Le emissioni globali di biossido di carbonio derivate dall’utilizzo di combustibili fossili raggiungerà un livello record nel 2013, pari a 36 miliardi di tonnellate: lo rivela un rapporto del Global Carbon Project, gruppo di esperti che assemblano dati di istituti di ricerca di tutto il mondo, pubblicato dalla rivista Earth Systems Data.
Misna - Lo studio, a cura di 49 ricercatori di 10 diversi paesi, mostra il pieno fallimento della comunità internazionale nel controllare i gas a effetto serra a cui è attribuito il riscaldamento globale. La stima per l’anno in corso rappersenta un aumento del 2,1% rispetto al 2012 e del 61% rispetto al 1990, considerato l’anno base per il Protocollo di Kyoto, unico accordo globale che fissa limiti vincolanti ai livelli di emissioni nazionali di CO2 ma coinvolge solo i paesi industrializzati, con l’eccezione emblematica degli Stati Uniti che non l’hanno mai ratificato.
Il documento viene pubblicato mentre a Varsavia i rappresentanti di quasi 200 paesi sono riuniti per la 19esima Conferenza dell’Onu sul clima (Cop 19), incentrata sui negoziati per un nuovo accordo vincolante sulle emissioni nocive da raggiungere entro il 2015 e che possa entrare in vigore nel 2020: lo scopo è mantenere sotto i 2 °C l’innalzamento della temperatura media globale rispetto all’epoca preindustriale. “I governi devono accordarsi su come invertire questa tendenza. Le emissioni devono diminuire sostanzialmente” ha scritto in un comunicato la principale autrice del rapporto, Corinne Le Quere, del Centro di ricerca Tyndall sui cambiamenti climatici.
Ma le cronache che arrivano dalla Polonia non sono incoraggianti: a Varsavia “procedono a tentoni i negoziati sui cambiamenti climatici. Non ci si aspetta – e si sapeva ormai ancor prima di iniziare – un impegno per ridurre le emissioni di gas serra prima del 2015. Nel frattempo le lobby del carbone e del fossile dispiegano le loro armi di propaganda. Passano nella mente prima le immagini tragiche delle Filippine, poi i tornado negli States e la mia cara Sardegna sott’acqua – popolazioni vittime dei cambiamenti climatici – quasi sempre, guarda caso, nei sud del mondo o nelle zone marginali ed impoverite, i buchi neri del liberismo” scrive su Facebook Francesco Martone, esponente dell’organizzazione Forest Peoples Programme. “E non posso non constatare nuovamente – aggiunge – l’inaccettabile distacco dalla quotidianità patinata di chi corre da una sala all’altra dello stadio di Varsavia, accapigliandosi su virgole, parentesi quadre, graffe e tonde e chi piange per i suoi cari e la sua terra. Unica eccezione il grido di dolore del capo delegazione filippino che giorni fa ha portato nelle sale il dramma del suo popolo. Perché il tema della giustizia climatica è tema che riguarda il diritto alla sopravvivenza, contro il biocidio. Allora le decine di migliaia di persone che sono scese in piazza in Italia qualche giorno fa sono legate a doppio filo alle vittime dei cambiamenti climatici, accomunate tutte dal peso insostenibile del debito ecologico”.
Misna - Lo studio, a cura di 49 ricercatori di 10 diversi paesi, mostra il pieno fallimento della comunità internazionale nel controllare i gas a effetto serra a cui è attribuito il riscaldamento globale. La stima per l’anno in corso rappersenta un aumento del 2,1% rispetto al 2012 e del 61% rispetto al 1990, considerato l’anno base per il Protocollo di Kyoto, unico accordo globale che fissa limiti vincolanti ai livelli di emissioni nazionali di CO2 ma coinvolge solo i paesi industrializzati, con l’eccezione emblematica degli Stati Uniti che non l’hanno mai ratificato.
Il documento viene pubblicato mentre a Varsavia i rappresentanti di quasi 200 paesi sono riuniti per la 19esima Conferenza dell’Onu sul clima (Cop 19), incentrata sui negoziati per un nuovo accordo vincolante sulle emissioni nocive da raggiungere entro il 2015 e che possa entrare in vigore nel 2020: lo scopo è mantenere sotto i 2 °C l’innalzamento della temperatura media globale rispetto all’epoca preindustriale. “I governi devono accordarsi su come invertire questa tendenza. Le emissioni devono diminuire sostanzialmente” ha scritto in un comunicato la principale autrice del rapporto, Corinne Le Quere, del Centro di ricerca Tyndall sui cambiamenti climatici.
Ma le cronache che arrivano dalla Polonia non sono incoraggianti: a Varsavia “procedono a tentoni i negoziati sui cambiamenti climatici. Non ci si aspetta – e si sapeva ormai ancor prima di iniziare – un impegno per ridurre le emissioni di gas serra prima del 2015. Nel frattempo le lobby del carbone e del fossile dispiegano le loro armi di propaganda. Passano nella mente prima le immagini tragiche delle Filippine, poi i tornado negli States e la mia cara Sardegna sott’acqua – popolazioni vittime dei cambiamenti climatici – quasi sempre, guarda caso, nei sud del mondo o nelle zone marginali ed impoverite, i buchi neri del liberismo” scrive su Facebook Francesco Martone, esponente dell’organizzazione Forest Peoples Programme. “E non posso non constatare nuovamente – aggiunge – l’inaccettabile distacco dalla quotidianità patinata di chi corre da una sala all’altra dello stadio di Varsavia, accapigliandosi su virgole, parentesi quadre, graffe e tonde e chi piange per i suoi cari e la sua terra. Unica eccezione il grido di dolore del capo delegazione filippino che giorni fa ha portato nelle sale il dramma del suo popolo. Perché il tema della giustizia climatica è tema che riguarda il diritto alla sopravvivenza, contro il biocidio. Allora le decine di migliaia di persone che sono scese in piazza in Italia qualche giorno fa sono legate a doppio filo alle vittime dei cambiamenti climatici, accomunate tutte dal peso insostenibile del debito ecologico”.
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