giovedì, novembre 14, 2013
Oggi le Nazioni Unite hanno lanciato un nuovo appello ad accelerare la risposta alla catastrofe delle Visayas, finora troppo lenta.  

Misna - A Manila, il sottosegretario Onu per gli Affari umanitari ha ricordato alla stampa “che ci sono aree ancora non raggiunte dai soccorsi dove la popolazione ha disperato bisogno di aiuto”. “Spero – ha proseguito Valerie Amos – che nelle prossime 48 ore la situazione cambi in modo significativo”. “Ho la sensazione che abbiamo abbandonato questa gente”. Crescono le critiche sulla gestione e la velocità dei soccorsi. A conferma che le autorità filippine sono sotto pressione per la gestione dell’emergenza e degli aiuti, il sottosegretario Eduardo del Rosario ha ricordato che “il governo sta facendo del suo meglio” e ha respinto le critiche come “soggettive”.

In generale, un limite al funzionamento dell’intera macchina dei soccorsi è che manca di una struttura centralizzata. Per ovviare a questa mancanza, rilevata da importanti media internazionali e anche dalle organizzazioni di soccorso già presenti, il governatore della provincia isolana di Albay, Joey Salceda, ha proposto al presidente Benigno Aquino che la gestione dell’emergenza e della ricostruzione sia affidata al dipartimento per gli Affari sociali e lo Sviluppo e che a coordinarli sia il segretario di gabinetto Rene Almendras.

Intanto continua a salire il bilancio di vittime e – inevitabilmente – la conta dei danni a Leyte e sulle altre isole colpite dalla violenza del super-tifone Haiyan venerdì 8 novembre.

Questa mattina, il Consiglio nazionale per la gestione e la riduzione dei disastri, ha aggiornato i dati delle vittime a 2.357 morti e 3.853 feriti. Un numero che al momento sembra confermare la stima offerta ieri dal presidente Benigno Aquino di un massimo di 2.500 decessi, contestando le stime del sovrintendente capo Elmer Soria e di molte altre fonti locali. Una cifra forse simbolica, ma che appariva esemplificare l’estensione della devastazione, il numero di vittime già seppellite e le troppe ancora insepolte, i dispersi e l’impossibilità di accedere ancora a troppe aree con certezza devastate dall’evento atmosferico.

Secondo gli ultimi dati, sarebbero poco più di 8 milioni i filippini colpiti in una qualche misura dalle conseguenze dell’arrivo di Haiyan in 49 provincie e di questi 360mila si trovano in 1.099 centri di evacuazione, mentre la maggioranza sopravvive spesso senza un tetto in condizioni sempre più difficili per la mancanza di acqua, cibo, ripari e medicinali. Con il rischio crescente di epidemie, mentre la pressione delle autorità locali per sepolture di massa si scontra con l’opposizione spesso decisa delle famiglie e, come ha ricordato l’Organizzazione mondiale della sanità, con diritti umani fondamentali.

I danni stimati finora hanno superato i 4 miliardi di peso, circa 70 milioni di euro, ma si teme che il costo approssimativo per le Filippine arriverà a 16 miliardi di dollari, equivalente al 5% del prodotto interno lordo annuo, con gravi conseguenze su economia, produzioni e occupazione.

Mentre lentamente si avvia la distribuzione dagli aeroporti di Cebu e Tacloban verso le aree dove più si manifesta l’emergenza, il compito è reso difficile dalla devastazione che impedisce i movimenti di mezzi via terra e la carenza delle telecomunicazioni, riattivate in modalità d’emergenza in poche aree.

La difficoltà a lasciare l’area urbana di Tacloban, sottolineate da molte organizzazioni di soccorso tra cui Medici senza Frontiere, risente – oltre che da difficoltà logistiche – anche dall’insicurezza del territorio, come dimostrato da un numero crescente di episodi di aggressioni, saccheggi e anche imboscate alle colonne di soccorso da parte di bande organizzate e dei guerriglieri del Nuovo esercito del popolo.


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