagnolo Fernando Vérgez Alzaga, della Congregazione dei Legionari di Cristo. Francesco ha comunicato così che padre Alzaga sarà presto ordinato vescovo, in virtù dei compiti che gli competono ora di prendersi cura anche di formazione cristiana ed assistenza spirituale dei lavoratori del Governatorato.
Perché lavorare in Vaticano, appunto, comporta “una responsabilità ecclesiale da vivere in spirito di autentica fede”; e questo colloca in una particolare luce “gli aspetti giuridico-amministrativi del rapporto” di lavoro, scriveva già il beato Giovanni Paolo II più di 30 anni fa.
mons. Pietro Parolin |
ultimi anni. Con la postilla che l’effettivo avvicendamento di ruoli sarebbe avvenuto proprio ieri 15 ottobre, con un’informale cerimonia alla presenza del Santo Padre e di Bertone ma non curiosamente di Parolin, alle prese in questi giorni con un imprevisto intervento chirurgico in ospedale, ha fatto sapere la sala stampa vaticana.
Che il settennato Bertone sia stato un periodo di lavoro “intenso”, diceva Francesco, è poco ma sicuro. E il porporato piemontese, già numero due di Ratzinger alla Congregazione per la dottrina della fede, prima della parentesi da arcivescovo di Genova, li ha vissuti “con grande generosità e spirito di servizio”, è il riconoscimento che il Papa gli ha tributato. Senza tacere neppure “coraggio” e “pazienza” con cui “ha vissuto le contrarietà che ha dovuto affrontare”.
Il termine del settantacinquesimo compleanno, entro cui tutti i cardinali della curia romana devono presentare al Papa le dimissioni dai propri incarichi, era scattato per lui già a dicembre 2009. Ma Benedetto XVI aveva preferito resistere a fortissime pressioni, pur di non privarsi del suo più collaudato collaboratore. Alle “contrarietà” di cui sopra menzionate senza ulteriori dettagli, l’associazione di idee viene da sé con “corvi e vipere” che, a detta dell’ultima intervista di Bertone il giorno dopo la nomina del successore, gli hanno rovesciato addosso “accuse” di ogni tipo.
Quella di non provenire dai ranghi della diplomazia della Santa Sede se non altro non funzionerà con Parolin, 58 anni, veneto di Schiavon (Vicenza), che già aveva ricoperto incarichi alle nunziature di Nigeria e Messico, prima di diventare nel 2002 Sottosegretario della Sezione per i Rapporti con gli Stati, la seconda delle due (la prima sono gli “Affari generali”) che conta la Segreteria di Stato.
Sette mesi dopo l’elezione del Papa argentino sul soglio di Pietro, sulla stagione che si apre ora col ritorno in Vaticano dell’ex nunzio a Caracas grava un esorbitante carico di attese, una su tutte quella della riforma complessiva della Curia romana (di cui la Segreteria di Stato è l’organismo preminente) che il “Consiglio di cardinali” istituito dal neoeletto Pontefice (e convocato già una prima volta a Roma a inizio ottobre) ha iniziato ad abbozzare. Dove non mancherà, si è capito, un’attenta revisione di funzioni e ruolo di servizio al Papa della Segreteria di Stato, appunto.
E’ noto pure che nell’attesa dell’ultimo conclave, con ancora addosso lo choc della rinuncia di Papa Benedetto, i cardinali riuniti in Vaticano discussero vivacemente di come avviare una nuova gestione dell’imponente apparato vaticano uffici, istituzioni, organismi vari. E la speranza per nulla recondita era un taglio netto con la triste stagione di scandali, polemiche e veleni tutti “interni” in cui il pontificato Ratzinger si era incagliato.. Stagione di cui inevitabilmente Bertone è stato protagonista di spicco; se per sue colpe oppure suo malgrado, se più nel bene o più nel male è un giudizio difficile da pronunciare netto e chiaro, tra le ombre e le luci di complesse vicende.
Lui stesso, nell’intervista citata, ammette che col senno di poi farebbe scelte diverse da altre compiute in passato. Ma il suo personale bilancio rimane ugualmente “positivo”. I suoi detrattori, al contrario, gli han sempre imputato un certo presenzialismo, eccessiva ingerenza negli “affari” politici ed ecclesiali italiani, scivolosi rapporti con personaggi di non specchiata fama. Tra i casi più spinosi la remissione della scomunica al vescovo lefebvriano Williamson, scandali ed intrighi tra cui sta prendendo faticosamente forma il nuovo corso della trasparenza nelle finanze vaticane e allo IOR, i veleni delle fughe di notizie dai sacri palazzi fin sulle colonne dei giornali.
Una ventata di aria fresca e nuova in Vaticano serve comunque più che mai, a ripensare alle non edificanti prove di sé che in un passato ancora recente sono state offerte sui mass media . Ma come i mali passati forse non si possono tutti addebitare ad un singolo, così sarebbe ingenuo riporre la speranza di cambiare in qualche semplice atto come l’avvicendamento in una carica sia pure apicale.
Francesco, da parte sua, non ha risparmiato ieri manifestazioni di cordiale riconoscenza all’ex Segretario di Stato. E magari è soltanto un fortuito caso, il fatto che prima di salutare il vecchio e il nuovo collaboratore suo più stretto abbia richiamato chiunque opera in Vaticano ad esser responsabile, laborioso ed onesto, “in spirito di autentica fede”. Ma la “suggestione”, qualunque sia l’effettivo riscontro, è comunque forte e potente. Per non dire dell’omelia pronunciata prima ancora a Santa Marta, col severo monito a non cadere nella trappola dell’ipocrisia, come i farisei preoccupati nel Vangelo del giorno della pulizia di piatti e bicchieri e incuranti dell’iniquità dentro loro stessi. Avvertimento lanciato in specie dal Papa in persona a vanitosi, carrieristi, ambiziosi, a chi si vanta sempre di se stesso credendosi perfetto. “La strada del Signore”, invece, “è adorare Dio, amare Dio sopra di tutto e amare il prossimo. E’ tanto semplice, ma tanto difficile"!.
E se un’altra associazione di idee non è troppo azzardata, verrebbe da commentare che forse persino il riformare sulla carta la Curia romana potrebbe essere più facile. Ma chissà che da solo basti davvero a voltare pagina.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.