Papa Francesco e i cristiani alla “ecce bombo”
di Paolo Fucili
Ci sono inviti per i quali neppure si pone l’amletico dubbio che ha reso tristemente famoso il Michele Apicella di “Ecce bombo”: quello del “faccio cose, vedo gente”, per intenderci, il giovane (e già insopportabilmente cervellotico) Nanni Moretti che indeciso se andare o no ad una festa, come indeciso era di fronte alla vita in genere, si chiedeva esitante se “mi si nota di più se non vado o se vado e sto in disparte?”.
Neppure gli immaginari (ma non troppo) personaggi della parabola del convito, il brano evangelico della messa di oggi, erano così irresoluti. Chi doveva andare a vedere il campo appena comprato, chi aveva cinque paia di buoi da provare, chi aveva appena preso moglie, riferisce l’evangelista Luca con poche ma ben assestate pennellate di vivido realismo. Fatto sta che tutti declinano educatamente l’invito del non meglio precisato “uomo” che decide di imbandire un grande banchetto e “fece molti inviti”. Ricco e generoso comunque coi suoi beni, par di capire.
Ma alla festa a cui Dio, fuor di
parabola, ci invita tutti “si partecipa totalmente”. O dentro o fuori, insomma,
ammonisce con fare schietto e parole affilate papa Francesco. E questo che
potrebbe sembrare un bonario predicozzo di circostanza, in realtà è “l’essenza”
del cristiano, la sua “carta di identità”, ha spiegato stamane a casa santa
Marta Jorge Bergoglio, celebrando alle 7 la messa del giorno: il cristiano
altro non è che un “invitato” a una festa. Anzi, per essere più chiari ancora,
se in coscienza “non abbiamo questa certezza di essere invitati”, allora non
abbiamo proprio capito chi è un cristiano.
Non è questione di pagare, tutt’altro. Siccome viene da Dio, l’invito non può essere che gratis. E soprattutto, non può che essere per tutti, non solo i “buoni”: anche i “peccatori” e gli “emarginati”. La festa, per inciso, è semplicemente per “la gioia di essere salvato”, essere redento, la gioia “di partecipare la vita con Gesù”, dice Francesco con la consueta, immediata semplicità. Che peraltro funziona meglio, spesso e volentieri, di tanti arzigogolati discorsi.
Prendiamo la Chiesa, ad esempio, scoglio su cui si infrangono tante appassionate apologie del cristianesimo. Cos’è, a cosa serve, perché “passarvi” necessariamente attraverso? Se al cuore della questione c’è la gioia, senza altri aggettivi, come Bergoglio l’ha menzionata, allora ha ragione lui a dire come oggi ha fatto, ovvio solo in apparenza, che “fra le persone normali, mentalmente normali, mai ho visto uno che faccia festa da solo, no? Ma sarebbe un po’ noioso quello! Aprire la bottiglia del vino… Questa non è una festa, è un’altra cosa”. Al contrario, come tutti sanno per esperienza, “si fa festa con gli altri, si fa festa in famiglia, si fa festa con gli amici, si fa festa con le persone che sono state invitate, come io sono stato invitato”.
Il cristianesimo, in
definitiva, significa “appartenenza”, detto con le odierne, sapienti parole del
Papa. E la festa si fa mettendo in comune i diversi doni e qualità che ognuno
di noi possiede. “Io vado alla festa ma mi fermo soltanto al primo salottino,
perché devo stare soltanto con tre o quattro che conosco, e gli altri…”, è la
potenziale e per nulla improbabile obiezione cui ha dato voce (come è solito
fare) il Papa stesso, per poi replicare che “questo non si può fare nella
Chiesa! O tu entri con tutti o tu rimani fuori! Tu non puoi fare una selezione,
la Chiesa è
per tutti…”.
Il problema vero, pare perciò di capire in conclusione, è che molti cristiani si accontentano di essere nella lista degli invitati e basta, “cristiani elencati”, Bergoglio dixit. Ma questo non basta, non serve alla tua salvezza, ha ammonito severo al riguardo. Al limite, semmai, il Signore capisce un “no” secco e deciso al proprio invito. Capisce e “aspetta, perché è misericordioso”. Sempre meglio di chi “dice di 'sì' e fa di 'no'; che fa finta di ringraziarlo per tante cose belle, ma nella verità va per la sua strada; che ha delle buone maniere, ma fa la propria volontà e non quella del Signore: quelli che sempre si scusano, quelli che non sanno la gioia, che non sperimentano la gioia dell’appartenenza”.
