La denuncia arriva da Amnesty International, che nel suo rapporto Exploited for Profit, Failed by Governments (Sfruttate per profitto, abbandonate dai governi), traccia un quadro preoccupante della condizioni in cui un gran numero di lavoratrici, in particolare di cittadinanza indonesiana, sono costrette a lavorare e vivere a Hong Kong.
Misna - Condizioni che Amnesty definisce “di sostanziale schiavitù”, puntando il dito contro il disinteresse “senza attenuanti” dell’ex colonia britannica e nel paese d’origine.
La denuncia di Amnesty arriva a poche settimane dalla divulgazione da parte dei mass media locali dei terribili abusi a cui una domestica indonesiana era stata costretta dalla sua coppia di datori di lavoro. I due sono stati condannati e incarcerati per avere infierito sulla donna con una catena di bicicletta e per averla ustionata con il ferro da stiro.
Nel suo studio, l’organizzazione umanitaria con base a Londra, segnala come le indonesiane siano sfruttate dalle agenzie di reclutamento e di collocamento che sequestrano loro i documenti e impongono tariffe eccessive per i loro servizi, spesso con promesse di salari e condizioni di lavoro ben diversi da quelli reali. Una situazione che – sottolinea Amnesty International – impedisce alle lavoratrici, sovente con modesto grado di istruzione e professionalità, di abbandonare l’impiego e di denunciare lo sfruttamento che sovente si trasforma in umiliazioni e vere e proprie sevizie.
Sono stimati in migliaia i casi di abusi e di sfruttamento verso le 150.000 lavoratrici domestiche di origine indonesiana presenti a Hong Kong, dove hanno superato le filippine, meglio organizzate e mediamente più istruite. Di conseguenza più combattive, appoggiate anche dalle istituzioni della Chiesa cattolica nelle rivendicazioni sindacali e nelle denunce di abusi.
Nel suo studio, l’organizzazione umanitaria con base a Londra, segnala come le indonesiane siano sfruttate dalle agenzie di reclutamento e di collocamento che sequestrano loro i documenti e impongono tariffe eccessive per i loro servizi, spesso con promesse di salari e condizioni di lavoro ben diversi da quelli reali. Una situazione che – sottolinea Amnesty International – impedisce alle lavoratrici, sovente con modesto grado di istruzione e professionalità, di abbandonare l’impiego e di denunciare lo sfruttamento che sovente si trasforma in umiliazioni e vere e proprie sevizie.
Sono stimati in migliaia i casi di abusi e di sfruttamento verso le 150.000 lavoratrici domestiche di origine indonesiana presenti a Hong Kong, dove hanno superato le filippine, meglio organizzate e mediamente più istruite. Di conseguenza più combattive, appoggiate anche dalle istituzioni della Chiesa cattolica nelle rivendicazioni sindacali e nelle denunce di abusi.
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