venerdì, novembre 15, 2013
I ricordi di padre Juan Carlos Scannone durante la dittatura argentina e gli sforzi del futuro Papa per proteggerlo dai militari  

Aleteia - Si sorprende che l’Osservatore Romano abbia pubblicato un suo articolo: “Di fronte agli abissi che dividono poveri e ricchi”. Chiede conferma. Nei suoi ottant’anni appena compiuti – Scannone li ha festeggiati questa settimana nello storico collegio gesuita del Salvador di Buenos Aires – il giornale della Santa Sede raramente si era occupato di lui. E adesso, di colpo, una intervista all’inizio di aprile sul suo alunno Bergoglio e un articolo a stretto giro di posta sulla Filosofia della liberazione! Quell’intervista ha poi avuto un seguito. “A metà aprile ho ricevuto una lettera scritta a mano da Bergoglio” racconta Scannone. «“Via aerea”, era l’unica parola che non aveva scritto di suo pugno, il resto sì, anche il mittente: F. Casa Santa Marta. Città del Vaticano. Querido cachito.., mi si è rivolto con il diminutivo con cui mi chiamano qui nella residenza gesuita di San Miguel; mi ringraziava per l’intervista. “Racconti solo le cose buone e non quelle cattive…” si scherniva. Nella stessa busta c’erano anche diversi santini con il Cristo resuscitato».

In realtà quella cui accenna è stata la seconda volta che Bergoglio Papa si è fatto vivo con lui. La prima fu allorché Scannone gli fece pervenire a Roma, dove si trovava ancor prima di iniziare il conclave, una lettera a proposito di una rete latinoamericana sul pensiero sociale della Chiesa che lui, Carlos Ferrer (sponsor Mons. Mario Toso, segretario del Pontificio consiglio della giustizia e della pace) e altri argentini avevano deciso di costituire “per dire qualcosa, nella linea che noi desideriamo, al nuovo Papa quando verrà eletto…”. Nella divisione dei compiti a Scannone toccò trasmettere la notizia della neonata rete ai cardinali Rodriguez Maradiaga, Francisco Javier Errázuriz e, appunto, a Bergoglio. “Era a Roma, così mandai la lettera per mail all’indirizzo di posta elettronica della Curia di Buenos Aires chiedendo il favore di fargliela avere dove si trovava”.

Quel che è successo con Bergoglio è cosa risaputa. Non che qualche giorno dopo Papa Francisco ha scritto a Scannone per ringraziarlo della lettera, e altre cose che il suo professore di un tempo preferisce mantenere riservate. Scannone teologo della liberazione si è sempre sentito appoggiato da Bergoglio quando questi era superiore. “Conosceva i miei scritti” riferisce. “Non posso dire che fosse d’accordo, ma certamente li approvava, tant’è vero che all’epoca dei militari, quando scrivevo di Teologia della liberazione, lui li leggeva; e quando i vescovi gli chiedevano di me, mi difendeva dicendo che le mie posizioni erano ecclesiali”. Anzi – ricorda Scannone – era Bergoglio che lo spronava a pubblicare. “Quando mi chiedevano contributi le riviste internazionali… ricordo Christus del Messico sul rapporto teoria-praxis nella teologia della liberazione, Concilium… lui mi spingeva ad accettare, e mi raccomandava di non spedire l’articolo dall’ufficio postale di san Miguel ma dalle poste del centro di Buenos Aires per evitare la censura a cui pensava potessi venir sottoposto qui”.

Padre Scannone sapeva che i militari della dittatura lo tenevano d’occhio. “Bergoglio, come provinciale, aveva rapporti con i cappellani militari, e costoro gli dicevano di fare attenzione con me perché mi stavano sorvegliando”. Anche per questo Bergoglio gli raccomandava di essere prudente. “Mi diceva di non muovermi mai da solo per il quartiere perché se mi sequestravano dovevano esserci testimoni per poter intervenire. In quel tempo visitavo un barrio che si chiama La manuelita; vivevano lì anche gli assunzionisti che studiavano nel collegio gesuita. Il loro superiore era padre Jorge Oscar Adur; i militari lo cercarono ma non lo trovarono, però portarono via due seminaristi che sparirono per sempre. Era il 4 giugno 1976, lo ricordo bene perché per me era una data speciale. Loro non avevano niente a che vedere con la sovversione; Padre Adur si esiliò in Francia, ma nel giugno del 1980 quando il Papa andò in Brasile, viaggiò anche lui per visitare una sorella; si erano accordati di vedersi a Porto Alegre ma quando era in viaggio per raggiungerla scomparve. Probabilmente le sinergie dell’Operazione Condor». Di vicende simili Juan Carlos Scannone ne ha viste un certo numero.

“Ero molto amico di padre Jorio [Sequestrato con Francisco Jalics nel 1977]. Bergoglio viveva qui e mi raccontava quello che stavano facendo per loro. Innanzitutto per sapere chi li aveva presi, se l’esercito, la marina, l’aeronautica o la polizia. Attraverso i cappellani militari seppe poi che era stata la marina. Per quello che mi ha detto Jorio non sono stati torturati. La tortura consisteva nel lasciarli diversi giorni bendati e legati, con i secondini che gli orinavano e defecavano addosso. Finché giunsero alla conclusione che erano innocenti. Allora gli lasciarono fare la doccia, gli dettero dei vestiti e li trasportarono in elicottero, addormentati, lasciandoli in aperta campagna”.

Un altro caso che Scannone non dimentica è il sequestro di un suo alunno di nome Albanesi. «Bergoglio comprovò che era innocente, ma il ragazzo vide in faccia uno dei suoi torturatori, e questo lo condannava a morte. Andò a parlare con il responsabile dell’unità che lo deteneva; gli disse che l’uccisione di un innocente sapendo che è innocente solamente perché ha visto in faccia il torturatore era un peccato gravissimo. “Se crede nell’inferno – mi raccontò – sappia che il peccato è da inferno”. Gli salvò la vita.

fonte: terredamerica


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