mercoledì, novembre 13, 2013
Cresce l’emergenza nelle aree delle Filippine devastate dal tifone Haiyan. Elevato il rischio di epidemie e di razzie nelle zone colpite, mentre la macchina degli aiuti internazionali cerca di accelerare i tempi di intervento per alleviare le difficoltà dei 10 milioni di filippini interessati dal disastro. Intanto il presidente Benigno Aquino ridimensiona la stima delle vittime, sinora fissata a 10 mila morti. Il servizio di Stefano Vecchia: ascolta 


Radio Vaticana - Alla rete statunitense Cnn, il presidente da detto di ritenere che dietro al dato di 10mila vittime circolato finora vi sia troppa emotività. “Ammettendo che sono ancora di ripristinare i contatti con almeno 29 municipalità, e che il numero dei dispersi è di fatto ignoto, finora 2000, 2500 è il numero che consideriamo valido”, ha detto Aquino. Come questo si rapporti con le testimonianze raccolte della stessa Cnn e altri a Tacloban e in poche altre località raggiungibili, è forse spiegabile con le priorità governative: la prima comprendere l'entità dei danni, la seconda fornire aiuti d'emergenza, la terza provvedere al recupero dei corpi e alla ricerca dei dispersi. Poche ore fa le autorità hanno diffuso i nuovi dati ufficiali di 1.833 morti e a 2.623 feriti. Quella delle Visaya è tragedia che sempre più richiede interventi esterni. Gli oltre 300 milioni di dollari chiesti ieri dalle Nazioni Unite al mondo per affrontare l'emergenza e una marea di aiuti che iniziano ad accumularsi a Manila, certamente, ma anche i mezzi del tradizionale alleato americano. Entro pochi giorni saranno ben sette le navi Usa presso le coste tormentate delle Visaya. Tra queste la portaerei George Washington e altri mezzi dotati non solo di aerei ma soprattutto di elicotteri. Due saranno le navi anfibie, uniche in grado di rompere l'isolamento di molte località inaccessibili da terra. A bordo anche centinaia di marines. La violenza accesa dalle necessità è in crescita. L'aeroporto di Tacloban è assediato da migliaia di disperati che cercano di imbarcarsi su un volo, mentre continuano i saccheggi. Ieri otto persone sono morte per il crollo di un muro durante l'assalto a un deposito governativo sull'isola di Leyte svuotato del riso che conteneva.

Forte l’emozione in tutto il mondo per quanto successo nelle Filippine e per le drammatiche conseguenze del passaggio dei tifone Haiyan. Susy Hodges, del nostro programma in lingua inglese, ha raccolto le parole del card. Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila:

R. – I think I’m not alone in saying… Penso di non essere il solo nel dire che ogni volta che vediamo le immagini della distruzione rimaniamo senza parole. Ancora dobbiamo riprenderci dallo shock emotivo e psicologico. Noi che siamo qui a Manila e in quelle parti che non sono state colpite così gravemente come altre, solo per guardare le immagini rimaniamo senza parole e non posso immaginare quello che sta attraversando le menti e i cuori di coloro che si trovano lì. Mi sento profondamente consolato, quando vedo e sento testimonianze di fede, specialmente da parte delle stesse vittime. Quelli che hanno i propri cari, le loro proprietà, si rivolgono a Dio e dicono: “Confidiamo in Dio; sappiamo che con l’aiuto di Dio possiamo sopravvivere”.

D. – Immagino che Lei abbia parlato con i membri delle chiese nelle aree che sono state colpite più duramente. Cosa hanno detto riguardo all’aiuto che la Chiesa sta cercando di dare in questa corsa disperata per portare cibo ed acqua ai sopravvissuti?

R. – The local churches in those areas... Anche le chiese locali in quelle aree hanno sofferto molte perdite. Quindi la maggior parte dell’aiuto dato dalla Chiesa non viene da quelle diocesi, ma dall’esterno. Al momento con l’arcidiocesi di Manila e le nostre diocesi vicine, le diocesi suffraganee, la Commissione episcopale e l’azione sociale della Caritas Filippine, stiamo coordinando la maggior parte dello sforzo per raggiungere quelle persone che sono state colpite e non sono state ancora raggiunte dai loro stessi pastori.

D. – Data l’entità della devastazione, in molti lì hanno paura che alcune persone possano morire non per conseguenza diretta del tifone, ma perché non riceveranno cibo o acqua o medicine necessari in questo periodo successivo alla tragedia …

R. – Yes, that is a real possibility... Sì, quella è una possibilità reale. Ecco perché la gente di Chiesa, le organizzazioni non governative, le agenzie di governo ed anche l’esercito, tutti noi stiamo cercando di fare del nostro meglio per raggiungere ogni luogo e cercare di dare assistenza. Non è sempre facile, ma tutti stanno cercando di fare la loro parte. E’, infatti, davvero un’emergenza, potemmo dire addirittura che per molti è un momento di panico.

D. – Ha potuto rilevare una grande solidarietà da parte dei laici cattolici di Manila e di altre aree che non sono state colpite così gravemente, per cercare di aiutare?

R. – That is a source of great consolation... Questa è una fonte di grande consolazione e forza. Prima di questo tifone abbiamo avuto un terremoto, che ha colpito la parte centrale del Paese, molto vicino a Leyte e Samar, le isole colpite dal tifone. La nostra riflessione continua su questa linea: vediamo distruzione, rovine ovunque, ma vediamo anche fede e amore sorgere da quelle rovine [qui si commuove] e questo ci fa diventare persone più forti. Voglio ringraziare tutti: tutti, il Santo Padre, le madri e le sorelle fuori del Paese, perché si sono ricordati di noi e perché cercano di fare il possibile per raggiungerci. In nome delle vittime e dei poveri, vi ringraziamo, vi ringraziamo davvero!


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