giovedì, novembre 21, 2013
Non mi rassegno a pensare a un Medio Oriente senza cristiani. 

Radio Vaticana - E’ uno dei passaggi forti del discorso che Papa Francesco ha rivolto, stamani, ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per le Chiese Orientali. Il Papa ha inoltre esortato tutti i fedeli a continuare a pregare per la pace nella regione mediorientale, specialmente in Siria e Terra Santa. Nella prima mattinata, il Papa aveva incontrato i Patriarchi delle Chiese orientali cattoliche ai quali aveva detto di privilegiare sempre la sinodalità e la concertazione sulle questioni di grande importanza per la Chiesa. L’indirizzo d’omaggio è stato rivolto al Papa dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Dopo le udienze di stamani, il Papa ha accolto i partecipanti alla Casa Santa Marta per il pranzo. Il servizio di Alessandro Gisotti: ascolta

I cristiani vivano in pace nella Terra di Gesù. Papa Francesco ha colto l’occasione dell’udienza alla plenaria della Congregazione per le Chiese Orientali per rinnovare il suo accorato appello per i cristiani del Medio Oriente che, ha osservato, “subiscono in maniera particolarmente pesante le conseguenze delle tensioni e dei conflitti in atto”. Vivono come “piccolo gregge”, ha soggiunto, “in ambienti segnati da ostilità, conflitti e anche persecuzioni nascoste”. La Siria, l’Iraq, l’Egitto e la Terra Santa, ha poi rilevato, “talora grondano di lacrime”:

“Il Vescovo di Roma non si darà pace finché vi saranno uomini e donne, di qualsiasi religione, colpiti nella loro dignità, privati del necessario alla sopravvivenza, derubati del futuro, costretti alla condizione di profughi e rifugiati. Oggi, insieme ai Pastori delle Chiese d’Oriente, facciamo appello a che sia rispettato il diritto di tutti ad una vita dignitosa e a professare liberamente la propria fede. Non ci rassegniamo a pensare il Medio Oriente senza i cristiani, che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù, inseriti quali cittadini a pieno titolo nella vita sociale, culturale e religiosa delle nazioni a cui appartengono".

Ed ha sottolineato che “ogni cattolico” ha “un debito di riconoscenza verso le Chiese che vivono in quella regione”:

“Da esse possiamo, fra l’altro, imparare la pazienza e la perseveranza dell’esercizio quotidiano, talvolta segnata dalla fatica, dello spirito ecumenico e del dialogo interreligioso. Il contesto geografico, storico e culturale in cui esse vivono da secoli, infatti, le ha rese interlocutori naturali di numerose altre confessioni cristiane e di altre religioni”.

Ma il pensiero del Papa non è andato solo ai cristiani, ma a tutti i popoli del Medio Oriente che soffrono, e in particolare ai “più piccoli” e i “più deboli”. Continuiamo, ha detto, “a vigilare come la sentinella biblica, sicuri che il Signore” non farà mancare il suo aiuto:

“Mi rivolgo, perciò, a tutta la Chiesa per esortare alla preghiera, che sa ottenere dal cuore misericordioso di Dio la riconciliazione e la pace. La preghiera disarma l’insipienza e genera dialogo là dove il conflitto è aperto. Se sarà sincera e perseverante, renderà la nostra voce mite e ferma, capace di farsi ascoltare anche dai Responsabili delle Nazioni”.

Il Papa ha dunque rivolto il pensiero alla dimensione della diaspora, “notevolmente cresciuta in ogni continente”, tema in primo piano nella plenaria della Congregazione per le Chiese Orientali:

“Occorre fare tutto il possibile perché gli auspici conciliari trovino realizzazione, facilitando la cura pastorale sia nei territori propri sia là dove le comunità orientali si sono da tempo stabilite, promuovendo al tempo stesso la comunione e la fraternità con le comunità di rito latino. A ciò potrà giovare una rinnovata vitalità da imprimere agli organismi di consultazione già esistenti tra le singole Chiese e con la Santa Sede”.

Il pensiero del Papa è andato anche a Gerusalemme, laddove, ha constatato, “tutti siamo spiritualmente nati” augurando pace e chiedendo l’intercessione in particolare dei Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II come anche della Vergine Maria. D’altro canto, il Papa ha messo l’accento sulla “rifiorita vitalità” di diverse Chiese Orientali, “a lungo oppresse sotto i regimi comunisti” ed ha espresso apprezzamento per l’impegno della Plenaria di “riappropriarsi della grazia del Concilio Vaticano II e del successivo magistero sull’Oriente cristiano”. Papa Francesco ha così ribadito che la varietà “ispirata dallo Spirito, non danneggia l’unità, ma la serve; il Concilio ci dice che questa varietà è necessaria all’unità”. E del patrimonio spirituale dell’Oriente cristiano il Papa aveva parlato anche nell’udienza riservata ai Patriarchi della Chiese Orientali Cattoliche e agli arcivescovi maggiori. Da parte sua, anche un richiamo all’importanza dell’unità ecclesiale:

“Essere inseriti nella comunione dell’intero Corpo di Cristo ci rende consapevoli del dovere di rafforzare l’unione e la solidarietà in seno ai vari Sinodi patriarcali, ‘privilegiando sempre la concertazione su questioni di grande importanza per la Chiesa in vista di un’azione collegiale e unitaria’”.

Il Papa ha rinnovato l’esortazione ai vescovi affinché la loro testimonianza sia credibile, perché siano vicini ai loro sacerdoti e si impegnino per la “trasparenza nella gestione dei beni”. Il tutto, ha concluso, “nella più convinta applicazione di quell’autentica prassi sinodale, che è distintiva delle Chiese d’Oriente”.


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