Un po’ come gli astrusi personaggi e la festa di quell’altrettanto astruso film. Nel caso del banchetto offerto da quel Signore con la “S” maiuscola, quello si farà comunque, assicura il Vangelo. Sta a noi capire cosa vogliamo fare, è l’esortazione che oggi Francesco ci rivolge col tipico tratto semplice e chiaro, dolce ed energico insieme del suo predicare, che mai sarà celebrato (e volesse Iddio, pure imitato) abbastanza. Si tratta di capire, e chiederne la grazia, “quanto bello è essere con tutti e condividere con tutti le proprie qualità, quanto bello è stare con Lui e che brutto è giocare fra il 'sì' e il 'no', dire di 'sì' ma accontentarmi soltanto di essere elencato nella lista dei cristiani”. I cristiani alla “ecce bombo”, appunto.
Ci sono inviti per i quali neppure si pone l’amletico dubbio che ha reso tristemente famoso il Michele Apicella di “Ecce bombo”: quello del “faccio cose, vedo gente”, per intenderci, il giovane (e già insopportabilmente cervellotico) Nanni Moretti che indeciso se andare o no ad una festa, come indeciso era di fronte alla vita in genere, si chiedeva esitante se “mi si nota di più se non vado o se vado e sto in disparte?”.
Neppure gli immaginari (ma non troppo) personaggi della parabola del convito, il brano evangelico della messa di oggi, erano così irresoluti. Chi doveva andare a vedere il campo appena comprato, chi aveva cinque paia di buoi da provare, chi aveva appena preso moglie, riferisce l’evangelista Luca con poche ma ben assestate pennellate di vivido realismo. Fatto sta che tutti declinano educatamente l’invito del non meglio precisato “uomo” che decide di imbandire un grande banchetto e “fece molti inviti”. Ricco e generoso comunque coi suoi beni, par di capire.
Non è questione di pagare, tutt’altro. Siccome viene da Dio, l’invito non può essere che gratis. E soprattutto, non può che essere per tutti, non solo i “buoni”: anche i “peccatori” e gli “emarginati”. La festa, per inciso, è semplicemente per “la gioia di essere salvato”, essere redento, la gioia “di partecipare la vita con Gesù”, dice Francesco con la consueta, immediata semplicità. Che peraltro funziona meglio, spesso e volentieri, di tanti arzigogolati discorsi.
Prendiamo la Chiesa, ad esempio, scoglio su cui si infrangono tante appassionate apologie del cristianesimo. Cos’è, a cosa serve, perché “passarvi” necessariamente attraverso? Se al cuore della questione c’è la gioia, senza altri aggettivi, come Bergoglio l’ha menzionata, allora ha ragione lui a dire come oggi ha fatto, ovvio solo in apparenza, che “fra le persone normali, mentalmente normali, mai ho visto uno che faccia festa da solo, no? Ma sarebbe un po’ noioso quello! Aprire la bottiglia del vino… Questa non è una festa, è un’altra cosa”. Al contrario, come tutti sanno per esperienza, “si fa festa con gli altri, si fa festa in famiglia, si fa festa con gli amici, si fa festa con le persone che sono state invitate, come io sono stato invitato”.
Il problema vero, pare perciò di capire in conclusione, è che molti cristiani si accontentano di essere nella lista degli invitati e basta, “cristiani elencati”, Bergoglio dixit. Ma questo non basta, non serve alla tua salvezza, ha ammonito severo al riguardo. Al limite, semmai, il Signore capisce un “no” secco e deciso al proprio invito. Capisce e “aspetta, perché è misericordioso”. Sempre meglio di chi “dice di 'sì' e fa di 'no'; che fa finta di ringraziarlo per tante cose belle, ma nella verità va per la sua strada; che ha delle buone maniere, ma fa la propria volontà e non quella del Signore: quelli che sempre si scusano, quelli che non sanno la gioia, che non sperimentano la gioia dell’appartenenza”.
Un po’ come gli astrusi personaggi e la festa di quell’altrettanto astruso film. Nel caso del banchetto offerto da quel Signore con la “S” maiuscola, quello si farà comunque, assicura il Vangelo. Sta a noi capire cosa vogliamo fare, è l’esortazione che oggi Francesco ci rivolge col tipico tratto semplice e chiaro, dolce ed energico insieme del suo predicare, che mai sarà celebrato (e volesse Iddio, pure imitato) abbastanza. Si tratta di capire, e chiederne la grazia, “quanto bello è essere con tutti e condividere con tutti le proprie qualità, quanto bello è stare con Lui e che brutto è giocare fra il 'sì' e il 'no', dire di 'sì' ma accontentarmi soltanto di essere elencato nella lista dei cristiani”. I cristiani alla “ecce bombo”, appunto.
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