mercoledì, novembre 20, 2013
Il Parlamento europeo, in apertura della plenaria a Strasburgo, osserva un minuto di silenzio per le vittime del tifone nelle Filippine.

Radio Vaticana - Il presidente Schulz ricorda le "cifre drammatiche" di 4.000 morti, di "660.000 senza tetto, e 20mila dispersi" affermando che "il Paese dipende dall'aiuto straniero. Nelle stesse ore la Banca Mondiale offre un finanziamento di 500 milioni di dollari e l'invio di un team di esperti nelle Filippine per contribuire alla ricostruzione del Paese devastato dal tifone Haiyan. Delle difficoltà nelle operazioni di soccorso, Giancarlo La Vella ha parlato con Marco Rotelli, segretario generale di Intersos, una delle prime organizzazioni a intervenire nelle Filippine:

R. - Effettivamente il congestionamento dell’arrivo degli aiuti ha creato una serie di problemi ed è una cosa che purtroppo accade. In queste ore si sta comunque snellendo la situazione. I nostri team sono ormai da tempo a Tacloban e nelle aree più colpite. Abbiamo identificato in particolare delle aree a Sud particolarmente devastate dal passaggio del ciclone. Ad oggi il problema è portare aiuto non solo nei grandi centri urbani, ma anche nelle aree più remote ancora non toccate dall’aiuto, dove ci sono milioni di persone sfollate e in assoluto bisogno di immediato aiuto.

D. - Ci sono esigenze particolari a cui far fronte o si tratta di un intervento simile a tante altre catastrofi naturali in cui siete intervenuti?

R. - Molte di queste catastrofi si assomigliano. C’è da dire che in questo caso dove è passato il tifone c’è una distruzione che non ha uguali, è maggiore rispetto a tante aree colpite anni fa... Il livello di devastazione è totale: parliamo di oltre un milione di case distrutte, quattro milioni e più di persone che non hanno più casa o che si stanno spostando - si tratta di sfollati interni - e quasi 13 milioni di persone che, in un modo o nell’altro, direttamente, fisicamente o indirettamente, attraverso la famiglia, sono state colpite dalla distruzione. La situazione sta mettendo a dura prova l'azione delle organizzazioni umanitarie, ma stiamo cercando di portare aiuto laddove ha più impatto.

D. - Come si sta organizzando la vita dei sopravvissuti?

R. - Attraverso un ottimo coordinamento e anche grazie alle istituzioni italiane. In particolare, grazie al ministero degli Affari Esteri, siamo riusciti immediatamente a riempire dei cargo aerei e arrivare con alcuni materiali necessari nel dopo-disastro: tende e lunghi rotoli di teloni di plastica, che servono per costruire ripari di emergenza, ma anche piccole attrezzature per ridurre l’impatto di eventuali epidemie; pensiamo, ad esempio, alle latrine. Sono stati mandati kit medici in particolare per le dissenterie e le diarree acute, che in questi casi sono estremamente pericolose proprio per la proliferazione di agenti patogeni. Verranno inviati nei cargo successivi, altri materiali di prima necessità per permettere alle persone che ricevono un riparo di avere anche qualcosa per sopravvivere; mi riferisco a stoviglie, kit igienici, ecc.

D. - Nonostante la tragedia, arrivano numerose notizie sul fatto che la popolazione filippina sta reagendo comunque in maniera positiva a questo disastro?

R. - Sì, lo confermiamo. Abbiamo visto che la rete della società civile, governativa e in particolare della Chiesa. Abbiamo rapporti con alcune realtà religiose dell’area: sono estremamente rapide e molto collaborative nel permettere alle organizzazioni più “tecniche” di mettere in campo la propria competenza, strumenti e beni inviati. La popolazione, nonostante sia stata colpita in maniera così pesante, è molto reattiva. Questo è il terreno sul quale far partire in futuro la ricostruzione del Paese.


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